CULTURA & SOCIETA'

In navigazione con lo skipper oceanico Andrea Mura

Il mare e la competizione come punti di riferimento per Andrea Mura, importante skipper cagliaritano di fama internazionale che di recente è stato a Ischia e con il quale abbiamo avuto il piacere di parlare

L’amore per il mare accomuna tutte le persone nate su un’isola, e tra queste vi è sicuramente lo skipper Andrea Mura. Originario di Cagliari e girovago per natura, in oltre trent’anni di carriera ha gareggiato in tutto il mondo tagliando importanti traguardi a livello sportivo che gli sono valsi diversi onori. Di recente è stato sulla nostra isola, ospite di Tonino Di Meglio proprietario dell’Hotel Re Ferdinando a Ischia. Ma andiamo a conoscerlo meglio grazie ad alcune informazioni tratte dal suo palmarès. Andrea Mura nasce a Cagliari nel 1964 e già agli inizi degli anni Settanta comincia a praticare la vela, grazie al padre Sergio, socio fondatore dello Yacht club Cagliari che gli trasmette la passione per le barche. Una serie di vittorie nelle categorie giovanili lo portano alla ribalta tanto che nel 1982, all’età di 18 anni, gli viene assegnata la “Medaglia d’argento al valore atletico”, consegnata dal Ministro Giovanni Spadolini. Dal 1985 è stata un’escalation di successi a bordo delle barche più belle del mondo, dalle più piccole ai Maxi e Super Maxi, sviluppando, progettando e testando vele su vele. Nel 1989 viene convocato per entrare a fare parte del team di Coppa America de Il Moro di Venezia, voluto da Raoul Gardini (imprenditore, velista e dirigente sportivo), vincendo due campionati del mondo, uno in Coppa, uno nella classe 50 piedi e una Louis Vuitton Cup nel 1992. Naviga al fianco di Paul Cayard (importante velista statunitense) in giro per il mondo come randista e aiuto tattico per oltre duemila ore apportando importanti innovazioni al piano velico e al rig nelle 5 barche de Il Moro di Venezia. Nel 2007 acquista da Pasquale de Gregorio l’Open 50 “Wind Express”, progetto Felci, ribattezzandolo “Vento di Sardegna”, utilizzando nella grafica e nei colori dello scafo, lo stemma dei quattro mori, come testimonianza di appartenenza alla sua terra. Con questa imbarcazione vince nel 2008 la Middle Sea Race e per tre anni di fila la Roma x 2 dal 2008 al 2010. Grazie a questi risultati ottiene lo straordinario supporto logistico e patrocinio dello Stato Maggiore della Marina Militare Italiana, mai concesso prima di allora ad un civile e viene eletto socio onorario. Nel 2010 si prepara a partecipare alla Routedu Rhum, sua prima regata transatlantica in solitario, che si svolge ogni quattro anni tra la Francia e la Guadalupa. Parte il 31 ottobre 2010 da Saint Malò, in Bretagna, e arriva primo a Point à Pietre, in Guadalupa dopo 3.600 miglia, nelle insidiose acque del Nord Atlantico. Andrea Mura diventa il primo Italiano nella storia a vincere questa leggendaria regata, sino ad oggi appannaggio solo dei grandi navigatori francesi. Nel 2012 vince le regate transatlantiche Twostar (13 giorni e 14 ore), e Quebec-S. Malò (11 giorni e 12 ore). Nel 2013 vince la Ostar, 2.850 miglia dall’Inghilterra agli Stati Uniti, la più dura delle regate in solitario. Vince di nuovo la Ostar 2017, in 17 giorni e 4 ore, con un vantaggio di quattro giorni dal secondo. Di recente l’impresa più grande di Andrea Mura è quella di aver partecipato alla Global Solo Challenge, un giro del mondo in solitaria per i tre grandi capi con un formato unico. Lo skipper sardo era partito il 18 novembre 2023 ed è arrivato il 17 marzo 2024 a Coruña dopo 4 mesi di navigazione. Abbiamo raggiunto telefonicamente Andrea Mura per farci raccontare la sua esperienza a Ischia e approfondire alcuni aspetti legati alla sua lunga e vittoriosa carriera:

In quali circostanze si è trovato a Ischia e che idea si è fatto dell’isola?

«Sono stato invitato da Tonino Di Meglio, proprietario dell’Hotel Re Ferdinando a Ischia Porto. L’invito mi è giunto particolarmente gradito perché ero stato a Ischia già trent’anni fa in occasione di un campionato italiano che, tra l’altro, ebbi l’onore di vincere. Questa volta ho avuto pochi giorni per visitarla, ma devo dire che l’ho trovata stupenda come la prima volta. Di Ischia ho sempre bei ricordi sportivi e personali, e spero di tornarci altre volte».

Come ha iniziato la sua carriera da skipper e cosa l’ha colpita della vela?

