“Il lupo e la lumaca”, in un libro il messaggio di Salvatore Ferrante
La favola è introspettiva e in essa l'autore, rappresentato da uno dei protagonisti, rivive un percorso che lo spinge ad affrontare e superare la perdita di una persona cara

Molto spesso la vita ci presenta delle sfide difficili da affrontare, ma l’importante è sempre reagire alle avversità che fanno parte del viaggio di ognuno di noi. Magari condividendo con gli altri il nostro dolore e le nostre paure. È questo, in sintesi, il messaggio che Salvatore Ferrante, giovane veterinario di Palma Campania, intende dare con il suo libro “Il lupo e la lumaca” che, a dire il vero, è una favola in cui l’autore si trova a toccare con mano temi e situazioni molto delicate. È una favola d’amore, di amicizia, di un legame unico e così tra folletti, stelle e animali il protagonista arriverà a scoprire il significato stesso della vita. Per avere maggiori informazioni su questo libro, abbiamo parlato direttamente con Salvatore Ferrante che si è detto molto emozionato:
Salvatore Ferrante, come è nata l’idea di scrivere una favola?
«La favola parla della mia vita, o meglio del legame che c’era tra me e mia sorella Anna che purtroppo ho perso diciotto anni fa. Comunque l’idea di scrivere mi è venuta circa otto anni fa, quando una sera d’estate parlai di Anna con il mio nipotino che all’epoca era ancora piccolo, ma già molto sensibile e perspicace. Da quel confronto è scattata in me la voglia di mettermi a nudo e di raccontare una parte della mia esistenza, come se avessi avuto un input. Inizialmente l’intento era quello di scrivere un libro con la storia che aveva contraddistinto mia sorella, ma poi confrontandomi con la dott.ssa Antonella D’Andrea, psicoterapeuta e che all’epoca lavorava alla Spring Edizioni, ebbi l’illuminazione di cambiare il genere e di raccontare la mia storia sotto forma di favola, in modo da renderla più accessibile a tutti. Il titolo ‘Il lupo e la lumaca’ nasce dal fatto che questi erano i nomi con cui ci chiamavamo. Io ero Lupacchiotto, mentre mia sorella LumacAnna».
Crescendo siamo portati a dimenticare i nostri sogni di bambini perché non sempre riusciamo a far crescere insieme il tempo che passa e il nostro sorriso: ce ne dimentichiamo con lo scorrere della vita. Ma questo bisogno di sognare ci rimane dentro, nascosto da qualche parte, fino a quando qualcosa di “magico” ce lo fa ricordare…
«Crescendo purtroppo siamo portati a dimenticarci della magia e di tutto quello che ha a che fare con la fantasia. Delle volte, ahimè, arriviamo addirittura a dimenticarci di sognare. Purtroppo è questo il percorso intrapreso da molti adulti perché si pensa che il sogno sia una realtà che appartenga solo ai bambini e agli adolescenti. Così facendo, però, ci priviamo del nostro animo più candido e ci lasciamo andare a dei comportamenti da ‘adulti’ che spesso collidono con la nostra parte infantile. Io, dal canto mio, mi ritengo ancora un sognatore e credo fermamente che i sogni aiutino a vivere meglio. Non c’è vita senza sogni ed ogni tanto è giusto fermarci dal caos che ci opprime tutti i giorni e pensare a qualcosa di magico e fantastico. È nostro compito tenere vivi i sogni, magari attraverso un ricordo o una sensazione».
La magia della favola rende possibile affrontare realtà difficili, come la morte di una sorella, e spiegarle ai lettori più piccoli?
«Attraverso la bellezza della favola spero di essere riuscito a fare breccia nell’anima di grandi e piccini perché parliamo di un genere letterario davvero ampio il cui messaggio è universale. Il mio scopo era quello superare un grave lutto, condividendo con gli altri il dolore e, ben presto, mi sono ritrovato a parlare con tante persone del tema della morte. Durante la presentazione del mio libro e grazie a dei progetti con alcune scuole, ho avuto modo poi di parlare con i bambini i quali mi hanno descritto apertamente il dolore provato per la scomparsa di un loro familiare, generalmente i nonni. Ecco, avere la testimonianza dei più piccoli per me è stato fondamentale perché mi ha fatto capire la forza dei sentimenti. Il messaggio che vorrei lanciare è quello di ascoltarsi, di affrontare la sofferenza e poi di rielaborare il lutto per poter andare avanti e affrontare le sfide della vita essendo consapevoli che i nostri cari sono sempre al nostro fianco. Dal dolore deve nascere un sorriso e dalla morte deve esserci una rinascita».
Il suo libro “Il lupo e la lumaca” tocca argomenti molto attuali che oggi si possono definire “tosti”, complicati come l’amore, l’amicizia, i legami profondi. Che vita è con 4999 amici su Facebook e nessuno reale?
«I social ci portano ad avere semplici conoscenze e non vere e proprie amicizie. Facebook e Instagram sono sì piattaforme importanti che ci consentono di rimanere in contatto con tante persone magari anche lontane da noi, ma a questi universi virtuali bisognerebbe dare il giusto peso. La vita reale è un’altra cosa e i social ci danno l’illusorietà di un mondo diverso. Per me la parola amicizia è molto impegnativa e qualifico come amico solo una persona che mi è accanto nei bei momenti, ma soprattutto in quelli brutti in cui si affacciano le difficoltà. Io sono fortunato e ringrazio la vita per avere una serie di amicizie che si sono mantenute inalterate nel tempo. Spero che anche gli altri possano avere qualcuno di cui fidarsi».
Nell’era dei social, se un bambino le chiedesse cosa è l’amicizia, cosa è l’amore, cosa significa legame, quando tu per primo cerchi spiegazioni, che risposta darebbe?
«Credo che avere dei legami con le persone sia la cosa più bella che possa capitare a ognuno di noi. Una vita senza gli altri, senza gli affetti è difficile da immaginare. A un bambino direi di viversi ogni esperienza a pieno perché la vita è breve e va vissuta intensamente. Oggi, invece, noto che molti bambini e adolescenti tendono a instaurare un rapporto con i loro coetanei sui social, mentre dovrebbero uscire e riappropriarsi degli spazi dove svolgere attività come si faceva ai miei tempi. È importante guardarsi in faccia, parlarsi, comunicare e avere la voglia di conoscere gli altri attraverso il dialogo e il confronto. In conclusione, il consiglio che mi sento di dare ai più piccoli è quello di vivere la vita con gioia, tranquillità e soprattutto amore».