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Il Rizzoli e la buona sanità: asportato tumore di tre chili

Salvata una giovane paziente colpita da un tumore ovarico che le ostruiva completamente l’addome, grazie alla collaborazione tra reparto di chirurgia e ginecologia: un intervento straordinario che dimostra una volta di più la professionalità dei sanitari impiegati presso l’ospedale isolano

Spesso si è portati a pensare che una notizia per essere tale debba essere necessariamente una cattiva notizia. Quella che invece vi raccontiamo oggi è una bella notizia, è una notizia di buona sanità, di quelle che una volta di più ci dovrebbero rendere orgogliosi del nostro ospedale Rizzoli e soprattutto dai professionisti che vi prestano servizio. Perché è troppo facile sparare a zero quando qualcosa non funziona appieno, ma non è giusto che poi passino in secondo piano delle vere e proprie imprese di natura sanitaria, che tra l’altro – abbiamo poi appreso – non sono nemmeno al primo caso di specie. La storia che vi raccontiamo è legata ad un intervento delicatissimo che è stato effettuato presso il nosocomio lacchese dove una giovane donna ischitana – molto conosciuta, dell’età di 40 anni – è stata operata per l’asportazione dalle ovaie di una massa tumorale benigna che pesava addirittura oltre tre chili. L’intervento è stato effettuato lunedì scorso, l’allarme è scattato quando la paziente si è recata presso il Rizzoli lamentando forti dolori addominali. La prima significativa attività da parte dei medici è stata quella di comprendere se il problema partisse dall’utero o da altre zone addominali. A questo punto hanno lavorato in simbiosi i reparti di ginecologia e chirurgia riuscendo ad avere un’idea chiara di quello che fosse il problema.

La massa tumorale asportata alla paziente

Insomma, si è compresa a un certo punto l’esigenza – e soprattutto l’urgenza – di liberare la paziente dalla voluminosa formazione espansiva ovarica benigna. Un intervento abbastanza delicato anche perché verosimilmente una volta portato a compimento non avrebbe più consentito alla donna di poter aspirare alla maternità. Non solo, basti pensare che un ovaio ovaio regolare misura in media 2 centimetri e mezzo di diametro. Quello tolto alla paziente ischitana ne misurava 40 di centimetri, vale a dire venti volte di più. Numeri che bastano a comprendere come ci si trovasse davanti ad una enorme palla che per essere estirpata ha impegnato l’equipe della sala operatoria per quasi due ore. La paziente è stata intubata e sottoposta a ventilazione meccanica nella Rianimazione. L’intervento è stato effettuato dal dott. Mimmo Loffredo della chirurgia dell’ospedale Rizzoli che ha permesso l’asportazione in blocco della massa presente nell’utero di circa 3 chili. Con lui in sala operatoria tra gli altri il primario di ginecologia dott. Nicola Annunziata, poi il dott. Alessandro Russo e l’anestesista Luciano Impagliazzo. Se l’intervento fosse stato ritardato e il problema non diagnosticato per tempo, la 40enne ischitana poteva finire vittima di una occlusione intestinale, con tutte le conseguenze del caso peraltro facilmente immaginabili. Impossibile stabilire da quanto tempo quella ‘palla’ di tre chili premesse sull’addome della paziente, anche se da una prima diagnosi sembra che la malattia non abbia compromesso altri organi. I medici stanno aspettando l’esito dell’esame istologico per stabilire se la donna dovrà sottoporsi a chemioterapia. 

In ogni caso, siamo davanti a un intervento davvero straordinario per la sua complessità e che è indicativo del fatto che per riuscire ad ottenere una buona sanità non servono solo i mezzi ma anche (se non soprattutto) le risorse umane. Il dott. Annunziata, primario del reparto di Ginecologia, spiega a Il Golfo: “Parliamo di una paziente quarantenne che non ha figli ma desiderosa comunque di diventare mamma. Questa massa che le comprimeva l’addome arrivava fino allo stomaco e creava fastidi alle alle vie genitali. Inizialmente gli esami non avevano dato responso chiaro, soltanto una volta aperto l’addome potevamo avere un’idea dello stato dell’arte e regolarci su come agire”. Il primario ha poi aggiunto: “E’ vero che in casi del genere è da considerarsi l’ultimo dei problemi, ma in ogni caso anche la piccola incisione che abbiamo effettuato mirava a preservare lo’aspetto estetico. Alla fine però quel che conta è che siamo riusciti a rimuovere la massa e conservare intatto l’utero, rispettando così la volontà della paziente”. Nunziata poi aggiunge: “Masse così grosse? In passato, quando prestavo servizio altrove, ne ho asportata anche una di sette chili. Inutile sottolineare che c’è grossa soddisfazione per l’esito dell’operazione, per un intervento del genere di norma ci si rivolge altrove ma siamo riusciti a fare un ottimo lavoro anche al Rizzoli: e tra l’altro, da due anni che dirigo il reparto di ginecologia sull’isola, di soddisfazioni ne sono arrivate tante. Tra l’altro qualche tempo fa sempre sull’isola eseguimmo un altro intervento simile su una giovane paziente di 28 anni, estraendo ben 28 masse benigne dall’utero: nella circostanza sia il Cardarelli che l’ospedale di Pozzuoli risposero alla giovane che andava tolto l’utero, cosa che noi riuscimmo a scongiurare”. Al dott. Annunziata chiediamo infine quali sono state le reazioni della paziente al risveglio dall’intervento chirurgico e lui risponde: “E’ stata contenta quando ha saputo che siamo riusciti a fare in modo che possa continuare a coltivare il sogno di diventare mamma. Era al settimo cielo, il suo sorriso è stata la nostra più grande soddisfazione…”.

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