CULTURA & SOCIETA'

ISCHIA in 3 P – Paesi, paesaggi & persone – Il ruolo degli alberi nella terra di Ischia

Nel paesaggio tipico della nostra terra di Ischia, gli alberi hanno una parte importantissima, sia che parliamo di paesaggi più o meno naturali , nei quali, quindi, l’intervento umano non ha avuto nessun ruolo o un ruolo molto modesto, quasi insignificante, sia invece che ci riferiamo a veri e propri paesaggi umani e tra questi soprattutto ai paesaggi rurali. Tra i primi ( i paesaggi sensibili o visivi, naturali, secondo la definizione datone dal Biasutti nel 1947 e 1962) ) potremmo citare ad esempio i pendii scoscesi delle nostre coste laddove mai è stata fatta una coltivazione né un imboschimento artificiale o qualsiasi manipolazione da parte dell’uomo ( rughe calanchive che solcano i versanti soprattutto meridionali dell’Epomeo, la Scarrupata, La Scannella, ecc.).

In questi paesaggi in verità gli alberi sono rari o perlomeno non sono raggruppati a formare formazioni boschive propriamente dette (Giova però ricordare che gli alberi sono una componente del paesaggio e non l’intero paesaggio!). Tra essi il leccio, da noi detto Lucign(a) o lucini(a) ( Quercus ilex L. ) , la roverella volgarmente identificata come Ciercul(a), Cercol(a) ( Quercus del gruppo robur), l’orniello , da noi conosciuto come frass(o) (Fraxinus ornus L.) , accompagnati da un folto gruppo di arbusti tipici della macchia meditrerranea ( lentisco, alaterno, olivella, ecc. ) . Nei paesaggi non naturali, ovvero che nella loro strutturazione hanno visto l’opera determinante dell’uomo, dobbiamo annoverare sia le pinete secolari di Ischia che quelle più recenti del bosco della Maddalena(Casamicciola) e di Fiaiano nel comune di Barano. Stesso discorso per i relitti di pineta che nel comune di Ischia di estendono da via dell’Amicizia in giù passando per il maneggio, fino a via dello Stadio. Le pinete non sono quindi degli ecosistemi a livello Climax : sono perciò destinate fatalmente a regredire sotto l’incalzare di malattie, attacchi di insetti, nuovi insediamenti umani, ecc. , a meno che l’intervento dell’uomo non le mantenga sempre in vita con nuovi interventi volti a ricostituirle od a riparare le parti via via danneggiate. In caso contrario la successione ecologica porta all’affermazione del bioma strettamente connaturato all’ambiente fisico e geografico del luogo. Nel nostro caso la lecceta pura, o la macchia mediterranea nella sua composizione man mano più evoluta. Lo stesso discorso potremmo fare per i castagneti che ricoprono le nostre zone collinari e pedemontane ( pendici dell’Epomeo ): anche il castagno (Castanea sativa L.) non è specie spontanea. Dappertutto in Italia, nei tempi andati, è stata oggetto di intensa piantumazione nei terreni più difficili per l’agricoltura per trarne cibo (castagne) e legname sia d’opera ( paleria ) , sia da costruzione (travi, infissi) che da fuoco ( focolare domestico sia come legna che come carbone, panificazione, ecc.) . Nei castagneti abbandonati, specialmente se attraversati dal fuoco o debilitati da malattie ed attacchi ripetuti di insetti dannosi, si intromettono lentamente specialmente la quercia ed alcuni arbusti che tracciano la strada per altre specie più evolute ed esigenti. Il discorso si complica se il castagneto è contiguo a terreni abbandonati dall’agricoltura. In questo caso vi è una prima espansione verso quelli del castagno ( per disseminazione naturale ) e solo successivamente vi è un impossessamento importante da parte di arbusti e alberi della macchia mediterranea ( Erica, Corbezzolo, ginestra comune, lerca, ecc. , in un primo stadio, poi a seguire lentisco, alaterno, quercia, leccio, orniello, ecc., con varie gradazioni che dipendono anche dai fattori ambientali : esposizione, giacitura, tipologia e qualità del suolo, piovosità, ecc. Secondo il Gambi ( 1962 e 1973) il paesaggio umano concettualmente è da riferirsi a quel paesaggio attraverso cui si riconoscono i << fatti sensibili dell’operosità umana >> . Val bene quindi la considerazione che i nostri boschi a macchia mediterranea ( del Montagnone, di Fondo d’Oglio, di Zaro, del Caruso, della Scannella, ecc. ) che fino a pochi decenni orsono venivano sistematicamente e periodicamente tagliati per farne soprattutto legna da ardere, erano identificabili come paesaggi umani ,seppure la loro origine fosse del tutto naturale e spontanea. Oggi , quegli stessi paesaggi, in cui la mano dell’uomo è quasi del tutto scomparsa o ridotta a ben poca cosa, possono essere riclassificati come paesaggi naturali ? Non si può dare in tal senso una risposta in assoluto affermativa. Una soluzione che più di altre è rispettosa delle dinamiche ambientali ed ecologiche è quella che sposa il concetto di paesaggi in via di rinaturalizzazione o completamente rinaturalizzati . Parecchi di quei paesaggi possiamo affermare che oggi sono quasi del tutto rinaturalizzati !

