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RIFLESSIONI – Il lavoro è l’unica medicina contro le disgrazie

Nei momenti di pericolo, di sofferenza, di paura il lavoro e l’unica medicina che ci dà forza, che ci tiene uniti, che ci consente di resistere

 

In questi giorni ho telefonato ai miei amici che hanno imprese che si trovano nella zona sismica per vedere come stanno e se hanno bisogno di aiuto.

Ho trovato della gente stanca, provata che dorme pochissimo, ma mi hanno colpito tre cose diverse. Prima di tutto una grande forza d’animo. Sono consapevoli del lungo periodo di tempo in cui verranno colpiti ma affrontano il futuro con coraggio e razionalità.

Ho poi trovato fra di loro una grande solidarietà. Gente che prima non si conosceva, si ignorava è diventata una comunità di fratelli. Il mio amico Franco Moschini, presidente della Frau, vive abitualmente in una casa di legno per gustare la natura e poiché è antisismica vi ha ospitato alcuni amici che non possono più stare nelle loro case. Poi ho visto che tutti si sono buttati nel lavoro. In tutte le imprese dove era possibile il lavoro è continuato senza interruzione. La segretaria di Bracalente, il titolare di Nerogiardini, mi diceva «Dobbiamo lavorare perché il lavoro e l’unica cura contro l’ossessione del terremoto. Sei sempre in attesa, la notte ti risvegli angosciato, non parli che di crolli, di macerie. Il lavoro ti porta fuori da questo incubo, ti ridà il futuro». E infatti tutti coloro con cui ho parlato si danno da fare e vorrebbero fare di più. Lavorando è come se stessero già ricostruendo.

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Sono queste situazioni che ci rivelano l’importanza del lavoro per l’essere umano. Il lavoro non è solo consumo di energia come avviene nello svago, è fare qualcosa che serve, che è utile socialmente, è un contributo alla vita. Soprattutto il lavoro che produce qualcosa di concreto ci proietta nel dopo, verso il risultato che vediamo. Il lavoro è sempre sociale, quando lavori ti senti parte di una comunità. Quando lavori non sei mai solo.

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Inoltre il lavoro ha in sé un elemento di dovere, di obbligo tanto se te lo dai tu come se te lo pone qualcun altro. E questo imperativo, questo dover fare, nei momenti di pericolo o di sconforto è uno stimolo, un pungolo che ci aiuta ad uscire dalla inerzia. E questo è vero sempre. Nei momenti di pericolo, di sofferenza, di paura il lavoro e l’unica medicina che ci dà forza, che ci tiene uniti, che ci consente di resistere.

 

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