CULTURA & SOCIETA'

Ecco le more di stagione per una dolce estate ischitana. Il liquore “Moroncello” entra sul mercato isolano: la marmellata di more e la cultura delle fiabe

Anche se pochi ne sono a conoscenza, prende piede sull’isola il Moroncello, liquore raffinato tutto ancora da scoprire, senza dubbio sulla strada di una seria concorrenza al Limoncello, al Rucolino e prodotti similari

Le more hanno sempre incuriosito, e quindi attirato quegli ischitani che vanno per i boschi in questo caldo mese di luglio alla ricerca di un po’ di fresco agreste. Si sa che, e sull’isola lo sanno bene, che appartengono alla famiglia delle more sia quelle di rovo (le more selvatiche), di colore nero e anche rosso e rosè, sia quelle di gelso, tipicamente rossastre. Le more di rovo crescono spontanee a Ischia come in tante altre parti della Campania e non solo, ed è facile trovarle nelle nostre campagne e nei boschi di Fiaiano, Santa Maria al Monte, nella pineta di Ischia (ex Villari), sotto L’Epomeo, nel rimboschimento della Maddalena a Casamiccciola, nel Bosco di Zaro ed al Cretaio. solitamente lungo il bordo delle stradine, attaccate col loro fogliame alle “parracine” .

Il gelso, al contrario viene coltivato e le sue foglie servono come alimento primario per il baco da seta. La coltivazione sull’isola è abbastanza limitata, però presente quanto basta per vantarsi di averne. Le more giungono a maturazione in estate, quando cioè assumono un colore nerastro lucido e poi variamente colorate. Una volta colte vanno subito consumate, oppure possono essere conservate in frigo, ma per pochissimi giorni. I mesi ideali per la raccolta sono luglio e agosto. Come tutti gli altri frutti di bosco, le more sono conosciute anche col nome di “frutti rossi” e solo ultimamente si è scoperto che contengono una grande quantità di sostanze con proprietà antiossidanti. Le more selvatiche sono – insieme ai fichi d’india – tra i frutti più gustosi che nascono spontaneamente sull’isola di Ischia. Durante tutto l’anno la pianta di more selvatiche ( del genere rubus) a forma di cespuglio spinosissimo, ha un aspetto ben poco allettante, nasce un po’ dovunque, predilige i posti pieni di sole, ed è una pianta molto colonizzante – in pratica sta raramente al suo posto – al punto tale che spesso rende impraticabili i sentieri di montagna poco frequentati.

A primavera inoltrata, fiori simili a roselline antiche, spuntano tra le spine e in piena estate, al posto dei fiori, viene fuori il frutto. Osservando da vicino ma non troppo, pena qualche brutto graffio – un roveto, si possono osservare delle piccolissime bacche verdi, che sono delle baby more. Esse, con il sole si ingrossano, maturano una polpa dolcissima e quando diventano nere, saranno molto dolci e pronte da mangiare. Quindi, è il momento di raccoglierle. Lo si incomincia a fare già ai primi di luglio , cioè in questo periodo. Ma a settembre, sono ancora li per farsi mangiare con un gusto forse superiore. Chi va per more di questi tempi non rimane deluso. I boschi dell’isola, la montagna dell’isola verde, nonostante il caldo, sono accoglienti in questo senso e si può godere anche an che di una gradevole frescura .

Basta attrezzarsi bene, adeguatamente allo stato dei luoghi, ed ogni fastidio come le punture alle gambe è superato. Sarà l’occasione per passeggiare nei bei percorsi montani dell’isola di Ischia, fare del movimento all’aria aperta e farsi una scorpacciata di more. Se poi le more raccolte vengono con cura conservate per un po’ in frigo, alcuni giorni dopo possono essere usate per una buona confettura, la classica confettura di more. La ricetta, che molti ischitani esperti conoscono, è la seguente e sarà utile per chi invece ne è all’oscuro. 2 kg di more selvatiche, 400gr di zucchero, 300gr di acqua scorza grattugiata di un limone. Lavare le more in acqua fredda e metterle ad asciugare su un canovaccio. Preparare uno sciroppo facendo bollire per minuto zucchero e acqua. Versare le more nello sciroppo bollente, unire la scorza grattugiata del limone e cuocere a fuoco basso mescolando. Quando la marmellata si presenta densa e omogenea, levarla dal fuoco e metterla nei vasetti di vetro.

