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«Io, Anastasiya e l’orgoglio del popolo ucraino»

A Il Golfo il racconto di Giuseppe Arcamone, l’ischitano che ha raccontato la sua storia d’amore con una giovane ucraina ma napoletana d’adozione, recentemente scomparsa. I sentimenti di stima per un popolo che difende fieramente la propria terra e, soprattutto, la propria libertà

DI MARIA ELETTRA IRACE

Giuseppe Arcamone è l’ischitano che ha raccontato sui social la sua storia d’amore con Anastasiya, una giovane ucraina ma napoletana d’adozione, recentemente scomparsa. Con i suoi racconti Giuseppe porta una preziosa testimonianza di come l’amore e il legame tra culture diverse possa arricchirci come persone. In questo particolare momento storico lo abbiamo intervistato per conoscere le impressioni e il punto di vista degli amici ucraini con cui è in contatto, che vivono al confine con la Russia e sono testimoni ogni giorno degli sviluppi del conflitto in corso dal 24 febbraio 2022.

Giuseppe, ci racconti, se ti va, la tua storia e cosa ti lega all’Ucraina?

«Il mio legame con l’Ucraina nasce quando qualche anno fa conobbi una ragazza ucraina di nome Anastasiya, con la quale sono stato assieme per alcuni anni prima della sua scomparsa, per un’amara ironia il giorno dopo del mio compleanno nel luglio del 2021. Nei circa otto anni della nostra relazione grazie a lei ho potuto conoscere l’orgoglio e la straordinarietà del popolo ucraino. Anastasiya viveva a Napoli, ma aveva passato il lockdown dalla madre in Emilia Romagna, a maggio 2021 era tornata in città e soggiornava in un B&B quando è morta improvvisamente. Quando è successo sono venuti qui dall’Ucraina il padre Sergey, stimato cardiochirurgo in pensione, la madre Ludmila e la cugina Olga. Io sono ancora in contatto con la sua famiglia, loro non parlano italiano (a parte la madre che da anni vive a Cervia) e io non parlo ucraino ma riusciamo a comunicare tramite i traduttori».

Mi dicevi che il padre vive in una delle prime città ad essere colpite, com’è la situazione lì?

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«Sergey purtroppo vive appunto a Kharkiv, una città a nord-est vicina al confine con la Russia e per questo la prima a essere bombardata. Ci tengo a riportare un suo messaggio che fa capire bene quello che stanno vivendo: “Buongiorno, figliolo. L’attentato è iniziato alle cinque del mattino e ora viene sparato. Non così intenso come ieri. Il bombardamento di Kharkiv di ieri è stato terribile. Aree residenziali, vicino al mio istituto. Questa è stata la deliberata distruzione dei cittadini di Kharkiv. I militari non c’erano affatto. Questo è un puro crimine di guerra contro il popolo ucraino. Il mondo intero dovrebbe saperlo. Settanta soldati sono stati uccisi dai bombardamenti di artiglieria nella città di Akhtyrka. 100 km da noi. Ma lì sono state bombardate scuole e un asilo nido, colpendo 18 persone e uccidendone 5. Nella regione di Kharkiv 16 bambini sono stati uccisi. Bombardieri sono volati ieri sera da Belgorod (Russia) a Kiev. I negoziati non hanno prodotto nulla. Non sono finiti. Ma Putin ha intensificato le ostilità per intimidire. Nonostante due settimane fa avesse avuto un stent al cuore voleva tornare in ospedale per dare una mano. Io ovviamente visto il suo stato di salute gli ho consigliato di non muoversi. Lui abita leggermente fuori dalla periferia di Kharkiv. Lì c’è un forte senso di appartenenza, sono orgogliosamente ucraini».

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«Il mio legame con l’Ucraina nasce quando conobbi Anastasiya, con la quale sono stato assieme per alcuni anni prima della sua scomparsa, avvenuta il giorno del mio compleanno nel luglio 2021. In quasi otto anni trascorsi con lei ho conosciuto un popolo straordinario. Lei aveva trascorso il lockdown dalla madre in Emilia, poi era tornata in città e soggiornava in un B&B quando è morta improvvisamente»

Un’altra persona di cui mi parlavi è la cugina di Anastasiya, Olga.

«Sì, io e Olga siamo coetanei, lei invece abita vicino al centro di Kharkiv. Questa città rappresenta un punto d’ingresso strategico e per questo è stata la prima a essere colpita ma i valorosi ucraini stanno tenendo testa».

Credi che si aspettassero che la situazione degenerasse in questo modo?

«Il figlio di Olga si è sposato il 22 febbraio, due giorni prima dell’inizio della guerra, a riprova del fatto che nessuno almeno lì si aspettasse una situazione del genere. Pensa che la madre di Anastasiya era appena tornata dall’Ucraina quando è scoppiata la guerra, e praticamente nessuno aveva presagito niente, almeno da loro».

Noi come paese dipendiamo dalle risorse energetiche della Russia. La situazione è complessa, non trovi?

«Sicuramente la situazione è complessa, però quello che sta accedendo non può essere ignorato. L’appartamento della madre di Anastasiya si trova a circa trenta, quaranta km dal confine russo. Lei nei giorni precedenti vedeva dei carri armati ma si pensava che l’esercito fosse lì a mo’ di minaccia. A questo punto mi sembra che tutto possa accadere».

