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Ischia celebra San Giovan Giuseppe della Croce

DI ANTONIO LUBRANO

Oggi sabato 5 marzo. E’ un giorno speciale per gli ischitani, soprattutto di Ischia Ponte, ossia di quell’antico  Borgo di Celsa che fu luogo natio del giovinetto  Carlo Gaetano Calosirto e poi del servo di Dio Fra Giovan Giovan Giuseppe della Croce. Due passaggi di vita innestati in una sola ammantata da eventi  straordinari illuminati da luce divina fino alla chiamata in Paradiso. Oggi sabato 5 marzo, qui a Ischia non è un giorno come un altro, si festeggia la volata in cielo di un proprio concittadino vissuto fra Ischia, Napoli (convento di S. Lucia al Monte) e Piedimaonte d’Alife (Convento di Monte Muto) tra il ’600 ed il ‘700 donando i propri averi ai poveri, la propria saggezza, i consigli a nobili in pena, l’intera sua lunga vita  monastica al servizio dell’Ordine e del signore  fra sofferenze   sopportate con stupefacente soavità di spirito. Molti hanno provato a descrivere la storia della sua morte avvenuta  in Napoli il 5 marzo del 1734. Lo ha fatto anche un nostro illustre sacerdote che dal 1926 fu canonico e poi parroco (dal 1937)della chiesa parrocchiale dello Spirito Santo fino a diventare Vescovo di Castellammare di Stabia nel 1951. Ci riferiamo a Mons. Agostino D’Arco mirabile figura di uomo di chiesa tutto d’un pezzo e vanto di una diocesi che dovette lasciarlo partire molto presto  per un’alta promozione che per i suoi amati parrocchiani  era già nell’aria. Descrivere con tanta dolcezza e dovizia di particolari il trapasso del Santo, significa averlo tenuto nel cuore con solida convinzione. E Don Agostino D’Arco negli anni in cui è stato parroco dello Spirito Santo ad Ischia Ponte era capace di questo e di tanto altro come dimostrano la stima ed i riconoscimenti ricevuti in premio. Don Agostino D’Arco scrisse il seguente pezzo di storia nel 1934 in occasione del secondo centenario della morte di San Giovan Giuseppe. Vale la pena seguire: ”Secondo l’uso degli Alcantarini, scrive Don Agostino d’Arco,  pochi istanti prima di morire, il Superiore gli domandò se chiedesse, per carità, il rituale abito vecchio da seppellirsi. Ed il Santo assentì col capo, ma con le mani toccò la sua tonaca, come per dire: “provatevi  a trovare nella comunità un abito più vecchio  e rattoppato di questo che io ho portato  addosso per 64 anni ! “ – Sul meriggio del venerdì  da lui predetto, come riscosso da una estasi profonda, disse: “Pochi momenti mi restano di vita”. Tutta la comunità si raccolse intorno  a lui ed incominciò la raccomandazione dell’anima a Dio tra lacrime e singhiozzi.  Il Superiore volle dargli l’ultima assoluzione…mentre Giovan Giuseppe della Croce, chinata soavemente la testa e rialzatala subito,affissò lo sguardo, ebbro di una celeste  contentezza, nell’immagine  della cara Madonna , stella della sua vita; e come se volesse chiudere  gli occhi in dolce sonno , senz’altro  movimento, spirò. L’anima sua, irraggiata di gloria, saliva agli splendori eterni. Era il 5 marzo 1734, precisamente due secoli fa ! Aveva 84 anni. Le campane di Napoli in quell’ora suonavano  a distesa, per  invitare i fedeli a recitare  il saluto angelico e col loro  armonioso  suono si confondeva la musica  degli Angeli osannanti alla gloria  di un novello  Santo ! L a morte fu per lui un’apoteosi. Non era per anco spirato, quando apparve circonfuso di splendore  divino  a D. Diego Pignatelli duca di Monteleone,  a Innocenzo Valletta nobile napoletano, a F. Buono dell’Assunta, assicurandoli della sua gloria eterna, ed al Barone  di Bassano, consolandolo nelle sue eterne angustie, nelle sue penose infermità, ed assicurandolo della vicina guarigione. Il cadavere si conservò eccezionalmente flessibile, anzi  bello, colorito, odoroso, tanto che sembrava dormisse. Ammirabile pure la leggerezza del cadavere che fu trasportato come un fuscello sopra le teste di un infinito popolo prostrato, per ben tre volte dalla chiesa in sagrestia e viceversa. Impossibile descrivere il concorso del buon popolo napoletano e d’Ischia, all’annunzio del la morte, sparsosi misteriosamente. Basti dire che l’affluenza  e la ressa della folla  al convento  ed alla chiesa di S. Lucia al Monte fu tale che, per timore  che il furore talvolta vandalico del popolo non facesse scempio  del corpo, si stimò necessario piantonarlo con una buona guardia  armata. Ma inutile  precauzione, perché gli alabardieri  di S.M. il Re di Napoli non potettero impedire  che la folla impetuosa, per avere una reliquia, strappasse a brandelli  ben tre abiti del Santo, facesse a pezzi tre tavole  del feretro ed il lungo drappo nero di cui era ricoperto. Ad impedire nuovi abusi, i Padri  di S. Lucia al Monte furono costretti  a calare  nella fossa le venerate spoglie  del Santo, di notte, a porte chiuse, mentre una calca sterminata di gente  tumultuava  al di fuori e faceva ressa per entrare”. Ssn Giovan Giuseppe della Croce ha fatto parlare di se sempre e molto, quand’era in vita da ragazzo nel suo Borgo di Celsa, e dopo la morte nella medesima Ischia Ponte  ed a Napoli dove svolgeva funzione speciali di confessore richiesto delle nobildonne partenopee affinche alleviasse le loro pene.  I miracoli compiuti  che lo portantino alla beatificazione  prima ed alla santità dopo gli fecero crescere la su popolarità. Ischia attraverso la penna ed il pensiero autorevole dello storico Mons. Onofrio Buonocore, o eleva a “Il più bel fior d’Aenaria” ed il canonico  Francesco Colonna  ne 1924 gli dedica la bella “coroncina” ossia l’inno  “Oh Gran  Santo Protettor…” ricorrente ancora oggi fino all’eternità. Quindi oggi sabato  5 Marzo, l’ischitano, di Ischia Ponte, della mandra , dell’Arso, di via Leonardo Mazzella fino a San Michele, Sant’ Antuono, Campagnano e piano liguori, non lavora, indossa il vestito della festa e la propria casa è inondata del profumo della cucina speciale  della festa preparata dalla donna di casa. Vittima sacrificale sull’altare dell’appetito il classico coniglia alla cacciatora. Il 5 marzo  giorno di San Giovan Giuseppe nessuno ischitano si fa mancare la rituale pietanza consumata dopo il Pontificale del Vescovo, il panegirico al Santo e la supplica durante la messa di mezzogiorno. Il 5 marzo è vissuto cos’ oggi a Ischia.

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