E veniamo ai paesaggi agricoli, tra tutti quelli più definibili umani, se si escludono i paesaggi urbani, dove la componente biotica di tipo vegetale è molto bassa o del tutto assente. La nostra terra di Ischia fino agli anni cinquanta era interessata per un buon 60% ( è una mia stima personale, ma non credo sia molto distante dalla realtà! ) da paesaggi agricoli. In questi prevalevano le colline terrazzate a vigneti , con muri a secco con pietre vulcaniche trachitiche o di tufo verde (parracine) e ciglioni inerbiti ( puoi(e) , puiar(e)) laddove vi era assenza o penuria di rocce, ma con suoli più coerenti e plastici ( maschione, terre argilliformi di Serrara Fontana, Casamicciola, ecc). Minore l’incidenza paesaggistica degli agrumeti ( Ischia, Casamicciola ) e degli oliveti ( Forio più cospicuamente, poi Barano nel versante costiero che va dalla Scarrupata, Guardiola, Monte Cotto , Monte Barano; Ischia nella zona ora occupata dalla pineta di via dell’amicizia a scendere giù per la Sepsa, via delle Ginestre , via dello Stadio ( in queste ultime zone ancora si rinvengono resti di antichi oliveti, poi prevaricati dalla pineta piantata nel periodo fascista). Per avere una conferma di quanto vi ho detto bisogna consultare un libro fotografico della professoressa Ilia Delizia, dal titolo ISCHIA D’ALTRI TEMPI, purtroppo non più reperibile in commercio, ma sicuramente consultabile nella Biblioteca Antoniana di Ischia.

Per quanto riguarda il contributo degli alberi nella composizione dei paesaggi urbani della nostra isola, essi sono da individuare principalmente nelle alberature stradali, in quelle dei parchi pubblici e nei giardini delle abitazioni private. Il più delle volte vi è una commistione o una compenetrazione più o meno importante con le altre tipologie di paesaggio . L’esempio classico è la pineta secolare di Ischia, intimamente legata per stretta prossimità al paesaggio urbano del comune di Ischia.

I CORRIDOI BIOLOGICI possono anch’essi essere di tipo naturale o artificiale. Di solito si intende per corridoio biologico naturale un tratto di territorio o un elemento del paesaggio nel quale sono concentrate specie vegetali e animali non presenti nell’intorno o presenti in maniera frammentaria/casuale o non presenti affatto e comunque privi di organizzazione e stabilità. Il termine corridoio da direttamente l’idea del collegamento tra parti più o meno vicine o più o meno lontane del territorio, e quindi del paesaggio visibile e sensibile. Collegamento soprattutto tra viventi ( piante ed animali , nell’accezione più ampia). Il corridoio biologico quindi svolge più funzioni: 1) di stabile insediamento di specie vegetali che nell’intorno trovano condizioni sfavorevoli; 2) di rifugio di specie animali che in esso trovano condizioni di “non disturbo”, ma anche opportunità alimentari, di facile riproduzione, ecc. 3) di propagazione delle specie sia animali che vegetali che in esso trovano ospitalità nel resto del territorio. Da questo punto di vista i corridoi biologici svolgono una funzione di conservazione del Creato, quello che oggi si ama chiamare biodiversità Il sistemi delle siepi nei seminativi intensivi, ad esempio possono essere considerati dei corridoi biologici naturali se non impiantate dall’uomo e conservate allo stato spontaneo. Sulla nostra isola esempi di corridoi biologici naturali sono i calanchi che dalle pendici dell’Epomeo calano verso la costa. Dalla Piazzetta della chiesa di San Ciro, al Ciglio, se si guarda verso monte si osservano alcuni di questi calanchi con una folta vegetazione di macchia mediterranea. Tutt’intorno è la tipica prateria di graminacee rupestri, qualche raro arbusto e, in primavera, un fugace rigoglio di piante annuali, presto preda della siccità estiva. Il fondo del calanco gode di un microclima favorevole a quel popolamento vegetale ed ai suoi ospiti del regno animale. L’acqua vi scorre perché vi si incanala per il natural declivio, il suolo la trattiene nello sfatticcio di terra e detriti vegetali. I semi vi si raccolgono, altri li portano uccelli e roditori. La natura si insedia e vi prospera stabilmente. Ecco che si è formato il corridoio biologico naturale. E’ la riserva più importante di specie viventi che si possa immaginare e che si possa desiderare per l’ambiente, per il territorio in cui è presente, per il paesaggio che ne viene abbellito, per il Creato che in esso trova la sua pienezza.

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*Agronomo e naturalista

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