«Ischia, il luogo delle mie prime volte»: Francesca Comencini si racconta tra cinema, memoria e radici
La regista ospite al Film Festival con il suo nuovo lavoro “Il tempo che ci vuole”, un omaggio intimo al padre Luigi Comencini e al legame con la madre napoletana

di Antonio Iacono
Nel panorama del cinema d’autore italiano, Francesca Comencini è una voce fuori dal coro: intensa, lucida, personale. Ospite del Film Festival di Ischia, ha presentato Il tempo che ci vuole, un film che parla di tempo, perdita e memoria, ma anche di radici profonde. Figlia del maestro Luigi Comencini e di madre napoletana, la regista ha raccontato in esclusiva a Il Golfo24 il senso di tornare su quest’isola – “luogo delle mie prime volte” – e il significato emotivo di un’opera che affonda nelle sue origini.
– Francesca Comencini, cosa significa per lei tornare a Ischia?
«Ischia è il luogo delle mie prime volte. Ci sono venuta da bambina, con la mia famiglia. I ricordi che ho legati a quest’isola sono forti, vividi, pieni di luce. Ogni volta che torno, mi sembra di rientrare in una parte fondamentale di me stessa»
– Nel film che ha presentato, Il tempo che ci vuole, c’è un forte legame con la figura paterna. È un film biografico?
«Non in senso stretto. È un film molto personale, sì, ma non è un ritratto diretto di mio padre. Piuttosto, è una riflessione sul tempo, sulla memoria, su ciò che resta quando le persone che amiamo non ci sono più. Mio padre è una presenza forte nella mia vita e in questo lavoro. Ma non è una celebrazione: è un dialogo con lui, con me stessa, con la nostra storia.»
– Ha detto che l’incontro tra suo padre e sua madre “gli ha salvato la vita”. Cosa intendeva?
«Mia madre era napoletana, e quell’incontro gli ha aperto mondi, emozioni, prospettive che forse da solo non avrebbe mai esplorato. È grazie a lei che ha conosciuto un certo tipo di calore, di umanità, di ironia meridionale. E forse anche un certo modo di vedere il cinema e la vita.»
– Nel suo cinema c’è sempre un rapporto molto forte con i sentimenti, le relazioni familiari…
«Sì, credo che il cinema debba scavare nelle pieghe dell’intimo. Le relazioni, soprattutto quelle familiari, sono complesse, stratificate, a volte dolorose. Ma sono anche quello che ci definisce. Raccontarle è un modo per cercare di capirsi.»
– Cosa rappresenta per lei questo film festival ischitano?
«Un’occasione preziosa per portare il cinema dove può ancora incontrare lo sguardo autentico delle persone. E poi, farlo qui, in un luogo che per me ha così tanto valore affettivo, è stato emozionante. Ischia ha un’anima, e il cinema qui la respira.»
Il tempo che ci vuole è un film che parla di radici, di affetti, di ciò che resta nel tempo. E la voce di Francesca Comencini, dolce ma intensa, lo racconta con sincerità. Ischia, con la sua luce e la sua storia, è ancora una volta lo scenario ideale per una narrazione che unisce arte e vita.