Chiudere e capovolgere, lasciare capovolti fino a completo raffreddamento.Le more sull’isola d’Ischia rimangono sempre quel frutto della natura sulla cui nascita e crescita si fantastica anche e lo si prende ad esempio per inventare storielle, racconti, addirittura fiabe. La mora spesso attira bambini e bambine proprio per la unicità delle sue caratteristiche naturali , dal colore alla polpa. Una volta colte senza prudenza, e spappolandosele fra le mani, succede che il sugo colorato nero e rosso scuro non solo imbratta le mani ed il viso con forza, ma finisce con il rovinare il vestito che si indossa da macchie che possono rimanere indelebili. Anche se pochi ne sono a conoscenza, sta pigliando piede sull’isola il Moroncello, liquore raffinato tutto ancora da scoprire, senza dubbio sulla strada di una seria concorrenza al Limoncello, al Rugolino e prodotti similare.Abbiamo sempre saputo, fin da piccoli, che le more sono ispiratrici di affascinati storie, alle volte anche istruttive per chi realmente le vive in prima persona. Quella che qui raccontiamo è storia vera, nel senso che è realmente accaduta a Teresa, “ ischitanella” , così la chiamavano,della Mandra residente a Fiaiano dalle parti del Cretaio, padroncina di un bel cagnolino di nome Dasy.

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BAMBINA CHE RACCOGLE LE MORE NEL BOSCO DI FIAIANO

Vicino all’aiuola con i frutti di bosco, in un angolo, appoggiata alla rete, si arrampicava una bella mora. Al principio dell’estate splendeva di fiori e poi si riempiva di frutti, verdi al principio, poi rossi e infine nerastri a maturità. Quell’angolo, nelle vicinanze del Cretaio, fra Barano e Casamicciola, a Teresa non piaceva, perché la mora aveva tante spine e un giorno si era punta. Si era nascosta tra i rami ricadenti e quando Dasy, il suo cagnolino l’aveva trovata, Teresa aveva spostato un ramo e una grossa spina si era piantata nel suo palmo. “Mamma perché non togli quella mora? Devo sempre starne lontana perché ha tantissime spine e non serve a nulla”. “Le more sono dei frutti di bosco e sono ricche di vitamina C. La vitamina C. impedisce alle malattie di propagarsi, pensa che gli animali, quando sono ammalati, producono molta piú vitamina C di quanto non facciano quando sono sani. Inoltre le more sono molto dissetanti.”

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I PRIMI MORONCELLI

Sembrava che ciò che la mamma cercava di insegnare a Teresa “entrasse da un orecchio e uscisse dall’altro”. Alcune volte, Teresa e la sua piccola amica, andavano a passeggiare lungo la strada un poco impervia che portava a Fondoferraio, non lontano dalla loro casa. Le piaceva molto perché, lungo i bordi della strada, la vegetazione era molto fitta e verdeggiante. Con lo zainetto sulle spalle, dove metteva dell’acqua e la merenda, le due amichette si incamminavano e trascorrevano alcune ore “nel boschetto”. Un giorno Teresa dimenticò a casa la sua merenda. Quella mattina, nella fretta di uscire non aveva fatto colazione e ora stanca della lunga camminata, le gambe cominciavano a diventare molli. Anche Dasy era fiacca ma soprattutto assetata. Ritornare a casa con le gambe traballanti era un’impresa dura, non riusciva più a mettere un piede dopo l’altro. Teresa iniziò a guardarsi attorno, forse qualcosa da mangiare c’era. Trovò un rovo, un vigoroso arbusto pieno di more nere. Ma le more non le piacevano, che fare? Valeva la pena assaggiarle perché altro non c’era.

DOLCE DI CASA ISCHITANA CON MORE ROSSE E SCURE

Cominciò a mangiare una mora, poi un’altra e un’altra ancora, una dietro l’altra, velocemente, lasciando solo sulle mani solo il colore rossastro. Anche a Dasy piacevano, le aveva annusate, leccate e poi inghiottite avidamente, con quelle si era dissetata. Dopo aver fatto una bella scorpacciata, le gambe di Teresa avevano smesso di tremare, poteva riprendere la sua passeggiata…fu allora che si ricordò delle “prediche” della mamma. “la mamma ha sempre ragione” pensò. Teresa aveva imparato la lezione molto velocemente, ciò che la mamma per molto tempo aveva cercato di farle capire invano, ora era chiaro: la natura ci dona i suo prodighi frutti per aiutarci, è lì sempre disponibile, non ci chiede niente ma ci dà tanto, dobbiamo solo averne cura.

Fotoricerca di Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter

antoniolubrano1941@gmail.com

info@ischiamondoblog.com

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