CULTURA & SOCIETA'

Ischia racconta la tragedia della Shoah

In occasione della “Giornata della Memoria” si è tenuta presso l’Istituto Telese di Ischia la conferenza “Salvati dall’oblio. Ischia e la Shoah” alla quale hanno preso parte diversi relatori

La Shoah è stata indubbiamente una delle pagine più buie e raccapriccianti della storia del genere umano. Per chi non lo sapesse stiamo parlando del genocidio e dello sterminio di tutte le categorie di persone ritenute “inferiori” dai nazisti e dai loro alleati per motivi politici o razziali, tra cui gli ebrei d’Europa. Durante la Seconda Guerra Mondiale, infatti, furono deportati nei campi di concentramento e, poi, sistematicamente uccisi ebrei, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, minoranze etniche, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e portatori di handicap mentali e/o fisici.

Alla fine di questa follia omicida furono milioni i morti e quelli che sopravvissero rimasero per sempre segnati da quella tragica esperienza, basti pensare a Primo Levi. Oggi quei tempi ci sembrano così lontani e diamo per scontato che non possano più accadere orrori di quel tipo. Nulla di più sbagliato perché una delle poche certezze che abbiamo è che l’uomo non impara mai dai propri errori e quindi la storia potrebbe ripetersi se non si tiene alta la guardia. Proprio per questo motivo ogni 27 gennaio ricorre la “Giornata della Memoria” e in vista di questa data simbolica al Telese di Ischia ha avuto luogo la conferenza “Salvati dall’oblio. Ischia e la Shoah”, un incontro rivolto soprattutto agli studenti e alle studentesse presenti in sala. Il primo a prendere la parola è stato Mario Sironi, dirigente dell’istituto: «Come ogni anno la nostra scuolaorganizza eventi in occasione della ‘Giornata della Memoria’ perché è una data troppo importante per passare inosservata. È un momento in cui fermarsi, riavvolgere il nastro e ripercorrere quello che è stato il dramma, la tragedia della Shoah verificatasi, come si sa, nel corso della Seconda Guerra Mondiale per colpa del regime nazifascista.

Alla fine furono milioni i morti tra ebrei, oppositori politici, omosessuali, disabili ed esponenti di minoranze etniche e religiose. A colpirmi di più è sempre stata la scientificità e l’estrema lucidità con cui furono portati a termine quegli abomini dai nazisti che si servivano dei campi di concentramento e degli esperimenti di eugenetica per sterminare le ‘razze’ ritenute inferiori e tenere in vita solo quella ariana. Credo che i nostri ragazzi e le nostre ragazze debbano fare tesoro di incontri come questo per studiare e conoscere una delle pagine più brutte della storia dell’uomo. Solo attraverso la conoscenza possiamo sperare che non si verifichi più una tragedia del genere e che l’odio e l’intolleranza vengano estirpati una volta per tutte dalla terra». Successivamente Lucia Annicelli, Direttrice della Biblioteca Antoniana di Ischia, ha parlato ai ragazzi e alle ragazze di Edgar Kupfer Koberwitz, una figura importante per la storia della nostra isola: «Il mio intervento vuole mettere in luce un personaggio come Edgar Kupfer Koberwitz, scrittore tedesco che è stato a Ischia per tre anni dal 1937 al 1940.

Nessuno come lui l’ha saputa descrivere, raccogliendo sensazioni e pensieri in un libro intitolato ‘Ischia: l’isola dimenticata’, edito da Imagaenaria nel 2003. Dopo l’ascesa del nazifascismo fuggì prima in Francia e poi sulla nostra isola per motivi legati alla sua omosessualità, ma anche per questioni di salute. Contribuì a creare dei flussi turistici verso Ischia che la resero famosa in varie parti d’Europa, soprattutto in Germania. Il 10 settembre del 1940 Edgar Kupfer si recò a Napoli alla prefettura dopo aver ricevuto un telegramma che gli era stato notificato dalla Polizia Municipale, ma una volta lì venne catturato dalla Polizia italiana che lo condusse al confine dove venne poi preso in custodia dalla Gestapo. Venne deportato prima ad Innsbruck e poi l’11 novembre nel campo di concentramento di Dachau.

