CRONACA

“Barba e capello” per Perrella, ecco la memoria di Calise

Con atto stragiudiziale depositato lo scorso 8 settembre l’amministratore di Marina di Capitello si era scagliato contro lo stabilimento Onda Blu gestito dai figli dell’assessore “barbiere” chiedendo la revoca di licenze e l’eliminazione di una serie di abusi. Adesso arriva la memoria di replica redatta col contributo dell’avvocato Molinaro che è inequivocabile: accuse insussistenti

La questione legata alla contesa per l’approdo turistico di Lacco Ameno tra Comune e Marina di Capitello Scarl è diventata ormai una battaglia senza esclusione di colpi. E che, inevitabilmente, ha finito col coinvolgere anche soggetti terzi. Di recente ci siamo occupati dell’iniziativa dell’amministratore dell’attuale sub concessionario, Giuseppe Perrella, che in uno col suo avvocato difensore ha chiesto di adottare una serie di provvedimenti sanzionatori nei confronti dello stabilimento “Onda Blu” – di proprietà dei congiunti dell’assessore Ciro Calise – per una serie di violazioni di varia natura. Ebbene dall’altra parte della barricata non sono rimasti a guarda re e non si sono certamente messi sulla difensiva ma sono passati al contrattacco in maniera anche pesante. E così per il tramite dell’avvocato Bruno Molinaro, Giulia Calise ha indirizzato al responsabile dei Lavori Pubblici Alessandro Delle Grottaglie una memoria di replica all’atto stragiudiziale trasmesso da Perrella a mezzo pec lo scorso 8 settembre. La scrivente fa un lunghissimo excursus relativo all’attività Onda Blu che parte decisamente da lontano ricordando anche come i titolari abbiamo proceduto anche alla integrale eliminazione di alcune opere che erano state eseguite in difformità di una DIA (Denuncia di Inizio Attività) che era stata rilasciata nell’aprile 2011.

Lo stesso Molinaro e la Calise ricordano tra l’altro come “con sentenza del 29 gennaio 2015, il Giudice Monocratico del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, in ordine alle difformità predette, assolveva l’imputato Calise in quanto in relazione al reato paesaggistico, lo stesso era da ritenere estinto per avvenuto ripristino dello stato dei luoghi; in relazione al reato urbanistico, le opere realizzate – non implicando volumetria abitativa e non alterando l’assetto urbanistico edilizio del territorio comunale – non sono penalmente rilevanti”. Poi è stata prodotta ulteriore documentazione fino ad arrivare alle richieste di Marina di Capitello, che riferivano tra l’altro di totale abusività di un manufatto, dell’innalzamento del tetto, di un tavolato in legno, del cambio di destinazione d’uso ma anche dell’illegittimità derivata dell’agibilità, della licenza di eserizio e della Scia sanitaria. Una serie di “accuse” che l’avvocato Bruno Molinaro smonta punto su punto nella sua memoria. Obiettando in primis quanto segue: “Le richieste sono inammissibili per l’assorbente ragione che la società Marina del Capitello, contrariamente a quanto sostenuto, non essendo qualificabile come impresa operatrice nel medesimo settore di riferimento, non è legittimata, né vanta alcun interesse concreto (giuridicamente rilevante) all’ottenimento dei provvedimenti invocati, sia se espressione dell’esercizio dei poteri sanzionatori in materia edilizia sia se collegati a una pretesa autotutela decisoria in relazione ‘alle agibilità rilasciate e ai titoli commerciali’. Il consolidato indirizzo della giurisprudenza in ordine a tale questione è, infatti, nel senso che il titolare di un’autorizzazione amministrativa vanta sicuramente un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ma solo a condizione che l’esercizio, da parte dell’ente pubblico, del potere autorizzatorio riguardi il medesimo settore di attività commerciale, ovvero quello riferito all’ambito territoriale all’interno del quale si radica la posizione giuridica del richiedente. La società intimante esercita notoriamente “attività di gestione di porti, approdi turistici e punti di ormeggio”, la quale evidentemente non ha niente a che vedere con l’attività svolta dalla deducente, di ben diversa natura”.

Il noto legale ha indirizzato lo scritto al responsabile dei lavori pubblici del Comune di Lacco Ameno, Alessandro Delle Grottaglie, accompagnato da una perizia dell’ing. Benito Trani che escluderebbe ogni abuso sull’area “incriminata”

Ma questo è soltanto l’inizio. Entrando nel merito, Molinaro spiega che le richieste di Marina del Capitello sono manifestamente infondata come confermato anche da una allegata perizia asseverata a firma dell’ing. Benito Trani, dello scorso 14 settembre: “Effettuato un accertamento sui luoghi in data odierna, il sottoscritto ha potuto rilevare che l’attuale stato dei luoghi è conforme alla rappresentazione grafica degli stessi, come in ultimo approvata ed allegata alla SCIA prot. 1097/2015, al parere favorevole della Commissione Locale per il Paesaggio del 23 marzo 2016, al parere favorevole della Soprintendenza BAP di Napoli n. 16460 del 12 luglio 2016 ed all’autorizzazione paesaggistica n. 3 del 1° settembre 2011”. Parole chiare che inducono il legale a spiegare chiaramente che “l’affermazione della esponente sulla totale abusività delle opere in oggetto è, pertanto, clamorosamente smentita dagli atti consegnati dalla committente”. Nel passaggio immediatamente successivo, ancora Molinaro sempre rifacendosi alla perizia dell’ing. Trani ribadisce che “in base a quanto precisato in premessa, non vi è dubbio che le violazioni e gli abusi denunciati con l’esposto della Marina di Capitello S.c.a.r.l. siano tutti insussistenti”.

Poi dopo che le accuse vengono nel dettaglio smontate punto su punto si arriva alla conclusione nella quale Giulia Calise scrive tra l’altro: Ebbene, avendo provato che, contrariamente a quanto esposto dalla Marina del Capitello S.c.a.r.l., l’immobile in oggetto (pub-bar Onda Blu) è tutt’altro che abusivo, risultando coperto da tutti i titoli occorrenti ) e conforme agli stessi, non vi è dubbio alcuno sulla totale insussistenza anche di tale contestata illegittimità derivata ». Ne deriva chiaramente l’assoluta inconsistenza e/o falsità degli addebiti e, dunque, la palese infondatezza delle richieste formulate. Nel riservarsi, pertanto, sin d’ora, ogni più ampia tutela nelle competenti sedi, la sottoscritta, come sopra domiciliata ed assistita, INVITA codesto comune ad archiviare “nulla interposita mora” il procedimento innescato dalla avversata diffida. Insomma, l’invito al Comune è chiaro e netto: l’atto stragiudiziale presentato da Perrella non ha alcun fondamento e può tranquillamente essere cestinato. E allora arrivederci alla prossima puntata.

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