CULTURA & SOCIETA'

SAPORE DIVINO, LE VITI PIANTATE DAI PITHECUSANI

In un libro di prossima pubblicazione la storia enologica dell’Isola d’Ischia. Vini di pregio a Doc e coltivazioni di vitigni autoctoni rappresentano un’eccellenza dell’Isola Verde. Quando la natura è valorizzata da opulenti vigneti , muri a secco e cantine scavate nel tufo

Gastronomia ischitana e vini di pregio sono raccontati nel libro di prossima pubblicazione per i tipi dell’Editrice “Luigi Barbieri”, nota, insieme all’Associazione Culturale “Cristofaro Mennella” per tutta una serie di volumi  scritti nell’arco di oltre quarant’anni sui temi più disparati riguardanti la storia dei Comuni isclani, le emergenze monumentali, le chiese, le acque termali, l’archeologia e i fenomeni endogeni che hanno sempre caratterizzato una terra vulcanica fra le più interessanti del pianeta.

Parlare di piatti tipici locali, ricette tradizionali  e cucina contadina e marinara, e non soffermarsi a trattare adeguatamente l’argomento “vino”,  equivarrebbe a comporre musica senza l’impiego del…pentagramma! Una tavola senza vino è un desco da disgraziati; una pietanza non accompagnata dal “nettare degli dei” è destinata a intraprendere un viaggio triste e solitario e con un traguardo molto faticoso da raggiungere!

Non si tratta di esempi fra il paradosso e il figurato, tutt’altro. Qui si parla di esaltare le specialità gastronomiche, di appagare le giuste aspirazioni del palato,  nel gustare i vari manicaretti, di compiere, infine, un sacrosanto dovere verso lo stomaco, che reclama, a giusta ragione, una digestione facile, piacevole e senza eccessivi affaticamenti. E questo può consentirlo soltanto il vino, quel prodotto esclusivo che madre natura ha voluto elargire agli uomini attraverso la fermentazione del succo d’uva.

Millenni di storia non hanno fatto altro che esaltare il vino ponendolo al centro di episodi importanti e curiosi,  accadimenti verosimili e leggendari; cronache cittadine e fatti biblici tutti più o meno convergenti verso un comune denominatore: il vino che allieta lo spirito, vivacizza le feste, euforizza i convitati, impreziosisce la mensa del ricco e del povero, bendispone l’animo anche nelle circostanze meno liete della vita.

La letteratura di tutti i tempi tesse gli elogi del vino. Bacco, rappresentato con grappoli e pampini che adornano la fluente chioma, brinda instancabilmente con ninfe e fauni nel corso di memorabili merende all’aperto; Polifemo, l’indomabile gigante che insidia il viaggio di Ulisse, sperimenta a proprie spese le abbondanti libagioni propinategli dall’astuto re di Itaca; Nestore, secondo l’iscrizione greca rinvenuta incisa su di una coppa rodia, invitava a bere per “essere presi dal desiderio della ben diademata Afrodite”. Perfino Gesù fu….scomodato alle Nozze di Cana per porre rimedio alla mancanza di vino, giudicata un autentico sacrilegio conviviale!

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Il poeta Giacomo Zanella, con piccoli, delicati versi  riesce a cogliere felicemente gli intimi significati di un legame antico che unisce l’uomo alla vite: ”Il vecchierello ha colmo un nappo/ il suo licor gli cade/dell’ondeggiar del cubito sul mento/poscia floridi paschi e auree biade/ sogna contento”.

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Nell’isola d’Ischia il culto per la vite e il vino ha origini remotissime. Introdotta nel corso dell’VIII secolo dai colonizzatori Calcidesi ed Eretriesi provenienti dall’isola di Eubea, la vite rappresentò coltura di elezione nell’intero territorio ischitano per tutta una serie di concause favorevoli che ne facilitarono la diffusione: il clima ideale la particolare struttura morfologica dei terreni di origine vulcanica, l’aspetto economico-commerciale del prodotto vinicolo più vantaggioso rispetto agli ortofrutticoli in genere e non ultima la “passione atavica” per questa bevanda da parte dei contadini isolani, considerati i maggiori consumatori in assoluto!

Ogni occasione era buona per i nostri “veci” per levare in alto il bicchiere di vino e brindare:” Alla salute”! E proprio riallacciandoci all’aspetto “salute” che ci viene in mente un antico detto foriano:” Quannvvott ‘a tramuntantrola,  senun corre lu bicchiere ogni mezaora, ‘o bene mio se more”! (Quando spira il vento di tramontana, se non si beve un bicchiere di vino ogni mezz’ora, caro mio si muore”!

