«Il Mediterraneo, una fossa comune su cui abbiamo steso un sudario »
«Sul
Mediterraneo è stato steso un sudario. Non si può parlare di
cimitero marino, perché i cimiteri hanno delle tombe singole, con i
loro nomi. Qui si tratta di una enorme fossa comune.» Ha definito
così la tragedia dei migranti lo scrittore Erri De Luca, al Social
Cinema Forum di Ischia Global. «Siamo contemporanei e correi del più
lungo naufragio della storia dell’umanità avvenuto in mare. Un
mare che ha cambiato destinazione d’uso: da strada liquida, come la
definiva Omero, a un mare in cui il fondale si riempie dei corpi di
persone che viaggiano e vi muoiono. Persone che hanno delle necessità
a spostarsi. Quando si vede una madre che sale con un bambino in
braccio su uno di questi carghi e supera l’istinto più potente che
c’è in natura, quello di protezione materna verso i propri figli,
vuol dire che c’è una necessità superiore a qualsiasi argomento
di diritto. Oltre alla necessità insormontabile di non poter essere
respinti, esistono che non possono essere negati. Lo stiamo facedo
regolarmente. Rifiutiamo il diritto di chiedere asilo. La specialità
dell’Italia, in questo momento storico, è la degradazione di un
individuo da cittadino a cliente. Il cittadino appartiene a una
comunità, una comunità che per la sua Costituzione, garantisce il
diritto all’istruzione uguale per tutti, alla salute uguale per
tutti, alla giustizia ufguale per tutti. Quando i diritti vengono
ridotti a servizi, il cittadino non è più titolare di quei diritti
ma diventa cliente di quei servizi. Valutabile solo in base al suo
potere d’acquisto: se può permettersi quel servizio che prima era
un diritto, ne gode; altrimenti no.»
De Luca paragona il suo
lavoro a quello di un produttore di scarpe. «Non solo deve saper
fare delle buone scarpe, ma deve fare in modo che quante più persone
possono andare in giro con delle buone scarpe. È un servizio in più.
Una responsabilità civile che anche lo scrittore assume su di sè.
Non solo scrivere buone pagine, ma fare in modo che tutti possano
andare in giro con un diritto di parola. Non solo pronunciata, ma
ascoltata. C’è una frase nel Libro dei Proverbi: “Apri la tua
bocca per il muto”. Il muto non è quello privo di corde vocali, ma
colui che, pure gridando, non è ascoltato da nessuno. Il suo grido
viene deformato, calunniato e diffamato. Ecco – continua lo
scrittore – nella mia attività di scrittore, mi è capitato di
aprire la bocca per il muto, per alcune comunità che si sono messe
insieme per difendersi da pubblici soprusi, pubbliche violenze e
prepotenze. Venivano trattati da sudditi, anziché da cittadini.
Così, attraverso un processo che ha subito la lotta di cui mi stavo
occupando, e che stavo condividendo, la loro lotta è stata più
conosciuta di prima. Involontariamente ho allargato l’ascolto di
quella voce, di quella lotta muta. Non ne ero il portavoce ma lo
strumento di amplificazione. E’ ciò che può fare uno scrittore:
partecipare, dare diritto alle persone di andare in giro con buone
scarpe (e non scalzi) o di essere ascoltati.»