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Ischia è ancora “paravise giuventu”?

Nel 1952, componendo “ Ischia mia”, Antonio de Curtis ( Totò) definiva la nostra isola “ Paradiso di gioventù”, dove il mare è sempre blu, il cielo è un incanto e il golfo è un vanto. E’ ancora così? Il mare, sappiamo, è ancora bellissimo, ma con  problemi di inquinamento, che dobbiamo assolutamente risolvere. Ma è ancora l’ambiente ideale per i giovani? E ci riferiamo alla popolazione giovanile endogena, essendo abbastanza evidente che, per i turisti giovani ,l’isola offra troppo poco. Credo che se facessimo un referendum, tra i giovani ischitani, per stabilire se la maggioranza di essi è contenta di vivere ad Ischia, prevarrebbe largamente il “ sì “. L’isola è ancora troppo bella perché i giovani vi rinuncino a cuor leggero. E’ ovvio che a non soddisfarli subentrano altri motivi: la mancanza di lavoro, di prospettive, soprattutto per chi ha studiato e conseguito un titolo di studio, a volte con risultati lusinghieri. Non sono soddisfatti delle infrastrutture esistenti, dell’insufficienza dei servizi, della pochezza della politica locale; e non sono soddisfatti di quello che i loro genitori, in qualche caso anche i nonni, hanno fatto per preservare l’isola dalla speculazione, dal degrado materiale e morale che – a loro parere – ha rubato il futuro all’attuale generazione. Di giovani che vanno a fare esperienze nel centro- nord dell’Italia, in Europa ( Inghilterra in testa) o in altri Continenti ( Australia, ad esempio) ce ne sono tanti. Ma vi sono anche alcuni ritorni ( definitivi) o semplicemente frequenti temporanei ritorni ; e non solo per il cordone ombelicale familiare, quanto per la nostalgia dello “ scoglio”. Oggi il vero conflitto di classe ad Ischia, sembra essere quello intergenerazionale: figli contro padri. Non viceversa. Quasi mai i padri ( o i nonni) contro i figli. E qui sembra esserci il nocciolo di un problema serio. Perché i padri non replicano, non si difendono, non espongono le loro ragioni? Perché le generazioni degli anni 50-60, primi anni 70, non rivendicano – con forza – il merito di aver assicurato un apprezzabile livello di benessere familiare, aver assicurato un’istruzione importante ai propri figli? E di essersi anche battuti per una società migliore, sia pure rimanendone sconfitti? Perché non accusano, a loro volta, i figli di aver ripagato questi sacrifici dei genitori, con risposte assolutamente inadeguate e deludenti: il nichilismo, il cinismo, l’alcol, la droga, l’ebbrezza della velocità ( in auto o moto)? Nel tentativo di dare qualche risposta, faccio ricorso a due eminenti studiosi della società. Il primo studioso è Massimo Ammaniti, professore di psicolopatologia dello Sviluppo presso la Sapienza di Roma, che -in un recente saggio, dal titolo “ La famiglia adolescente”, ha sostenuto che non solo i figli sono adolescenti, ma anche i genitori sono adultescenti, ovvero adulti che insistono a voler apparire “ amici” dei figli, alla pari e non gerarchicamente educatori . Attenzione che qui c’entra poco il discorso della maggiore età. Tutto, anagraficamente, si è spostato in avanti; i giovani permangono sotto lo stesso tetto dei genitori o, comunque a carico dei genitori, ben oltre i 18 anni. Pertanto, i genitori hanno il diritto-dovere di prolungare la loro attività di educazione. I genitori di noi esponenti delle generazioni nate 70,60, 50 anni fa, erano rigidi, a volte anche con reazioni fisiche ( lo scapaccione, la sculacciata), altre volte con la semplice autorità etica, con l’esempio, con l’austerità comportamentale. Contro quei genitori, con un salutare scatto di odio-amore, ad un certo punto della nostra vita e della nostra evoluzione, ci ribellavamo, rivendicavamo il diritto all’autodeterminazione. Era il segno dell’emancipazione e della consapevolezza di se stessi. Oggi i genitori moderni appaiono indecisi, privi di ogni autorità, “ molli”, ridicolmente “ giovanili”, quasi a competere con i propri figli sul loro campo, del divertimento, della leggerezza, del rincorrere convulsamente il presente, della connessione perenne, dell’esigenza di “apparire”, ovunque e comunque, prima ancora di “ essere”. Questi genitori ( e i loro figli) non capiscono il valore della “ noia”, parola dalla radice latina “ in odio”, avere in odio. La noia, dal Romanticismo in poi, non è più intesa come la madre di tutti i mali, ma come la transizione verso un nuovo mondo, un nuovo sentire, direbbero i tedeschi una nuova weltanshauung. L’uomo ha bisogno di non riempire ogni interstizio temporale, ma di lasciare uno spazio temporale esistenziale per riflettere e carpire il “ senso delle cose e dell’esistenza”. L’altro studioso, Zigmunt Bauman si è soffermato sul concetto di “ giovani liquidi”. Secondo il sociologo, oggi i giovani hanno una tale molteplicità di opportunità davanti ai loro occhi, da essere continuamente assaliti dal dubbio di intraprenderne una meno conveniente di un’altra, di aver preso un tram che non sia quello che li porta esattamente dinanzi alla porta che desideravano si aprisse per loro. Diverso,invece, era il caso dei giovani delle generazioni passate, ai quali i nonni o i genitori, autorevolmente, consigliavano un percorso da seguire, dando ai giovani la sensazione di dover perseguire quel preciso obiettivo, senza tentennamenti e senza la paura di aver rinunciato ad altro o, in alternativa, il giovane che contestava l’indicazione paterna, decideva di recidere ogni legame e ogni condizionamento, tagliando i ponti ed emigrando, alla ricerca di tutt’altro obiettivo. In ogni caso, senza incertezze e senza rimpianto. Il giovane di oggi, sostiene Bauman, ha bisogno di sentire la scelta incerta che ha fatto, come transeunte e in cerca di altre possibilità. Non gli interessa la ricerca dell’identità, ma la intercambiabilità delle opzioni. Se tutto questo è vero, come può e deve comportarsi la scuola e che cosa possono fare gli amministratori locali e i politici? Non conosco, in maniera approfondita, la situazione della scuola ad Ischia. Intuisco, dall’esterno, che vi sono alcuni ottimi Presidi e professori ed altri di minore spessore. So che in tutta Italia, silenziosamente, si sperimentano nuovi metodi e nuove tecniche di didattica, con risultati eccellenti soprattutto nelle scuole elementari. Però, non nascondo di essere profondamente preoccupato da un recente indirizzo, molto in voga nelle scuole dell’Emilia Romagna ( a Bologna, nei Licei Fermi,Copernico,Minghetti) e non so di eventuali applicazioni ad Ischia. Mi riferisco al metodo dell’apprendimento cooperativo o didattica cogestita, del superamento della lezione frontale. In altre parole, si intende superare la gerarchia insegnante-alunno, con l’orizzontalità dell’insegnamento, nel quale alunni e professori possono trovarsi sulla stessa cattedra. Perché mi preoccupa tutto ciò? Ma per il fatto che farebbe aumentare il disorientamento, accentuerebbe la mancanza di riferimenti, di modelli. Se, alla leggerezza dei genitori, alla loro mancanza di autorità, andiamo ad aggiungere anche la perdita di autorità dell’insegnante, è mia modesta opinione che i giovani precipiterebbero nella più totale confusione. Più autorità ( dei padri, delle madri, degli insegnanti) meno autoritarismo, ma anche meno lassismo. E la politica? Gli amministratori locali? Loro, purtroppo, sono i maggiori responsabili del cinismo e del nichilismo dei giovani, per la loro amoralità, per la loro propensione a fagocitare e corrompere la nuova generazione. I giovani avrebbero maledettamente bisogno di modelli positivi, etici, efficaci. I politici possono ingannare per qualche tempo i giovani col solo fascino della comunicazione ma, alla lunga, se non c’è sostanza, se tutto si ferma all’eloquio e alla parola, avviene il corto circuito e tutto irrimediabilmente si spegne.

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