«Io, medico per una vita: e continuerò ad esserlo»
Luigi Mattera, al pari del collega Carmine Barile, va in pensione dopo 42 anni a servizio della comunità. Definisce “bellissimi” gli anni che hanno caratterizzato il suo percorso professionale e poi spiega: La medicina oggi è burocrazia, c’è molta meno empatia. Il paziente oggi è un numero sulla carta e io non mi ritrovo con questo modo di fare»

DI ARIANNA ORLANDO
Dopo 42 anni a servizio della comunità come medico di famiglia, il dottore Luigi Mattera lascia la convenzione della mutua, così come il suo collega Carmine Barile che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi. A Il Golfo rilascia una toccante e a tratti commovente intervista in cui ripercorre le tracce del suo percorso professionale e soprattutto umano. Inizia con una breve riflessione sui tempi che cambiano.
Quattro decenni ed oltre sono davvero tanti. Cosa è cambiato dall’inizio ai giorni nostri?
«Dopo 42 anni il mondo cambia. La medicina oggi è burocrazia, c’è molta meno empatia. Il paziente era prima un membro della propria famiglia, al giorno d’oggi è un numero sulla carta e io non mi ritrovo con questo modo di fare. La nostra missione era soltanto quella di risolvere un problema al paziente, oggi per arrivare a questo scopo è necessario passare attraverso una serie di azioni burocratiche che complicano le cose. Il mondo a volte cambia in peggio».
Il medico di famiglia è una figura importantissima perché ha una funzione sociale insostituibile. Sapere di non avere la possibilità economica al giorno d’oggi significa non potersi curare privatamente e significa rinunciare a sentirsi al sicuro. Il medico di famiglia non deve essere solo “colui a cui ci si rivolge per le prescrizioni” ma una figura piena di affetto per il paziente, esente dagli interessi personali e capace di comprendere con la famosa semiotica tutti i segnali che il corpo invia.
«Esatto. Al giorno d’oggi manca l’affetto tra il medico e il paziente perché di mezzo ci sono troppi mezzi tecnologici. C’è il computer che prescrive le ricette, ci sono gli strumenti di diagnostica che facilitano le diagnosi, ci sono le file per le prenotazioni che permettono a un paziente della sanità pubblica di farsi visitare sei mesi dopo dal momento della richiesta. È un mondo che ti obbliga ad agire nel privato ed esclude le persone con poca possibilità economica».
Come riassumerebbe lei in poche parole questi 42 anni di esperienza medica?
«Bellissimi, sono stati anni di esperienza bellissimi. Non rinnego nulla di ciò che ho fatto, nemmeno la fatica, nemmeno l’impegno, nemmeno la scelta di andare via perché ripeto: questo mondo che cambia non mi somiglia. Ho incontrato tante persone e riscontro adesso un affetto grandissimo che quasi non mi aspettavo ma per i miei pazienti io ci sarò sempre. Certo, in questi 42 anni qualcosa di spiacevole è accaduto: casi clinici complessi ma ho risolto qualche problema, ho visto persone guarire e stare bene. Tutto sommato sono stati anni felici. Sbagliare è umano, l’infallibilità è di Dio: per un medico conta cercare di sbagliare il meno possibile. Un medico deve essere cordiale anche quando è triste, così ci hanno insegnato i nostri mentori. E io ho cercato di comportarmi sempre in modo da mettere a suo agio il paziente».
L’amara constatazione: «La sanità di oggi? È un mondo che ti obbliga ad agire nel privato ed esclude le persone con poca possibilità economica»
Perchè ha scelto di diventare medico?
«Io vengo da una famiglia in cui non c’è nessun medico. In maniera quasi incosciente sono stato attratto da questa professione. Gli anni di università sono stati meravigliosi e appena laureato, ho iniziato subito a lavorare come medico della mutua. Molto formativo per me è stato il periodo trascorso al pronto soccorso della clinica San Giovanni Giuseppe dove ho avuto modo di imparare moltissimo, soprattutto dai miei colleghi, in particolare ricordo il dottor Giovanni Ferrandino. Il dottore Agostino Mattera Iacono è stato poi il mio punto di riferimento come medico della mutua. Per essere un bravo medico bisogna avere empatia e pensare poco al guadagno perché in quanto medico abbiamo la responsabilità della vita di un uomo e del suo diritto di avere delle giuste risposte e anche una buona accoglienza».
Quando salutiamo il dottore Luigi Mattera, lasciamo dietro di noi una persona gentilissima e calorosa che immediatamente ha intercettato il nostro stato d’animo e ci ha messo a nostro agio. Dietro a tutte queste parole ci sono persone e lui lo sa benissimo.