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IL PUNTO “Dilettanti” allo sbaraglio: quelli per cui non ci sarà il lieto fine

Sibilia: «Rischio calo società del 30%. Bisogna riformare il calcio»

Come si temeva e sospettava, la fine dei campionati dilettantistici è arrivata e a farne le spese è proprio quella classe forse più debole o se vogliamo quasi invisibile. Un’Italia a due velocità o meglio che si basa su due lunghezze d’onda diverse e che rispecchi forse in pieno il nostro Paese. Da un lato i “professionisti”, dall’altro i dilettanti, quelli che in un certo senso si possono sacrificare. E’ giusto fermare migliaia di persone solo per lo status da dilettanti? Vittime di un sistema che non fa parte del gotha: calciatori, allenatori, presidenti che non viaggiano in prima classe? Bisognava fermarsi? Certo, ma forse tutti insieme! Fatto sta che per la prima volta nella storia del calcio nostrano, i dilettanti si fermano e con loro una serie di emozioni, gioie, dolori ma anche e soprattutto uomini, ragazzi, giovani padri di famiglia che soprattutto al Sud vivono di questo, di calcio e che molto probabilmente sono anche tra quelli che non hanno nemmeno ancora ricevuto i bonus promessi e stanziati dallo Stato. E così tanti saluti ai sacrifici di chi a marzo rispettava tabelle, si allenava in cucina, fuori al terrazzo e soffriva perché economicamente era senza tutele. Invisibili perché i dilettanti sono quel calcio che non conta, che non si vede. Per chi vive di calcio è un altro schiaffo, quello che colpisce dritto al cuore. E adesso forse ne arriverà un altro con i promossi e bocciati magari decisi sulla carta. Ma oggi ci sarà il Consiglio della Lnd e come afferma il Presidente Sibilia «Sarà tutto più chiaro, ma anche difficile. Valuteremo, però, tutte le questioni e domani sera uscirà un documento ufficiale. Il buon senso prevarrà, questo è certo da quando ci sono io. Noi siamo stati coloro che il 23 febbraio abbiamo fermato i primi campionati, non giochiamo dalla prima settimana del mese di Marzo. La nostra decisione è stata coerente con il momento in cui si è andata ad affermare la tragedia del Covid. Abbiamo sempre voluto ragionare in ottica di sistema: sempre pronti a fare proposte, sempre presenti al tavolo della Federazione e del Governo». In merito poi al futuro di alcune squadre dichiara: «Abbiamo timore, perché oggettivamente con la crisi economica che ha scatenato il Coronavirus, potremo avere un calo di società di circa il 30%, ossia 12mila società e migliaia di squadre. Siamo riusciti ad andare avanti finora, ma ci aspettiamo maggiore vicinanza da parte delle Istituzioni sportive e governative. C’è il timore di perdere tutti i piccoli imprenditori che tengono in piedi il sistema. Se ripartiamo noi, riparte l’economia reale» Per quanto concerne invece l’ipotesi che si è atteso troppo tempo per definire la conclusione dei campionati dilettantistici, replica: «Li abbiamo interrotti il 23 febbraio al Nord, poi la prima domenica di marzo in tutto il Paese. Abbiamo partecipato a tutti i tavoli di Federcalcio e Governo, per tenere alta l’attenzione di tutti su questo mondo. Siamo stati partecipi delle decisioni prese, soprattutto per far capire la valenza sociale del nostro mondo. Se avessimo chiuso subito i campionati, non avremmo avuto la stessa attenzione».

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