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Ischia, cemento su cemento

Sono circa 600 le case abusive colpite da ordine definitivo di abbattimento sull’Isola maggiore dello splendido arcipelago partenopeo. Arriva a 27mila, invece, il saldo delle pratiche di condono presentate dagli abitanti in occasione delle tre leggi nazionali. A eccezione di alcune sporadiche demolizioni portate a termine negli ultimi anni su disposizione della magistratura, ma anche dagli stessi proprietari, qui sopravvive un ecomostro di cemento illegale, spesso costruito senza nemmeno l’attenzione per la sicurezza degli abitanti in un territorio estremamente fragile. Cemento che si è aggiunto a cemento in modo spontaneo, occupando e indebolendo versanti che poi, sotto le forti piogge, spesso cedono trascinando a valle tutto quello che trovano sulla loro strada. Nel novembre del 2009 morì tragicamente una ragazza bloccata dal fango nella sua automobile e 20 persone rimasero ferite; già nell’aprile del 2006 una frana aveva ucciso quattro persone. Nonostante ciò, nel 2010 gli abusivi, i sindaci, finanche il parroco, sfilarono in testa a un corteo di 3mila persone per chiedere lo stop alle ruspe mandate dalla Procura di Napoli. Eppure, sebbene lentamente, quelle 600 case verranno abbattute, non hanno scampo. Non c’è condono, passato, presente o futuro che le possa salvare. Nell’ottobre del 2015, dopo ben 35 anni dall’ingiunzione dell’ ordine di demolizione, il Tar di Napoli ha condannato il comune ischitano di Serrana Fontana per non aver eseguito l’intervento, nonché le proprietarie dell’immobile in cui erano state realizzate le opere senza autorizzazione.

 

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