ARCHIVIO 5

Il PM fa appello, chiesti gli arresti domiciliari per Maria Di Scala e Raffaele Piro

DI FRANCESCO FERRANDINO

NAPOLI. L’ordinanza firmata dal Giudice per le Indagini Preliminari, Pasqualina Paola Laviano, che ha stabilito l’applicazione delle varie misure di custodia cautelare nei confronti di alcuni degli indagati nell’ambito dell’inchiesta “Free Market”, non ha soddisfatto il Pubblico Ministero, Giuseppina Loreto. Il magistrato inquirente ha infatti proposto appello (datato 8 ottobre) ex art. 310 del codice di procedura penale alla Sezione per il Riesame del Tribunale di Napoli, ritenendo non adeguate le misure adottate dal Gip. Il PM aveva infatti richiesto, per Raffaele Piro e Maria Grazia Di Scala, la misura degli arresti domiciliari. Ad avviso della Dott.ssa Loreto, infatti, la misura cautelare irrogata dal Gip, consistente nell’obbligo di dimora nel Comune di residenza, non sarebbe idonea a salvaguardare le esigenze cautelari, «avuto riguardo alla gravità dei fatti in contestazione ed alla personalità degli indagati», come asserito nel testo dell’appello presentato dal PM, nel quale si legge che «l’attività investigativa svolta ha evidenziato il ricorso preordinato e seriale – e non occasionale – agli illeciti favori del pubblico ufficiale infedele». Per il magistrato inquirente, «è emersa una spiccata ed accertata abitualità del Piro e del suo difensore a rivolgersi allo Stanziola per ottenere atti amministrativi che li favorissero, ora da produrre all’Autorità Giudiziaria, ora da far valere nei confronti della controparte per coartarne la volontà al fine di trarne significativo vantaggio economico». La misura degli arresti domiciliari, più restrittiva, viene richiesta, limitatamente ai delitti di falso materiale e falso ideologico in atto pubblico, perché impedirebbe contatti tra gli indagati (tutti residenti nello stesso Comune, circostanza che per il Pubblico Ministero porterebbe i soggetti a incontrarsi facilmente ed accordarsi su una comune strategia difensiva) e con soggetti esterni, e dunque costituirebbe per il magistrato inquirente «una misura che impedisca anche ogni tipo di attività lavorativa e professionale», in grado così «di scongiurare il rischio concreto e attuale del pericolo di reiterazione e di inquinamento probatorio». Riguardo le posizioni del comandante della polizia municipale di Barano, Ottavio Di Meglio, e del primo cittadino del comune isolano, Paolino Buono, l’appello del PM invoca l’applicazione dell’obbligo quotidiano di presentazione alla P.G. in quanto il magistrato inquirente ritiene che «le condotte contestate ai due sono collegate – per averla consentita e, dunque agevolata – alla sistematica illecita gestione della cosa pubblica ad opera del Tenente della Polizia Municipale del Comune di Barano, Stanziola Nicola Antonio, nell’attività di organizzazione e controllo di mercati, fiere e manifestazioni comunali». Le argomentazioni che per il GIP giustificano la mancanza applicazione della misura si basano sul fatto che gli indizi a carico del sindaco e del comandante dei vigili si caratterizzano sì per comportamenti omissivi in grado di inquinare il tessuto della macchina amministrativa comunale, ma nello stesso tempo non si concretano in comportamenti commissivi realizzati al fine di agevolare l’attività dello Stanziola. Di tutt’altro avviso il PM, per il quale tali argomentazioni non sono condivisibili, dal momento che dalle investigazioni svolte sarebbe emersa la piena consapevolezza da parte del Sindaco e del Comandante  delle illecite attività svolte dallo Stanziola nella gestione dei Mercati e delle Fiere. «Entrambi hanno apportato – si legge nell’appello – un significativo contributo causale agli illeciti dello Stanziola, tanto con condotte commissive – emanando ordinanze ideologicamente false – che soprattutto omissive, non procedendo, deliberatamente, ai controlli previsti dalla normativa in materia». Nel dettaglio, per il pubblico ministero, «proprio il cosciente e voluto comportamento omissivo tenuto da soggetti che, per il ruolo rivestito, avevano l’obbligo del controllo, ha reso possibile – e quindi ha agevolato – i reati commessi dallo Stanziola. In particolare il Sindaco aveva l’obbligo di vigilare sulla legittimità e regolarità dell’istituzione e dell’esercizio delle attività di commercio su suolo pubblico, il Comandante della Polizia Municipale quello di vigilare e controllare l’operato dei suoi uomini, impedendo che venissero sistematicamente impiegati per lo svolgimento di un’attività completamente abusiva». Il sostituto procuratore è convinto che entrambi avevano il dovere giuridico di impedire l’evento e, non averlo fatto, con le condotte omissive tenute (oltre che con i presunti falsi commessi), equivale a cagionarlo.

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex