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Il porto di Forio ancora nel mirino di Morgera

FORIO – E’ di nuovo bufera sul porto di Forio con Aniello Morgera che ancora una volta va “all’assalto” del Comune del Torrione lamentando l’assoluta inagibilità della struttura che a suo dire mette a serio rischio la pubblica e privata incolumità. L’ultimo affondo è un ricorso – effettuato per il tramite dell’avvocato di fiducia Bruno Molinaro – contro il legale rappresentante pro tempore dell’ente pubblico e dunque il sindaco Francesco Del Deo – proprio sulla struttura che di recente è stata nuovamente consegnata alla Marina del Raggio Verde fino al 31 dicembre 2020. E’ l’ennesima iniziativa del Morgera che tra l’altro a più riprese ha sottolineato la non agibilità dei pontili galleggianti e di tutte le altre opere realizzate all’interno dell’area portuale ricordando come peraltro questa circostanza sia stata evidenziata in tempi non sospetti (settembre 2010) dal responsabile del primo settore, ing. Giovangiuseppe Iacono. Una serie di manufatti come gli uffici della capitaneria di porto, i bagni, la biglietteria degli aliscafi, non sarebbero tra l’altro assistiti dai prescritti titoli abilitativi, motivi per il quale il ricorrente ha già diffidato il responsabile dell’ufficio tecnico comunale ad adottare i doverosi provvedimenti sanzionatori, in primis ovviamente l’ingiunzione alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi.

LA RELAZIONE TECNICA CHE INCHIODA IL COMUNE

Un aspetto, questo, sul quale il Morgera si è battuto a lungo, senza mai ottenere però risposte esaurienti, anzi in molti casi senza nemmeno ottenerle, a prescindere dalla loro natura. Al punto tale che lo stesso per meglio documentare una serie di già accertate violazioni, ha anche conferito incarico al prof. dott. Luca Altamura, il quale lo scorso ottobre – con tanto di relazione tecnica – dopo aver effettuato i sopralluoghi del caso e verificato gli atti acquisiti presso il Comune è stato categorico in merito all’agibilità dell’area portuale dopo un’esposizione davvero lunga, dettagliata ed analitica: “Sul piano tecnico giuridico, la conseguenza di tutto quanto sopra riportato è che il porto di Forio, alla luce delle accertate anomalie, non può ritenersi agibile”. Una relazione, questa, che ha indotto così il Morgera a diffidare nello scorso novembre il Comune di Forio, chiedendo un’ordinanza di inagibilità del porto con conseguente interdizione e sgombero dell’area oggetto della precitata concessione demaniale. La cosa grave, viene ricordato nel ricorso, è che l’amministrazione intimata, in violazione del dovere di correttezza cui è tenuto, non ha in alcun modo riscontrato l’atto stragiudiziale. Tradotto in parole più semplici, se ne sono altamente fregati di fornire uno straccio di risposta.

IL SILENZIO E LA VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE

Nel ricorso l’avv. Molinaro viene dunque impugnato il silenzio della pubblica amministrazione, evidenziando la violazione dell’art. 97 della Costituzione. “Va, preliminarmente, ribadito – si legge – che deve ritenersi esistente il dovere dell’amministrazione di rispondere ad istanze proposte all’organo competente dai propri amministrati e volte ad ottenere provvedimenti ai quali l’istante abbia diretto interesse, tutte le volte che le istanze medesime non risultino manifestamente non esaminabili nel merito. Ciò trova specifica ragion d’essere nel dovere di buona amministrazione e di correttezza cui la P.A. è tenuta ed in relazione al quale sorge nel privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni che l’amministrazione intende adottare e che lo riguardano. Nella fattispecie, come si evince dalla documentazione depositata in giudizio, l’atto stragiudiziale di diffida inoltrato all’amministrazione resistente dal ricorrente è volto ad ottenere l’esercizio da parte del comune del potere – dovere di adottare i provvedimenti necessari al fine di sgomberare l’area oggetto della concessione demaniale n. 135/2008, priva della certificazione di agibilità, onde consentire l’esecuzione dei lavori necessari a rendere la struttura portuale in questione pienamente agibile. A conforto della fondatezza dei propri assunti, il ricorrente, come ribadito in narrativa, ha trasmesso, unitamente alla predetta diffida, anche una perizia asseverata a firma del Prof. Dott. Luca Altamura, alla quale risultano allegate n. 40 fotografie che riproducono lo stato di degrado in cui versa il porto di Forio e da cui si evince, altresì, che il porto di Forio NON PUO’ RITENERSI AGIBILE. E’, quindi, evidente che non sia consentito l’utilizzo delle strutture portuali per difetto assoluto delle condizioni di igienicità, sicurezza ed assetto strutturale”.

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Il ricorrente ed il suo legale di fiducia citano una serie di normative più o meno recenti e poi rimarcano che “ne deriva l’obbligo, in via generale, dello svolgimento da parte degli organi comunali competenti di ogni indagine utile al fine di effettuare una consapevole valutazione sulla sussistenza delle surriferite condizioni e di disporre l’ordine di sgombero in caso di accertata mancanza della certificazione di agibilitàÈ noto, peraltro, che, il rilascio della predetta certificazione di agibilità è prescritto dalla normativa vigente con riguardo non soltanto agli immobili ad uso strettamente abitativo, ma anche a quelli adibiti (o da adibire) a scopi diversi, purché l’attività che vi si dovrà svolgere preveda comunque un uso che comporti la frequentazione da parte delle persone, come si verifica, appunto, in un’area portuale. La frase ‘gli edifici o parti di essi non possono essere abitati senza autorizzazione’ va, infatti, interpretata in senso estensivo, attese le finalità che la legge chiaramente si prefigge, che sono quelle di evitare danni alle persone che si trovino ad intrattenersi in locali che, qualora non sottoposti ad adeguato controllo da parte dell’autorità sanitaria, potrebbero non avere determinate caratteristiche di igienicità, salubrità, sufficiente areazione, ecc.

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“LE STRUTTURE PORTUALI NON SOONO AGIBILI”

Al tirar delle somme, l’avv. Molinaro deduce che “in conclusione, alla luce dei suesposti rilievi, non vi è dubbio che, allo stato, non sia consentito alcun utilizzo delle strutture portuali per difetto assoluto delle condizioni d’igienicità, sicurezza ed assetto strutturale e, comunque, per mancanza della certificazione di agibilità di cui all’art. 24 del d.P.R. 380/2001” aggiungendo inoltre: “Pertanto, essendo più che giustificata la pretesa del ricorrente di esercizio, ad opera dall’amministrazione resistente, del potere – dovere di emettere un provvedimento di sgombero al fine di eseguire i lavori necessari a rendere pienamente agibile l’intera area portuale, è, per converso, privo di giustificazione e di certo illegittimo il perdurante comportamento omissivo del comune di Forio anche in ordine all’obbligo di evadere, con adeguata e motivata risposta, l’ istanza del ricorrente, fondata anche nel merito. In proposito, è appena il caso di ricordare che l’art. 2 bis della legge n. 241/90, introdotto dall’art. 7 della legge n. 69/2009, prevede che: ‘Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento’. Il legislatore non solo ha inserito nella legge sul procedimento amministrativo il richiamato art. 2 bis, ma ha anche riscritto l’art. 2, introducendo termini più stringenti per la conclusione del procedimento. E’ stato, infatti, fissato un termine generale di 30 giorni (in luogo di 90 giorni precedenti), e, nel caso di termini diversi previsti da regolamenti e dalle amministrazioni, è stato stabilito che il termine non può eccedere i 90 giorni o 180 in casi particolari”. Termine che nel caso di specie, cronologia alla mano, è stato abbondantemente superato.

ILLEGITTIMO IL SILENZIO DINANZI ALLE IRREGOLARITA’ DENUNCIATE

Nelle motivazioni del ricorso si legge inoltre che “Il legislatore ha, quindi, evidenziato l’essenzialità di un termine procedimentale, affermando il principio della certezza temporale, ma ha, altresì, ribadito la doverosità dell’osservanza di tale termine. Con disposizione innovativa, aderente al principio posto dall’art. 2, si è altresì sancito che ‘il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti’ con gli ulteriori corollari che tale valutazione incide sulla corresponsione della retribuzione del risultato e che la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale. Il rispetto del termine che la legge assegna alla P.A. per la definizione di un procedimento o che la stessa amministrazione si è assegnato è una delle manifestazioni di quella ‘buona amministrazione’ che costituisce un vero e proprio diritto del cittadino sancito dall’art. 97 della Costituzione. Il silenzio è, dunque, illegittimo anche per violazione dell’art. 97 Cost. ed anche perché nel caso in cui l’autorità, a fronte di una domanda (diffida) del tipo di quella formulata dal ricorrente, non abbia adottato alcun esplicito provvedimento entro il termine prefissato, è prevista, in virtù dell’art. 31 del c.p.a., la decisione giurisdizionale di accertamento del dovere di concludere il procedimento, anche alla stregua di quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 241 cit., per il quale ‘ogni provvedimento amministrativo (ad eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale) … deve essere motivato’. Ciò significa, con riguardo a tale ultimo aspetto, che l’obbligo di motivazione ricorre in tutte le ipotesi di provvedimenti, intesi quali atti autoritativi tipici e nominati ed anche per quelli, come di specie, aventi valore legale tipico (silenzio-rifiuto), suscettibili di apportare ex se modificazioni nella sfera giuridica del destinatario e dotati della qualità dell’esecutorietà. Ricorre, quindi, anche per quegli atti che in presenza di certe condizioni, devono necessariamente essere assunti (dovuti) e per quelli il cui contenuto sia predeterminato per legge (vincolati), atti – questi ultimi – per i quali in passato la motivazione non era richiesta.  La previsione legislativa di un preciso obbligo di motivare, inoltre, non può non comportare che l’omessa motivazione configuri il vizio di violazione di legge, che, nel caso del c.d. silenzio-rifiuto, è in re ipsa. Da tanto discende che il silenzio, formatosi nella specie per l’inutile decorso del termine assegnato con la diffida notificata alle all’amministrazione comunale in data 9 aprile 2014, non si sottrae a censura per tutti i motivi indicati in rubrica e va, pertanto, annullato con le conseguenze di legge” Da qui la chiusura che è ovviamente inevitabile: “Riservata la possibilità di proporre motivi aggiunti nel caso di sopravvenienza di provvedimento espresso o atto connesso con l’oggetto della controversia – scrive l’avv. Molinaro – si conclude per l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del silenzio-rifiuto materializzatosi nella fattispecie, chiedendosi sin d’ora che codesto On. T.A.R., così come previsto dall’art. 117 del d.lgs. n. 104/2010, disponga anche la nomina di un commissario “ad acta” per il caso di persistente ed ulteriore inadempimento da parte del comune intimato”. Insomma, la battaglia continua…

 

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