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Il tempo passa, ma la scuola non dimentichi

DI ANTONIO SICILIANO

Ne è passato di tempo, ma certe cose è sempre opportuno non dimenticarle. 27 gennaio 1945: le truppe sovietiche avanzano verso Berlino, ormai senza trovare resistenza. Le sorti del conflitto sembrano ormai segnate e la Germania si sta avviando verso una rovinosa quanto pesante sconfitta. Avanzando verso la capitale, i soldati dell’Armata Rossa arrivano nei pressi della cittadina polacca di Oświęcim, non lontana da Cracovia. Qui, per primi, scoprono uno dei più incredibili luoghi di orrore che la storia dell’uomo ricordi: il campo di concentramento di Auschwitz. Quei pochi sopravvissuti portarono per la prima volta al mondo la testimonianza diretta del genocidio nazista. Il campo era stato frettolosamente abbandonato dai tedeschi qualche giorno prima e nella ritirata essi si erano trascinati dietro i prigionieri sani, molti dei quali morirono durante quell’ultimo, crudele, esodo forzato.  La “Soluzione Finale”, lo scellerato piano nazista per la “eliminazione del problema ebraico” non passava solo da Oświęcim, ma anche da Dachau,Buchenwald, Bergen-Belsen, Mauthausen, Treblinka. Nomi diventati tristemente noti.

Furono circa sei milioni gli ebrei sterminati durante gli anni dell’Olocausto, un genocidio di proporzioni incredibili e portato avanti con una determinazione e una spietatezza. Compito della scuola è quello di far conoscere alle nuove generazioni queste orrende barbarie che i negazionisti e quelle frange di neo nazisti vorrebbero rinverdirne i nefasti. E’ quello che faremo questa mattina, grazie alla partnership con il quotidiano Il Golfo e l’università telematica Pegaso. Come combattere questa e le nuove barbarie? Basta parlare alle nuove generazioni lontane dalla seconda guerra mondiale e dai libri di storia. Parlarne con testimonianze di quelle poche persone che fortunatamente sono ancora in vita, dopo aver patito le atrocità dei campi di sterminio. Parlare, portare alla ribalta una realtà esistita che le nuove generazioni nati nell’era post bellica e della ricostruzione quando il “pil” italiano di crescita raggiungeva il 7/8 %, non è in grado di immaginare, perché lontana da loro.

Nell’esperienza della mia generazione, ricordare i racconti dei vecchi, dei sopravvissuti alla seconda guerra è stato fondamentale per la formazione della personalità, per combattere qualsiasi forma di sopraffazione specie se fondata sulla razza o colore della pelle. E’ obbligo della scuola e di noi adulti, portare all’attenzione delle nuove generazioni ciò che è stato il nazifascismo. Affinché non possa più ripetersi un simile scempio e degrado dell’essere umano. Non da meno è da ricordare il 10 febbraio, la giornata del ricordo delle Foibe per troppo tempo dimenticate.L’autunno del 1943, periodo immediatamente successivo all’armistizio dell’8 settembre, vide la prima ondata di violenza nei confronti degli italiani in Istria, che vennero in molti casi uccisi e gettati nelle foibe. Le strutture dello stato italiano si erano dissolte, ed i nazisti non fecero in tempo ad occupare tutti i centri strategici precedentemente gestiti dai fascisti, stabilendosi soltanto a Fiume, Pola e Trieste. L’Esercito di Tito colse l’occasione per assumere il potere nelle restanti zone dell’Istria.

DIRIGENTE ITCG E. MATTEI

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