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Il monito di Carriero: «Ischia è a un bivio, destino e futuro sono nelle nostre mani» 

Un bilancio sulla stagione turistica ma soprattutto il futuro turistico di un’isola che conserva inalterata le sue bellezze ma forse rischia di “scoppiare”: lunga intervista all’imprenditore e patron dell’Albergo della Regina Isabella

Agosto è ormai alle spalle. E’ possibile tracciare un primo bilancio di questa stagione turistica?

«In termini di presenze a me sembra di poter parlare di stagione positiva, in modo particolare perché si è registrato un aumento significativo di visitatori stranieri, almeno negli alberghi di un determinato target. Sento dire invece, ma occorrono riscontri più certi, che abbiano registrato un certo calo le strutture ricettive più economiche e soprattutto le abitazioni in fitto. Questo, inutile negarlo, sarebbe un buon segno: in fondo noi tutti ci auguriamo un miglioramento della qualità complessiva dei nostri ospiti, significa disponibilità a poter spendere. Per carità, ognuno in base al proprio portafogli: sia chiaro, io non penso a una sola clientela di cinque stelle, sarebbe stagliato anche questo».

In che senso?

«Ischia si trova a un bivio e deve scegliere quale strada seguire. Puntare solo al numero di persone, e questo porterà a una riduzione progressiva delle tariffe e di conseguenze a mangiarsi irreversibilmente le proprie risorse. Oppure fare una politica che punta alla qualità dell’ospite e soprattutto all’internazionalizzazione»

«Sarebbe noioso e anche deleterio far diventare un qualunque luogo di villeggiature una riserva di persone particolarmente ricche o facoltose. Fa bene il giusto mix, così come un’offerta variegata anche nella ristorazione. Il problema non è questo, sorge invece quando il turista decade a livelli infimi come testimoniano purtroppo alcuni episodi che si sono registrati ad agosto. Questo allontana soggetti che hanno capacità e disponibilità alla spesa. Insomma, la vera sfida per il prossimo futuro – a partire dal prossimo anno – è fare in modo che migliori la qualità del turista, creando situazioni in cui una determinata tipologia di persone che noi non vogliamo finisca col sentirsi emarginato».

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Non è la cosa più semplice di questo mondo.

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«Evidentemente c’è qualcosa della nostra isola che fa sentire a proprio agio queste persone, dunque bisogna fare in modo che queste peculiarità non ci siano più. Faccio un esempio, senza fare polemica alcuna: non condivido l’eccesso di iniziative come fiere popolari, musica in piazza ad alto volume e cose del genere. Vanno bene le feste patronali e le manifestazioni analoghe e legate alla tradizione, ma se vogliamo insistere nel proporre stret food e bancarelle allora facciamo un cattivo servizio al turismo. La musica gratuita, quella dove non c’è nessuno che mette i soldi, diventa un qualcosa di approssimativo, c’è poco da fare».

«L’isola può e deve essere interclassista, altrimenti diventa noiosa. Il problema sorge quando il turista scade a livelli infimi: la sfida per il futuro, a partire dal prossimo anno,
è fare in modo che migliori la qualità dell’ospite, creando situazioni in cui una determinata tipologia di persone che noi non vogliamo finisca col sentirsi emarginato
»

Anche l’estate che volge al termine è stata caratterizzata da una serie di controsensi e paradossi. Ad esempio, vip, personaggi dello spettacolo e soggetti facoltosi a luglio, e i cosiddetti indesiderati ad agosto. Ma perché l’isola continua ad avere due facce?

«E’ vero, siamo davanti a un paradosso. Il periodo “brutto” per la nostra isola è solo agosto e dunque è molto limitato, però purtroppo nello stesso tempo è quello topico, dell’alta stagione, quello in cui gli alberghi praticano prezzi maggiori, quello in cui chiediamo di più ai nostri clienti eppure incredibilmente gli andiamo a offrire il servizio peggiore. Badate, questo errore potremmo pagarlo caro. Eppure parliamo di tre settimane, è un vero peccato non riuscire a porre rimedio a questa situazione: concentriamoci, ben vengano tutti i controlli che si fanno ma occorre un’inversione di tendenza: dovremmo fare un appello agli ischitani stessi, affinché stiano attenti a chi fittano, ma ormai ho imparato che queste sono parole al vento. Il fenomeno non si riesce a combattere solo col volontarismo».

E’ tosta, insomma.

«Vedi, noi qui non parliamo spesso nemmeno di delinquenti, quanto piuttosto di gente maleducata. Qualcuno che magari ha un figlio bullo che pensa di poter andare a fare atti di vandalismo nottetempo con la certezza di rimanere impunito. E così rendiamo l’isola capace di attirare turismo di un certo tipo, è chiaro che – per fare un altro esempio – se qualcuno va vestito in modo “discutibile” per strada metterà a disagio chi invece lo fa in maniera più composta e appropriata. Io sogno un piccolo passo indietro nel tempo per quest’isola, in fondo anche all’epoca era frequentatissima eppure interclassista: gli alberghi più o meno lussuosi hanno sempre tranquillamente convissuto con quelli più abbordabili ma non si assisteva a fenomeni come quelli di oggi».