«Sicuramente il loro coraggio e orgoglio, il loro patriottismo. C’è un forte sentimento di appartenenza. Per questo sono sicuro che terranno duro anche in questa situazione. Mi rendo conto della complessità della questione ma bisogna supportare il popolo ucraino, perché di vero c’è che loro hanno subito un’invasione. Ben venga che gli Stati Europei accolgano questi rifugiati»

Ho letto quello che hai scritto sulla città di Odessa e sulle similarità tra le nostre culture: puoi spiegarlo a beneficio dei lettori?

«Dopo la caduta dell’impero Ottomano quella zona entrò nella sfera d’influenza russa. Lo zar dell’epoca volle quindi costruire una città che fungesse da snodo commerciale, Odessa per l’appunto. Affidò quindi l’incarico a un napoletano d’adozione, l’ammiraglio Giuseppe de Ribas, nato a Napoli da un nobile spagnolo al servizio dei Borboni. La città doveva essere costruita da zero, quindi Odessa divenne quasi un’America per i napoletani che intendevano fare fortuna. Carpentieri, falegnami, marmisti, muratori furono i primi a “emigrare” per costruire materialmente la città. Poi ovviamente si svilupparono i commerci e si formò una vera e propria enclave napoletana che durò qualche generazione. Anastasiya mi incuriosì con questa storia, su cui poi negli anni ho letto tanto, e mi diceva che gli abitanti di Odessa sono molto simili al popolo napoletano nel carattere e nei modi. Tanto è vero che si diffuse una leggenda metropolitana secondo cui O’ sole mio sarebbe stata scritta a Odessa. Il brano fu scritto e composto a Napoli in realtà, però di vero c’è che Eduardo di Capua, il musicista che compose le musiche, trovò ispirazione a Odessa, città in cui si trovava assieme al padre violinista in un’orchestra. Addirittura pare che di Capua fosse stato ispirato da un’alba sul mar Nero. La musica napoletana e italiana è molto apprezzata lì. Anastasiya un po’ come le persone di Odessa si sentiva napoletana d’adozione, amava Napoli e quest’angolo di mondo. Una cosa curiosa che mi raccontava è che la Crimea nelle sue caratteristiche paesaggistiche è molto simile al Golfo di Napoli. Quando sua madre venne qui per i funerali per caso ci trovammo a passeggiare per Ischia e a un certo punto vide uno scorcio in particolare, si fermò e disse: “Ma qui mi sembra di stare in Crimea!”. Questa cosa mi emozionò molto, perché mi confermò le impressioni di Anastasiya».

«Non ho mai sentito sulla pelle una guerra come sento questa. L’altro giorno ero in auto tornando a casa dall’ufficio e per un attimo ho immaginato che l’assenza di traffico fosse dovuta a un coprifuoco in atto, e che fossimo sotto attacco. Ero terrorizzato e ho pensato che questa sensazione di angoscia che ho provato solo per qualche secondo la stanno provando davvero tutti gli amici in Ucraina»

Qual è l’aspetto che ti ha colpito maggiormente della cultura ucraina, che magari non conoscevi?

«Sicuramente il loro coraggio e orgoglio, il loro patriottismo. C’è un forte sentimento di appartenenza. Per questo sono sicuro che terranno duro anche in questa situazione. Mi rendo conto della complessità della questione ma bisogna supportare il popolo ucraino, perché di vero c’è che loro hanno subito un’invasione. Ben venga che gli Stati Europei accolgano questi rifugiati. Qui a Ischia c’è una vera e propria comunità ucraina che vive qui da anni e si è integrata nelle nostre realtà. Aiutano i parenti che sono rimasti lì con grandi sacrifici. Io mi chiedevo spesso come mai molti scegliessero di venire proprio qui al sud e Anastasiya mi spiegava che in realtà i loro valori sono molto simili ai nostri, il senso di famiglia, di appartenenza. Anche le loro feste sembrano le nostre, molti parenti, molto cibo e così via».

Tanti punti in comune, forse anche questo accresce lo sgomento che stiamo provando tutti?

«Non ho mai sentito sulla pelle una guerra come sento questa. L’altro giorno ero in auto tornando a casa dall’ufficio e per un attimo ho immaginato che l’assenza di traffico fosse dovuta a un coprifuoco in atto, e che fossimo sotto attacco. Ero terrorizzato e ho pensato che questa sensazione di angoscia che ho provato solo per qualche secondo la stanno provando davvero tutti gli amici in Ucraina, che sono persone come noi. Il figlio di Olga essendo ventenne è prescritto per l’esercito, per ora non sono stati chiamati ma lei da madre vive con angoscia questa cosa. Pochi giorni fa mi ha mandato un video di una bomba che è caduta a pochi metri dal suo palazzo, si è dovuta rifugiare da amici, vivono vestiti per essere pronti in caso dovessero scappare. È una situazione assurda».

In molti paesi la guerra è all’ordine del giorno, forse quello che ci ha sconvolto è che questo stia accadendo in Europa e vicino a noi?

«Abbiamo una comunità di circa novecento ucraini a Ischia, forse è anche questo. Abbiamo amici, fidanzati o comunque ognuno di noi conosce qualche ucraino. Chi ha mai conosciuto un siriano? Quelle persone hanno patito cose terribili, ma non avendo contatti con loro a volte sembra che le cose non accadano, purtroppo».

Tutte le guerre sono ingiuste e bisognerebbe evitarle, a qualsiasi latitudine. Cosa speri che accada e se ti va, che messaggio vuoi trasmettere a chi ci legge?

«Spero che la situazione si risolva presto, anche se ormai mi sembra che nessuno possa fare pronostici e vorrei esprimere la mia solidarietà a tutti i fratelli ucraini che stanno vivendo giorni difficili, siamo con voi!»

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