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Il ritorno di Bassolino? Fallimento della politica

Una cosa non può certo negarsi: che Antonio Bassolino, classe 1947, originario dell’hinterland napoletano, la politica sappia farla per bene. La lenta costruzione della sua ricandidatura, se non proprio un’opera d’arte, che sarebbe forse troppo, è certamente una macchina tecnicamente ben riuscita. Ha iniziato da quando ha lasciato la Regione senza rinunciare ad esser presente un po’ su tutte le questioni di maggior interesse (con parole per vero spesso appropriate); ed è stato favorito dall’assenza pressoché totale di personale politico di rilievo, fatto salvo qualche sindaco capace quando non anche eroico, di località però troppo piccole per far da tribuna. La macchina ha poi via via accelerato con l’avvio dell’ultimo anno di sindacato de Magistris, e dunque col profilarsi all’orizzonte della competizione per le candidature. Ed è stata diretta con sagacia: con la tecnologia del momento e quindi con un continuo twittare; e con il creare interesse intorno alla sua persona, mantenendo enigmatica la decisione finale e dunque sapientemente accrescendo l’interesse intorno ad essa. Ha poi proseguito la sua strada con interventi della “società civile”, alias – con ogni probabilità – di vecchi amici e sodali da lui stesso, direttamente o grazie a solleciti giornalisti, invitati ad intervenire nel dibattito per appoggiare o reclamare la sua insostituibile candidatura. In tal modo e lentamente, se non impercettibilmente, il consumato uomo politico è andato creando un – mediatico, non reale – ambiente favorevole alla sua persona, che taluni sono giunti a definire l’unica in grado d’assumere le redini dell’amministrazione cittadina. L’esito non è da poco: rendere potabile la ricandidatura dell’uomo sotto la cui guida la Regione Campania è stata per anni nei titoli di testa di tutto l’orbe terrestre perché sommersa dai rifiuti, non è operazione da ragazzi. Affermare che l’unica personalità di prestigio ed adatta al ruolo è quella sotto la cui azione politica ed amministrativa s’è creato un disastro ambientale di proporzioni epocali, sarebbe parso sino a qualche tempo fa uno sproposito, ed invece chi l’ha detto ha evidentemente trovato possibile farlo e, bisogna dirlo, nessuno ha seriamente reagito. Ma l’ho scritto: Bassolino è politicamente assai capace e la politica, come ci hanno insegnato da Machiavelli alla Arendt, è il regno della menzogna: chi più abile è a dirla, la farà più strada. Nessuna meraviglia, dunque. Un po’ di meraviglia in più dovrebbe destarla, si fa per dire, il fenomeno che sta sullo sfondo di questa vicenda: l’assenza di ruolo delle forze politiche. Se una cosa i partiti, come formazioni intermedie tra comunità ed apparati, avrebbero il compito di fare, questa è la formazione dei quadri da cui attingere il personale per la gestione delle istituzioni attraverso rappresentanze elettive o nomine. Noto che a Napoli, più o meno, ci sono circa un milione di persone, con quasi ottocentomila elettori; Antonio Bassolino di anni ne ha sessantotto, sessantanove compiuti quando si candiderà alle elezioni, se riuscirà a farlo. Praticamente, la sua candidatura significa saltare due generazioni, significa che il suo partito ritiene di non poter proporre persona degna e non usurata, di trenta, quaranta, cinquanta o sessant’anni, in grado d’amministrare senza l’ipoteca che grava da macigno sul ventennio d’esperienza bassoliniana. Questo è dato di particolare gravità, perché significa una cosa molto negativa: che i partiti e le formazioni politiche, anche quelli che nel disastro nazionale sono ancora in qualche modo strutturati, non soltanto non formano dirigenze politiche ma anzi ne impediscono l’emersione: ostacolano, cioè, giovani leve dotate d’entusiasmo e volontà d’impegnarsi nel percorso che va dalla comunità alle rappresentanze politiche. Significa che questi partiti sono semplicemente delle macchine al servizio della conservazione del potere impedendo il ricambio che nella politica, come nelle cose sociali (e vitali) in genere, ma nella politica in modo particolare, è assolutamente essenziale. E probabilmente quest’inversione di ruolo delle organizzazioni politiche, non è affatto l’ultima delle ragioni del degrado in cui ci muoviamo: dove al potere restano sempre le stesse persone o vi giungono arrembanti che riescono ad eludere i controlli.

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