CRONACAPRIMO PIANO

Parcheggio Siena, la Cassazione conferma il sequestro

La Suprema Corte chiude la partita giudiziaria confermando i sigilli alla struttura ubicata all’ingresso di Ischia Ponte e respingendo il ricorso presentato dal legale rappresentante della Turistica Villa Miramare srl. Una sonora bocciatura anche per la pronuncia del Tar, che invece aveva dissequestrato l’area non rilevando abusi o difformità

Il paradosso, per quanto possa sembrare incredibile, si è consumato. Benvenuti in Italia, dove succede anche questo: da una parte la magistratura amministrativa dissequestra un’opera “cancellando” di fatto i sigilli apposti dal Comune di Ischia, dall’altra invece la Suprema Corte di Cassazione chiude la partita dal punto di vista penale sancendo la bontà dell’operato dell’ente locale e della Procura della Repubblica. Protagonista di questa incredibile e surreale vicenda è il parcheggio La Siena ubicato all’ingresso di Ischia Ponte che adesso secondo questo modo di fare tutto italiano si trova da una parte a dover rimanere sequestrato e dall’altra a poter essere dissequestrato: due pronunce non diverse, ma addirittura agli antipodi, sulla stessa e identica questione legata ad una serie di abusi edilizi e presunte difformità commessi all’interno dell’immobile. Ora, se è vero che da una parte c’è il penale e dall’altro l’amministrativo, è chiaro che siamo davanti ad un qualcosa che ci sforziamo a non definire “barzelletta” soltanto perché qui c’è più da piangere che da ridere. Adesso il lettore medio si potrebbe porre l’amletico interrogativo: tra le due pronunce, quale deve ritenersi valida? E soprattutto, scendendo nell’atto squisitamente pratico, il parcheggio o quello che dovrebbe essere il futuro parcheggio, deve rimanere ancora sotto sequestro o può ritenersi “liberato”? Ovviamente la pronuncia del giudice penale ha la valenza che conta e dunque la pronuncia della Cassazione rappresenta anche un vero e proprio “smacco” per i giudici del Tar Campania, dal momento che vengono sanciti una serie di pubblici abusi realizzati dalla società che fa capo a Generoso Santaroni che aveva provato a resistere anche nell’ultimo grado di giudizio ma senza riuscire però a sovvertire una decisione già segnata.

Già, perché nella requisitoria del procuratore generale l’orientamento era già abbastanza chiaro. Scriveva infatti il dott. Pietro Molinaro: “Letti ed interamente richiamati gli atti relativi al ricorso proposto nell’interesse di SANTARONI GENEROSO avverso l’ordinanza del 10.11.2023 con la quale il Tribunale di ·Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza di rigetto di istanza di dissequestro emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli in data 30.6.2023; Ritenuto il ricorso inammissibile, posto che: il primo motivo è sostanzialmente aspecifico, per un verso non chiarendosi se dell’avvenuto deposito della consulenza tecnica presso la segreteria del PM sia stato dato avviso alla difesa, così da consentire di valutare – ai fini del pregiudizio lamentato la congruità o meno del tempo necessario alla sua disamina in rapporto alla prefissata data di udienza; per altro e decisivo aspetto, non chiarendosi se in sede di udienza sia stata o meno comunque avanzata formale istanza di termine a difesa per l’esame di detta consulenza, così da valutare – sempre ai fini del pregiudizio lamentato – la legittimità di un eventuale provvedimento di reiezione; il secondo motivo è manifestamente infondato, risolvendosi in una contestazione nel merito degli elementi istruttori, ampiamente sufficiente a delineare ilfumus dei reati provvisoriamente ascritti; · P.Q.M. chiede alla Corte di cassazione, riunita in camera di consiglio, voglia dichiarare INAMMISSIBILE il ncorso”. Una linea seguita dalla Suprema Corte. Una notizia che ovviamente ha fatto sorridere il Comune d’Ischia ed in primis il sindaco Enzo Ferrandino, ma che rappresenta anche la conferma dell’operato condotto dall’ufficio tecnico guidato da Francesco Iacono, che nel rilevare le difformità e gli abusi è stato solerte e puntuale come ha dimostrato quest’ultima decisione dell’autorità giudiziaria. Adesso, ovviamente, dal palazzo municipale di via Iasolino non perderanno un minuto di tempo: è verosimile che al difensore dell’ente in questa complessa e articolata contesa giudiziaria, l’avvocato Bruno Molinaro, sarà conferito anche l’incarico per produrre ricorso al Consiglio di Stato avverso la sentenza del Tar che aveva invece dissequestrato l’immobile ritenendo (a questo punto bisogna dire… senza capire in base a quale criterio) che non si fossero consumati abusi.

Ma dal punto di vista penale l’esito di questa vicenda non è mai stato in discussione e per rinfrescare la memoria ai nostri lettori riportiamo un passaggio della pronuncia del Riesame che già aveva chiuso le porte in faccia a Santaroni decidendo quanto segue: “Tutto ciò premesso con riguardo alla sussistenza, alla stato del fumus dei reati contestati, non è dubbio che nel caso in esame permangono le esigenze cautelari ravvisate con il decreto di sequestro, volte ad evitare che il reato, sia portato ad ulteriori conseguenze, in considerazione proprio dell’abuso realizzato, delle difformità riscontrate e della non ultimazione delle opere, elementi che legittimano la permanenza del vincolo cautelare, che ha, per sua natura, il fine di evitare l’aggravamento o, comunque, la protrazione delle conseguenze dannose del reato, trattandosi di lavori in corso alla data del provvedimento di sequestro (il provvedimento di sequestro preventivo è stato adottato perché i lavori edili non erano ultimati, situazione, questa, legittimante l’adozione del provvedimento cautelare, che ha, per sua natura, il fine di evitare l’aggravamento o comunque la protrazione delle conseguenze dannose del reato). Le opere abusive poste in essere, considerata la consistenza e le caratteristiche, determinano altresì una rilevarite alterazione dell’equilibrio urbanistico ed ambientale del territorio, tenuto, altresì, conto della destinazione dell’area, che inevitabilmente comporta un aggravamento del carico urbanistico della zona. Ne deriva che, non emergendo nella vicenda sottoposta al vaglio di questo Tribunale che le esigenze cautelari siano cessate, non può allo stato darsi luogo alla restituzione dell’opera abusiva. Va dunque confermata l’ordinanza impugnata, con conseguente rigetto del proposto appello e condanna dell’istante al pagamento delle spese della presente procedura”.

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