Il dialetto come elemento identitario di un’intera comunità
A Ischia, presso il Museo Diocesano di Ischia, si è tenuto l’incontro culturale “Dialetto: Sedimentazioni linguistiche nel tempo, radici di un nostro passato” che ha visto come relatore Floro D’Abundo

Una comunità si riconosce in tanti elementi caratteristici come i luoghi di aggregazione, la buona cucina, le tradizioni e, soprattutto, la lingua. Tuttavia in Italia è molto radicato il dialetto che, come si sa, varia da regione a regione, ma spesso da provincia a provincia e da comune a comune. Non potrebbe essere altrimenti poiché la storia del nostro paese è così antica da permettere una stratificazione e una diversificazione di linguaggi. Ma cosa si intende con la parola dialetto? Questo termine viene dalla parola greca diálektos, la quale indicava, di solito, il modo di parlare. I greci riconoscevano vari diálektoi dai quali successivamente si sviluppò una lingua comune, conosciuta anche come koiné.
Oggi, in Italia, sono chiamati dialetti le varietà che, a livello locale, convivono con la lingua nazionale, nel nostro caso l’italiano. I dialetti sono autonomi, hanno la loro grammatica, la loro fonetica e il loro lessico. Molti assomigliano all’italiano perché provengono dal latino volgare e quindi fanno parte alla medesima famiglia neo-latina. Sull’isola d’Ischia i dialetti sono diversi, basta spostarsi da un comune all’altro per sentire parole nuove, espressioni diverse e pronunce differenti tra di loro. È stato questo il tema principale dell’evento dal titolo “Dialetto: Sedimentazioni linguistiche nel tempo, radici di un nostro passato” fortemente voluto dal neo Parco Culturale Ischia e dalla Biblioteca Antoniana. L’incontro, teso a esplorare l’importanza del dialetto come espressione linguistica e culturale, evidenziando come le sue radici rappresentino una testimonianza del nostro passato, ha visto come relatore Floro D’Abundo, studioso e appassionato dell’isola d’Ischia. Ad aprire l’evento è stata Lucia Annicelli, Direttrice della Biblioteca Antoniana con un breve intervento teso a sottolineare la mole di studio che riguarda i dialetti dell’isola, e non solo. È un lavoro molto gravoso, ma che è necessario fare se vogliamo rintracciare le nostre origini. Ha poi preso la parola Caterina Mazzella, Presidente del Parco Culturale Ischia: «Questo è il primo evento del neo nato Parco Culturale Ischia. Come molti ricorderanno quattro anni fa avevamo aderito alla rete nazionale dei parchi culturali con sede a Reggio Calabria. Erano pochi club e quello di Ischia era tra i più attivi. Tuttavia abbiamo deciso di cambiare denominazione poiché l’Associazione Nazionale è da poco entrata nel terzo settore, un aspetto che comporta scadenze, impegni burocratici e legislativi. Per questo motivo l’assemblea dei soci dell’ex AIParC Isola d’Ischia ha deciso di fondare una nuova associazione.
Siamo diversi nella sigla, ma nella sostanza la nostra mission è sempre la stessa, ovvero promuovere e valorizzare il territorio organizzando eventi di carattere storico e culturale. E il nostro primo evento è dedicato al dialetto, un elemento concreto in cui si rivede la nostra comunità. Siamo all’inizio e sono già in cantiere altri convegni nei mesi a seguire». L’incontro è poi proseguito con l’intervento di Floro D’Abundo, studioso e appassionato dell’isola d’Ischia. Questi ha condotto la platea alla scoperta di termini e modi di dire tipici dell’isola d’Ischia, molti dei quali caduti in disuso o poco conosciuti. Lo studioso ha voluto anche mettere in evidenza che in ogni comune vi è un dialetto diverso con una propria fonetica e grammatica. A margine dell’evento abbiamo ascoltato Floro D’Abundo per approfondire la questione: «Il sale di una comunità è sicuramente il dialetto con tutte le sue peculiarità e sfaccettature. È una lingua istintiva che solitamente utilizziamo con familiari, amici e conoscenti ed è necessario che il dialetto si tramandi di generazione in generazione perché rappresenta un elemento distintivo di un determinato territorio. È un mezzo espressivo diretto perché ci consente di esprimerci liberamente senza alcun timore. C’è poi lo studio del dialetto di cui mi occupo da tantissimi anni, avendo fatto il libraio per decenni. Tutto quello che riguarda la nostra identità è degno di essere approfondito perché dobbiamo salvaguardare il nostro passato che altrimenti rischia di cadere nel dimenticatoio. Le mie ricerche si basano su studi condotti su libri e fonti attendibili perché, a mio modo di vedere, è fondamentale dare alle persone nozioni verificabili. Quello che mi ha sempre colpito dei vari dialetti isolani è la loro peculiarità. Cambiano per fonetica, grammatica ed espressività. Grazie alla loro riscoperta, inoltre, è possibile riportare a galla la storia dei popoli che nel corso dei secoli si sono succeduti a Ischia. Ognuno di essi ha attecchito nella società dell’epoca e, di conseguenza, abbiamo oggi influenze di ogni tipo, non è un caso che ci siano parole che derivano dal greco antico o dal latino. Questa contaminazione è davvero straordinaria se pensiamo alla stratificazione culturale di cui siamo eredi».