Il Mezzatorre nelle mani della famiglia Sciò, forse il Pio Monte a una cordata tedesca. E’ l’inizio di una inversione di tendenza verso l’alto o a suo avviso si tratta di casi isolati?

«Ischia è un elemento fondamentale della mia vita, è ormai dal 1960 che almeno le vacanze estive le trascorrevo sull’isola. Ischia è molto di più di una storia d’amore, è una vita trascorsa insieme ed è stata una vita bellissima. Essere ancora qui oggi, con immutata passione, credo sia la dimostrazione d’affetto più grande che potessi riservarle»

«No, credo che sia l’inizio – almeno me lo auguro – di un maggior rinnovato interesse nei confronti di un’isola che resta, nonostante le molte cose sbagliate, una delle più belle del Mediterraneo. E’ ovvio che l’interesse di soggetti di alta qualità non può che fare bene. Va detto ad onor del vero che il Mezzatorre era splendidamente gestito anche prima, ma avere albergatori che tanto bene hanno fatto all’Argentario è un buon segno. Conosco poco gli sviluppi legati alla vicenda del Pio Monte, ma mi auguro si percorra la stessa strada».

Quali sono i veri problemi che l’isola continua a trascinarsi e che purtroppo non la rendono gradevole agli occhi del turista?

«Diciamo che il traffico lo diamo per scontato e dunque evitiamo di parlarne. Andiamo su cose meno banali. Non voglio soffermarmi neppure sull’abusivismo, che resta una faccenda decisamente complicato ma mi piace sottolineare che non è stata una buona idea, negli anni, avere aumentato quantitativamente l’offerta dell’isola. Le spiagge si sono ridotte, gli spazi non possono aumentare e così ecco che in un determinato periodo si respira una sensazione di sovraffollamento. Questo non è un aspetto gradevole per l’ospite, personalmente lo ritengo un errore storico. Poi non si è mai voluto realmente affrontare un problema delicato come quello dell’ambiente e su tutti partendo dalla depurazione, e non si può omettere di rimarcare come l’area marina protetta di fatto esiste sulla carta ma è come se non ci fosse».

Qual è un possibile modello al quale ispirarci?

«Oggi guardiamo al Cilento: mi augurio non aumenti le sue presenze, ricordo che è il posto con maggiore concentrazione di bandiere blu che noi nell’attuale situazione non potremmo mai avere. D’altronde, sversiamo i liquami a mare senza nemmeno un pretrattamento iniziale. C’è poi un altro aspetto da gestire, abbiamo una nautica da diporto che quantitativamente sta raggiungendo livelli esagerati: non mi riferisco certo ai mega yacht ma all’enormità di piccole barche che oggi giorno sono in qualunque baia. E ogni ancora buttata in mare distrugge un pezzo di Posidonia…».

La nostra economia, intendo quella turistica, riesce ancora a sostenersi o si fonda sul debito? Insomma, in parole povere e schiette, qual è lo stato di salute dell’isola?

«Le tariffe dei taxi sono diventate talmente alte da poter essere definite con un solo termine: ridicole. Una volta il turista sorrideva quando aveva finito il giro dell’isola, anche se veniva spennato e ne era magari consapevole: oggi queste cose non le accetta più nessuno, gli anni ’50 sono finiti da un pezzo»

«A mio avviso le potenzialità dell’isola restano intatte, siamo noi che le stiamo erodendo e adesso ad agosto rischiamo di andare “a debito”, non come economia – perché è un mese in cui i conti sono buoni – ma perché stiamo spremendo la nostra terra oltre quello che può resistere. Sarò ripetitivo ma insisto, facciamo un passo indietro in termini quantitativi. Dobbiamo puntare in primis sulla sostenibilità ambientale, come ho appena spiegato, poi ridurre almeno nei picchi di stagione il numero di ospiti aumentando i prezzi: questo tutti insieme, dai cinque stelle alle case in fitto, così crescerebbe il fatturato, miglioreremmo la qualità della vita e staremmo tutti più larghi e comodi».

I lavoratori in nero trovati in diverse attività commerciali, alberghiere e di ristorazione, sono la spia di un allarme già diventato rosso?

«Non lo so cosa succede altrove, purtroppo devo dire che sono fatti che non mi sorprendono particolarmente anche perché si tratta di situazioni che certo non nascono ieri mattina. Penso in ogni caso che vadano definitivamente debellate e combattute anche perché è giusto che nel fare impresa la concorrenza sia leale tra tutti. Se qualcuno nel tempo si è messo in regola, è giusto che lo facciano tutti, c’è poco da discutere». 

