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Le verità di Teresa Del Deo: «Rovinata dal mio vicino, ma non mollo»

Quella del dissidio tra te e Giacinto Mattera è una storia molto lunga, che affonda le proprie radici in tempi risalenti. Ultimamente la vostra querelle si è arricchita anche di un nuovo episodio, del quale parleremo dopo. Quello che ora però maggiormente ci interessa è che tu ci spiegassi come è iniziata questa storia.

«Tutto ha avuto inizio quando andammo dal sindaco Del Deo per ottenere l’occupazione del suolo pubblico. Benché io abbia presentato una regolare richiesta, non mi hanno concesso l’autorizzazione. Mi hanno dunque detto: “Devi prima aprire (il locale, ndr) e poi avrai il suolo pubblico”. Sono riuscita ad aprire il 26 giugno (di quest’anno, ndr), ma del suolo pubblico neanche l’ombra. I due metri e trenta che ho davanti al mio locale sono di mia proprietà: io dal Comune di Forio non ho avuto niente. Ho insistito per lungo tempo, e per l’intero mese di luglio non ho avuto la possibilità di lavorare perché la gente, benché io abbia un bel salone-giardino, preferisce stare all’esterno. Durante il mese di luglio, pertanto, chiudevo presto: inutile restare aperti, tanto nessuno sarebbe venuto. Successivamente ho parlato con il mio avvocato, che mi consigliò vivamente di mettere in atto una protesta. Seguendo il suggerimento del mio legale, ho preso i tavoli e le sedie e li ho messi tutti fuori dal mio locale. La mia protesta era contro il sindaco, che mi aveva promesso che sarebbe venuto a Citara per risolvere una volta e per tutte la questione. Del Deo non si è mai fatto vivo, così come non si è mai fatto vivo il presidente del consiglio comunale, l’avvocato Michele Regine. Mi dissero che non mi sarei dovuta preoccupare, che tutto si sarebbe risolto. Con il passare del tempo, mi sono dovuta preoccupare per forza, e quindi ho deciso di dire basta e protestare. Dopo l’episodio dei tavoli e delle sedie, mi hanno mandato anche i vigili urbani, ma io non mi sono mai scomposta».

L’ultimo episodio al quale fai riferimento è avvenuto alla fine del mese di luglio.

«Sono stata costretta a protestare, perché non stavo lavorando. Ho protestato per lavorare almeno un poco. Stava finendo l’estate e io avevo – anzi ho – i miei impegni, che mio malgrado non ho potuto mantenere. Se ciò non bastasse, (Giacinto Mattera, ndr) mi ha fatto dispetti a non finire».

Potresti elencarcene qualcuno?

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«Uno dei più eclatanti risale alla scorsa estate: prese il motorino e lo parcheggiò tra i tavolini e le sedie che avevo piazzato all’esterno del mio locale. Inoltre periodicamente mi mette le tabelle davanti all’ingresso del locale, i tavolini davanti ai miei tavolini. Insomma, (Giacinto, ndr) ne ha fatte di cotte e di crude».

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Tutti gesti per infastidirti e non permetterti di lavorare in maniera serena.

«Esattamente».

Arriviamo quindi a qualche giorno fa: potresti raccontarci l’increscioso episodio del quale sei stata tuo malgrado protagonista?

«Ero all’interno del mio locale, quando a un certo punto avverto dei rumori provenire dal piazzale. Mio figlio Riccardo mi chiama e dice: “Mamma, guarda che Giacinto sta buttando tavoli e sedie a terra”. Senza dire una parola, esco fuori e rialzo i tavoli e le sedie. Lui, con aria beffarda e ridendo in maniera sguaiata, mi fa: “Tiè, piglia sti cinque euro e va’ a fare la spesa”. Le assicuro che non ho reagito a questa squallida provocazione».

Abbiamo appreso che Giacinto Mattera ti avrebbe rivolto un epiteto decisamente volgare, di quelli che generalmente vengono attribuiti alle meretrici. Ci confermi la circostanza?

«Sì, mi ha insultata, e non è la prima volta che lo fa. È arrivato anche a minacciarmi, e su suggerimento del mio avvocato l’ho denunciato».

Minacce di che genere?