«Ho cominciato grazie a mio padre che era un socio fondatore dello Yacht club Cagliari. È stato lui a trasmettermi la passione per questo sport ed è grazie a lui se ho cominciato a fare le prime gare. A quattordici anni già partecipavo a gare giovanili e inanellavo diverse vittorie che mi hanno dato la consapevolezza di essere forte e di poter sfondare in questo sport. Della vela mi ha colpito immediatamente la libertà che si respira quando si è in mare. Il silenzio, il suono delle onde, la salsedine e il vento sono il massimo per una persona come me che ama il mare in maniera viscerale».

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Lei prima accennava al fatto di aver cominciato fin da giovane a gareggiare. Quando ha capito che la vela non sarebbe stato solo un divertimento, ma qualcosa di più serio?

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«Fin da subito ho capito di poter avere successo in questo sport. Dopo le prime gare mi sono reso conto che dovevo insistere e le vittorie nelle categorie giovanili mi hanno dato ragione. Dopo il primo corso di vela ho gareggiato nel 1976 nelle competizioni per la categoria 420 e già a quattordici anni ero tra i primi tre in Italia. Poi l’anno dopo, a soli quindici anni, sono arrivatosecondo agli Europei, poi vinti due volte, a sedici e diciassette anni. Di lì in poi è stata un’escalation di gioie e soddisfazioni anche in campo internazionale gareggiando contro avversari temibili da ogni parte del globo».

Come ci si prepara ad una gara di vela e qual è l’attitudine che ha lei prima di un’importante competizione?

«La preparazione atletica è molto importante, ma come in ogni sport la testa gioca un ruolo fondamentale. Nella vela ancora di più perché in mare la mente deve essere libera e sgombra da ogni pensiero. È necessario guardare avanti e concentrarsi solo su quello che si deve fare, onda dopo onda. Prima di ogni regata è molto importante la messa a punto della barca, una prassi che richiede tempo e competenze specifiche. Per vincere una gara serve avere il mezzo perfetto ed è tutta un questione di dettagli che, come si sa, fanno sempre la differenza, soprattutto in ambito agonistico. Se la barca è performante lo skipper avrà maggiore facilità nel condurla».

La tecnologia, come in tanti sport, ha fatto passi da gigante anche nella vela?

«Certo, oggi le barche vanno talmente veloce che sembrano delle auto di Formula 1. Questa maggiore velocità si deve proprio alla tecnologia che è entrata prepotentemente anche nel nostro sport. Nella vela, come nelle gare automobilistiche, si parla di aerodinamicità, ma anche di fluidodinamica perché la barca galleggia e tra acqua e scafo c’è un attrito molto particolare. Sfruttare al massimo questi due aspetti è importante per ottenere risultati e andare forte».

Secondo lei come è percepita la vela dagli italiani? È uno sport popolare o di nicchia?

«La vela è sempre piaciuta nel nostro paese, basti pensare agli italiani che nel 1992 si svegliavano alle tre di notte per seguire in diretta tvle gesta de Il Moro di Venezia nella Louis Vuitton Cup e nell’America’sCup da San Diego, in California. Questo amore per la vela, poi, è continuato negli anni seguenti con l’entrata in scena di Luna Rossa. Oggi la gente è ancora appassionata a questo sport, ma non c’è una copertura televisiva completa che consenta alle persone di seguire tutte le gare. Si parla della vela solo durante i grandi eventi, mentre in quelli minori si spengono i riflettori. Non c’è una costanza nel mostrare in tv le competizioni e questo, chiaramente, è deleterio perché non permette alle persone di affezionarsi alle imprese di chi pratica questo sport ad alto livello. Inoltre, le poche sponsorizzazioni nel nostro paese verso la vela non sono viste di buon occhio dalla maggior parte delle persone perché si ha la strana concezione che il nostro sia un’attività per ricchi. Anzi, molte sponsorizzazioni verso sport definiti ‘minori’ sono addirittura vietate e questo è una grave ingiustizia. Oggi in Italia chi vuole praticare la vela a livello professionistico deve fare enormi sacrifici economici e personali. In altri paesi, Francia e Stati Uniti su tutti, la situazione è diversa perché c’è una maggiore apertura mentale».

Concludiamo con la gara che le ha regalato maggiori emozioni. Tra le tante vittorie che ha ottenuto in carriera qual è la più importante?

«È una domanda molto difficile alla quale onestamente non ho una risposta precisa perché sono veramente tante le gare che ricordo con grande piacere. Ognuna di esse mi ha regalato emozioni uniche. Tra le vittorie in team sicuramente c’è quella della Louis Vuitton Cup nel 1992 con Il Moro di Venezia, un trionfo eccezionale che ci ha proiettato come nazione nel panorama internazionale consentendoci di gareggiare all’America’sCup di quell’anno. Anche le vittorie giovanili mi hanno dato enormi soddisfazioni, come i due titoli europei in 420 e il titolo mondiale Juniores 470. Infine, voglio ricordare con piacere la vittoria alla Routedu Rhum del 2010, una regata transatlantica in solitario che si svolge ogni quattro anni e che fino ad allora era sempre stata appannaggio dei francesi. Grazie a quel trionfo ricevetti il premio di ‘Velista dell’anno’ e una serie di onorificenze che porto nel cuore».

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