Dunque la coltura della vite trovò nell’isola vasta diffusione soprattutto nelle località medio-collinari, protette dai venti e favorevolmente esposte al sole. Le vigne furono terrazzate, ricavate cioè sui ciglioni  a strapiombo, attraverso la costruzione di muri di contenimento a secco, in pietra lavica o di tufo dell’Epomeo (“parracine”). Ne derivarono sottili strisce di terreno digradanti dal monte verso la pianura, come un anfiteatro verdeggiante,  ottimamente soleggiato e con il vantaggio di ospitare monoculture più facili da coltivare nel corso dell’anno. Nelle vicinanze, poi, la montagna offriva la possibilità di scavare nelle pareti tufacee lunghe gallerie; delle vere e proprie cantine, fresche, ventilate attraverso sfiatatoi naturali (“ventarole”) da utilizzare sia per la vendemmia, che per la conservazione del vino nelle botti, nei barili e nelle damigiane.

L’Isola d’Ischia è letteralmente disseminata di cellai scavati nel ventre dell’Epomeo e dei monticelli circostanti, ma perfino i grossi blocchi di tufo precipitati dalla vetta, sono stati scavati nel corso dei secoli dalla paziente opera del contadino, che come un novello eremita ha realizzato il suo rifugio: il palmento per “carcare”, la cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, l’edicola rudimentale con il segno della croce, un pagliericcio per riposare e un budello per riporre gli attrezzi, le damigiane, i fiaschi, le bottiglie e i barili colmi di vino. Sono le cosiddette “case di pietra”, non monumenti di trogloditica memoria, bensì recenti opere di edilizia contadina, di architettura rupestre legati soprattutto al culto del vino, che continua a sopravvivere con le immancabili innovazioni tecnologiche, di mercato e di abitudini alimentari.

Negli anni Cinquanta Ischia aveva una superficie vitata di 2.500 ettari, con una  produzione di circa 250.000 ettolitri di vino in parte consumati sul posto e il resto esportati sui mercanti di Napoli, Civitavecchia, Genova, Trieste, Verona e perfino a Marsiglia e nelle colonie francesi dell’Algeria. Dopo un lungo periodo di abbandono dei terreni vitati, a partire dal 1994, grazie ai contributi comunitari per i nuovi reimpianti di viti selezionate,  la produzione vinicola ischitana è notevolmente  aumentata e con un profilo qualitativo  a denominazione di origine controllata che gareggia con i migliori vini italiani.

Nell’isola vengono coltivate diverse varietà di uve. Fra i vitigni a bacca bianca predomina la Biancolella, la Forastera, l’Arilla, la Coglionara, la San Lunardo, l’Arighiotto,  e la Caca-mosca; tra quelli a bacca rossa ci sono il Pe’ePalummo, (Piedirosso), Guarnaccia, Aglianico, Cannamelu e meno presenti il Barbera e il Sangiovese.

Il Biancolella è il classico vino bianco superiore che si accompagna ottimamente ai piatti a base di pesce, crostacei e ad alcune pietanze contadine. Il vino rosso in  generale è indicato nelle pietanze a base di carni, formaggi, spiedini alla brace e al classico coniglio all’Ischitana

La vasta gamma di vini a Doc o della Regione Tipica sono prodotti da una ristretta cerchia di Case Vinicole autorevoli e che nel lungo percorso enologico hanno saputo coniugare alla perfezione le tradizioni vinicole antiche con le moderne acquisizioni delle cosiddette “fermentazioni a freddo” che consentono l’imbottigliamento e la lunga conservazione del prodotto. Ricordiamo a volo d’uccello Le Cantine D’Ambra, Le Cantine Pietratorcia, le Cantine Fratelli Muratori, Le Cantine Mazzella, Le Cantine  Tommasone, Le Cantine Cenatiempo, Le Cantine Tenuta Calitto, le Cantine Perrazzo,

La Vigna Pietrasecca, Le Cantine di Crateca.

Non facciamo torto a nessuno, per ragioni di spazio, nel non menzionare una trentina di aziende vinicole di piccole dimensioni, ma ugualmente meritevoli di essere presenti nel panorama enologico Ischitano per la bontà dei vini prodotti. Per chi volesse approfondire l’itinerario enologico ischitano consulti il  bellissimo Catalogo distribuito dalla Pro Loco Panza in occasione della 15^ Rassegna dei vini “Andar per Cantine” svoltasi dal 20 settembre al 1° ottobre 2023. “Alla salute!”

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