Facciamo un gioco. Carriero domattina diventa sindaco del Comune Unico. Cosa si proporrebbe di fare nei suoi primi cento giorni di amministrazione?

«Beh, nei primi cento giorni si riuscirebbe obiettivamente a fare poco. Comunque la prima cosa che proverei ad affrontare è la problematica del traffico. Credo che una serie di determinate iniziative si possano avviare facendo rispettare realmente dei divieti di transito e circolazione. In compenso, proverei ad incentivare moltissimo l’utilizzo del trasporto pubblico laddove possibile rendendolo elettrico, incrementando il numero degli autobus e abbassando le tariffe dei taxi che sono diventate alte a un punto che io non esito a definire ridicolo. Spendere 50 euro per andare da un Comune all’altro dell’isola, distanti molto meno rispetto a due quartieri di città, è una cosa che non sta ne in cielo ne in terra. Occorre cambiare mentalità, una volta il turista sorrideva quando aveva finito il giro dell’isola, anche se veniva spennato e ne era magari consapevole: oggi queste cose non le accetta più nessuno, gli anni ’50 sono finiti da un pezzo. Eppure io credo che anche i tassisti ci guadagnerebbero ad applicare tariffe “light” ad esempio per i residenti. Comunque il futuro è nei veicoli elettrici, noi come albergo disponiamo di due auto e appena dovesse uscire il pulmino le prometto che sarò il primo ad acquistarlo».

Come immagina il turismo isolano tra dieci anni?

«Lo immagino partendo da adesso, si trova a un bivio e deve scegliere dove andare, quale strada seguire. Puntare solo al numero di persone, e questo porterà a una riduzione progressiva delle tariffe e di conseguenze a mangiarsi irreversibilmente le proprie risorse. Oppure percorrere un’altra strada, che è ancora tutta davanti a noi, ed è quella che mira a fare una politica che punta alla qualità dell’ospite e soprattutto all’internazionalizzazione. Ecco, di questo non ne abbiamo parlato, ma vorrei dire due parole…».

Prego.

«Ormai sono sempre più le nazioni che viaggiano, in fondo quindici anni fa nessuno avrebbe mai pensato di sentir parlare di turisti polacchi o indiani, tanto per fare due esempi. Dobbiamo avere la capacità di aprirci a nuovi mercati che desiderano posti con caratteristiche uniche – e Ischia ha una storia ed una tradizione straordinaria – accompagnati da una qualità e un rispetto per l’ambiente». 

Perché di destagionalizzazione dei flussi si parla sempre ma non si arriva mai a dama?

«Io credo che fondamentalmente ciò accade per due motivi: il primo è che essendo un’isola noi paghiamo uno scotto notevole, quello legato al fatto che il transito marino nel periodo invernale fa paura a tante persone, la gente può pensare di rimanere bloccata e questo scoraggia non poco. Il secondo aspetto è che Ischia ha colpevolmente un po’ dimenticato la propria offerta benessere. Un tempo le nostre terme erano un fiore all’occhiello e facevano parte integrante e fondamentale dell’offerta turistica, poi all’improvviso sono diventate quasi un accessorio. In questo momento, comunque, credo che stiano vivendo una fase magari non di stanca ma in ribasso rispetto al passato. Bisognerebbe riproporre un discorso di offerta seria, non possiamo vendere quello che non abbiamo o far credere alla gente che se fai il bagno sull’isola torni giovane: sia chiaro, siamo a Ischia e non a Lourdes. Ma fuori stagione certo potremmo puntare sul benessere termale, che – si badi bene – è cosa ben diversa dal turismo medicale».

In tutta sincerità, da imprenditore: allo stato dell’arte, lei investirebbe su Ischia o dirigerebbe altrove le sue attenzioni?

«In questo momento storico, ci sono alcune città che da un punto di vista turistico hanno indubbiamente potenzialità enormi. Penso a Milano, che pure ha poco di interessante dal punto di vista artistico eppure è una metropoli frequentatissima forse anche perché rappresenta il polo fieristico europeo per eccellenza. Ma attenzione, anche Napoli sta conoscendo una straordinaria rinascita. Ma la nostra isola è una località che conserva inalterate le sue potenzialità ed il suo appeal».

Carriero e Ischia. Come descriverebbe in sintesi questa lunga storia d’amore?

«Bella domanda, ma è difficile rispondere con un “telegramma”. Ischia è un elemento fondamentale della mia vita, perché facendo i conti è ormai dal 1960 che almeno le vacanze estive le trascorrevo qui sull’isola. Ho ricordi legati alla mia fanciullezza, all’adolescenza, qui c’è tutta la mia vita. Ischia è molto di più di una storia d’amore, è una vita trascorsa insieme ed è stata una vita bellissima. Essere ancora qui oggi, con immutata passione, credo sia la dimostrazione d’amore più grande che potessi riservarle». 

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