«Non ha minacciato soltanto me, ma anche Riccardo: “A tuo figlio gli spezzo le gambe, lo faccio finire su una sedia a rotelle”. A chi metti su una sedia rotelle, a chi? Mio figlio è invalido al 100%. Ma le minacce non si fermano qui. Giacinto, infatti, mi ha anche detto cose del tipo: “Ti appiccio la baracca, devo dare fuoco a queste quattro foglie di zinco”. A differenza di quello che dice Giacinto, il mio è un locale a tutti gli effetti, e per il quale ho fatto grossi investimenti. Nonostante io sia in regola, non mi hanno fatto lavorare. Oggi – non mi vergogno a dirlo – mi trovo in difficoltà economiche. Tornando al mio vicino, è giusto che Giacinto sappia che deve starsi attento quando parla. Io non mi sono mai permessa di offenderlo, non ho mai detto una parola. Qualche settimana fa, di sera, ha fatto un altro dei suoi “show”. Per almeno un’ora (dalle 20,30 alle 21,30) ha preso di mira mio figlio: “Mongoloide, mongoloide, mongoloide!”. Mio figlio non è mongoloide: ha una sua patologia, questo è vero, ma non è mongoloide».

E in ogni caso nessuno merita di essere ingiuriato in questo modo…

«Giacinto è come un vecchio disco rotto, perché dice sempre le stesse cose: che mio figlio è mongoloide e deve finire su una sedia a rotelle, che la mia baracca deve saltare in aria, eccetera. Che vuole fare più? Per caso gli manca qualcosa? Mio figlio è un ragazzo educato, eppure Giacinto, passeggiando per Forio, lo scorso anno andava dicendo che Riccardo ha bisogno del T.S.O. (il trattamento sanitario obbligatorio, ndr). Il mio Riccardo non ha bisogno del trattamento sanitario, perché non è pazzo».

Ti sei mai chiesta perché il Comune non interviene?

«Non lo so, e infatti avrei voluto saperlo. Ho partecipato ad un consiglio comunale, ma mi dissero che non si poteva parlare di questa tematica. Erano tutti lì: sindaco, vicesindaco, presidente e consiglieri. In quell’occasione mi sfogai, ma non venne dato peso alle mie rimostranze. Vorrei che il Comune rispondesse a questa domanda: ma la piazza di Citara è forse intitolata a Giacinto Mattera, che laggiù la fa da padrone? Quell’uomo mi ha rovinata: perché il Comune non viene a sistemare le cose? Non si è visto mai nessuno, a parte i vigili che mi hanno contestato l’occupazione del suolo pubblico. Devono venire a Citara, perché io ho ragione. Giacinto ha preso possesso del mio spazio con piante alte, ombrelloni e altro ancora. Io come devo lavorare? Me lo sapete spiegare? Nessuno mi vede lì dietro, nessuno sa che c’è Teresa».

Voci di corridoio affermano che Giacinto avrebbe affidato la gestione de “Il Panino” ad un altro soggetto, che starebbe effettuando delle migliorie non autorizzate.

«Che io sappia si chiama Alessandro, lo sto osservando da un po’ di tempo».

Interventi di che tipo?

«Lo vedo con il cemento, si chiudono dentro, rompono a terra. Stavano lavorando anche ieri sera (martedì 12 dicembre per chi legge, ndr). Si metta nei miei panni: mica posso chiamare tutti i giorni i carabinieri?».

Che cosa ti hanno detto le forze dell’ordine?

«I vigili li ha chiamati lui qualche giorno fa, quando ho messo i tavolini fuori sperando che qualcuno venisse approfittando della bella giornata di sole. Giacinto da tempo mi ha messo davanti al locale una montagna di sedie – coperta con un telone – che non permette alle persone di vedere l’ingresso del mio locale. Ad ogni modo, sono venuti Ciro Verde e un altro vigile, che mi hanno chiesto il motivo della mia occupazione. Io ho risposto dicendo loro che stavo protestando».

Ti hanno dunque applicato una nuova sanzione.

«Dopo aver firmato il verbale, ho portato la mia copia all’avvocato».

Sperando che la situazione possa risolversi, vorresti fare un appello a chi di dovere e magari anche allo stesso Giacinto?

«No, non voglio proprio avere a che fare con questo essere immondo. Giacinto Mattera è un falso, non puoi aver fiducia in lui. Sono le istituzioni a dover risolvere il problema. Io al Comune ci sono andata, ma fino ad ora non ho visto niente. Mi hanno fatto fare una protesta, che altro dovrei fare? Il Comune si deve dare una mossa, altrimenti qui succede un quarantotto. Io però non mi fermo, vado avanti per la mia strada. Io voglio i miei diritti, e nessuno me li deve togliere. La legge è dalla mia parte».

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