A nulla servirono le pressanti richieste di liberazione da parte di alcuni ischitani molto influenti dell’epoca tra cui il vescovo Ernesto de Laurentiis. Per cinque lunghi anni Kupfer visse sulla propria pelle gli orrori della Shoah, annotando giorno dopo giorno su fogli di fortuna tutto quello che accadeva nel campo di concentramento in cui si trovava. Kupfer, onde evitare che il suo diario fosse distrutto, decise di sotterrare i fogli in cui raccontava la sua prigionia e solo dopo la liberazione i suoi scritti furono riportati alla luce. Il suo diario venne in seguito pubblicato in varie edizioni ed è oggi molto importante perché la sua è una fonte primaria e diretta che ci consente di ripercorrere l’esperienza dolorosa dei lager nazisti. Lo scrittore, dopo la Liberazione, visse per tanti anni in Sardegna, mantenendo comunque dei rapporti con Ischia. Nel 1986, ormai anziano e molto malato, rientrò definitivamente in Germania dove morì nel 1991.

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Spero davvero che questa figura così importante per la nostra isola possa incuriosire gli studenti e le studentesse del Telese perché è fondamentale che i più giovani prendano coscienza di quello che è stato l’Olocausto». L’incontro si è chiuso con il toccante intervento del Dott. Giovanni Cricco che ha voluto condividere con i ragazzi e le ragazze dell’Istituto Telese la storia del suo bisnonno Giobatta Cricco, vittima della Shoah: «Il mio bisnonno, classe 1899, fu catturato dai tedeschi il 27 settembre del 1944 durante un rastrellamento a Nimis, il suo paese d’origine in provincia di Udine. Da lì fu trasferito prima nel campo di concentramento di Dachau e,solo in un secondo momento, in quello di Buchenwald. In quest’ultimo lavorò presso la fabbrica Heinkel che produceva parti di aerei da guerra. Pocoprima della Liberazione, il mio bisnonno fu costretto a prender parte alla marcia della morte e a tornare a Dachau dove vi giunse il 27 aprile del 1945. Purtroppo morì il giorno dopo, ma la sua morte fu registrata solo il 1° maggio di quell’anno. Da quello che ho potuto ricostruire attraverso le mie ricerche, fu sepolto dagli americani in una fossa comune sulla collina del Leitenberg.

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Va detto che dopo la cattura non si seppe più nulla di lui tant’è che la notizia ufficiale della sua morte arrivò alla mia famiglia solo nel 1963 dalla Croce Rossa internazionale. Mio nonno, che si chiamava anche lui Giovanni Cricco e chesi vide strappare il padre di casa quando era ancora un bambino, cercò comunque informazioni già alla fine degli anni ’50, ma per vari motivi non riuscì mai a ricostruire in pieno le fasi di questa triste storia. Avendo alle spalle una vicenda del genere, ho sentito l’esigenza di fare chiarezza su quello che è accaduto ed è così che mi sono messo alla ricerca di informazioni sulla tragica fine del mio bisnonno. Grazie all’ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti – sono riuscito ad accedere a vari documenti che mi hanno permesso di scavare fino in fondo e di ricostruire gli eventi. Nel 2016 ho compiuto un viaggio a Dachau per toccare con mano le atrocità commesse dai nazisti, esaudendo così il desiderio di mio nonno che per motivi di salute non poté mai andare di persona a visitare quel luogo. Uno dei momenti più emozionanti della mia vita è stato il conferimento della Medaglia d’onore del Presidente delle Repubblicaal mio bisnonno. La cerimonia, tenutasi il 2 giugno del 2019 in Piazza del Plebiscito a Napoli, è stata per me molto toccante e in quell’occasione ho avuto il piacere di ritirare in prima persona la medaglia che custodisco con grande amore. Ad oggi le mie ricerche continuano e nei prossimi giorni sarò a Napoli, in due licei per parlare anche lì di questa storia che oggi ho avuto il piacere di condividere con i ragazzi e le ragazze del Telese. A loro dico di studiare, conoscere gli eventi legati alla Shoah e di essere umani perché solo attraverso la consapevolezza di quello che è accaduto e alla fratellanza possiamo sperare in un mondo migliore, privo di guerre, morti e conflitti».

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