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«Io, Chuck Norris e Bill Wallace: ecco il mio mondo»

di Stefano Arcamone

 

BARANO – Negli occhi di Pasquale Di Paola, 57 anni, istruttore di K-1, gemella meno aggressiva e più elegante del muay thai, si può scorgere, ancora intatto, l’orgoglio di chi ha trascorso la vita sul ring.

Innanzitutto da atleta, con tre titoli italiani, due di seconda categoria ed una di prima, ed una pre-convocazione nella Nazionale di taekwondo per i mondiali del 1987 di Monaco, il momento più bello e al contempo più brutto della sua carriera agonistica. Quindi da maestro di arti marziali, capace di tirar su generazioni di atleti e che oggi si coccola Blanaru Adorian, ultimo campioncino sfornato dal Team Norris e fresco campione italiano nella categoria 75 kg.

L’amore di Pasquale per la lotta nasce da piccolo, al cinema. «Ero fissato per i film di arti marziali, non me ne perdevo uno». Ed allora, ad appena 14 anni, decide di mettersi alla prova, di emulare i suoi idoli cinematografici. Solo che, nell’Ischia degli anni ’70, trovare una palestra di arti marziali è impossibile. Così inizia ad allenarsi da solo, copiando i primi colpi dalle riviste che trovava in edicola. E va avanti fin quando «il mitico mister Fofò, l’ex massaggiatore dell’Ischia, non aprì a San Ciro la prima palestra di judo».

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Due anni di prese, contatti, disciplina ferrea. Ma l’istinto chiama, Pasquale vuole sperimentare altre forme di combattimento, «magari contro tanti avversari», proprio come in quei film visti da ragazzino. Così con Nello, amico di allenamenti e di vita, decide di fittare una stanza a Buonopane e creare lì la loro palestra. «Iniziammo a sperimentare boxe e karate tradizionale allenandoci con i libri ed un sacco artigianale fatto di sabbia». Passione pura, di quella che non ti fa fermare di fronte a nulla. «Ma non avevamo né tecnica, né logica: i risultati non erano eccellenti».

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La svolta arriva per caso, durante un soggiorno di sei mesi in Germania. Ed ancora una volta fu il cinema a suggerirgli la strada. «Vidi una locandina con questi due personaggi che indossavano guantoni e tuta: erano Chuck Norris e Bill Wallace. Alla fine della proiezione avevo una sola idea in testa: imparare il full contact». Cominciò subito subito, in una polverosa palestra di Monaco, dove nei due mesi successivi apprese i primi rudimenti della disciplina.

Il richiamo dell’isola, però, non tarda ad arrivare. Torna, si sposa, mette al mondo cinque figli. Ma ormai il dado è tratto. E dopo qualche ricerca, scopre il maestro Alfredo Apicella e la sua palestra a San Giorgio a Cremano. È la svolta tanto attesa, per Pasquale. Che comincia con le gare agonistiche e scopre di essere bravo a tal punto da guadagnarsi la convocazione per il ritiro della Nazionale di taekwondo in vista dei Mondiale del 1987.

«Arrivai a Roma da campione italiano, ero la prima scelta anche se eravamo in tre ad allenarci». Dietro l’angolo, però, c’era il destino. Pronto a sferrargli un colpo durissimo. «All’improvviso ho sentito il ginocchio cedere, s’era rotto il crociato anteriore. Era l’ultimo giorno di allenamenti, fu una delusione enorme».

Il momento più bello si trasforma così in quello più brutto. La carriera agonistica di Pasquale si conclude all’improvviso, ma la passione per le arti marziali continua ad ardergli dentro. «Se non potevo combattere, allora dovevo allenare». E si getta a capofitto in questo nuovo capitolo nella sua incredibile parabola con la stessa tenacia che lo ha sempre contraddistinto. Insegna regole e disciplina, porta i ragazzi a combattere, alcuni vincono anche delle gare. «Ma girando per l’Italia mi resi conto che l’interesse per il full contact stava scemando, mentre erano sempre più gli atleti che praticavano questa nuova disciplina, il muay thai».

Chi ha passione per qualcosa è curioso per natura, e per Pasquale le arti marziali sono il centro stesso della sua vita. Così si informa, inizia a studiare. E dopo un paio di anni prende il diploma, «uno dei tanti conseguiti negli anni», per insegnare la muay thai. Siamo alla metà degli anni ‘90 «e da quel momento non ho più smesso, anche se adesso insegno K-1, una variante della disciplina dove le gomitate non sono ammesse».

Adorian, il suo pupillo, siede al suo fianco, all’esterno della palestra di Fiaiano. A 18 anni ha conquistato il suo primo titolo seguendo gli insegnamenti di Pasquale. «È con me da quando era poco più di un ragazzino, ormai è come un figlio» ammette orgoglioso, forse intravedendo qualcosa di sé in quel ragazzo che ha lasciato la Transilvania per trasferirsi ad Ischia con la sua famiglia. Perché Adorian sta per diplomarsi geometra ed il pomeriggio lavora in un’azienda di trasporti. «Ma se lo vedi mentre si allena, ti accorgi che ha un’energia incredibile, sembra nato per combattere». Proprio come il suo maestro. E chissà che questa volta non ne nasca davvero una storia da film, come quelle che hanno fatto da filo conduttore in tutta la sua vita.

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