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Juliana De Angelis, un’isolana ospite di Silvio Berlusconi

di Isabella Puca

ISCHIA – Caschetto castano chiaro, impeccabile nel suo tailleur blu notte, è l’inconfondibile profilo dell’ischitana Juliana De Angelis accanto a quello dell’ex premier Silvio Berlusconi impegnato in un discorso al presidente del Partito Popolare Europeo Manfred Weber. Non è la prima volta che lavora per un incontro istituzionale, avvenuto lo scorso mese di aprile a Palazzo Grazioli, ma è comunque un motivo d’orgoglio per Juliana, papà ischitano e mamma tedesca, e interprete per l’AITI (Associazione italiana traduttori e interpreti). «Superata l’emozione – ci racconta Juliana –  mi sono divertita un sacco. Avevo già lavorato in Senato e in altri posti “istituzionali”, ma mai a tu per tu con Silvio Berlusconi. I contenuti dell’incontro sono riservati, la discrezione è un’altra caratteristica che serve in questo mestiere. Nel complesso, è stata un’esperienza molto divertente. Palazzo Grazioli è splendido, come del resto tante dimore storiche in Italia. A prescindere dalle mie predilezioni politiche, mi sono sentita molto a mio agio. Peccato solo che si sia trattato di un pranzo di lavoro e che l’interprete, in questi casi, non riesca ad assaggiare nulla perché è impegnato a sussurrare all’orecchio del commensale di turno quanto viene detto. Dall’antipasto al dolce tutto tricolore, Berlusconi è stato un perfetto padrone di casa… ho visto le foto con Putin e dei suoi figli e quando gli ho detto che venivo da Ischia mi ha detto “ah, una borbonica”».

Sono tanti i personaggi a cui Juliana ha prestato voce e traduzioni, da registi ad attori così come a persone della cultura e dell’arte. Pietro Grasso e Roberto Saviano sono solo alcuni dei tanti nomi. Tedesco, inglese, olandese, francese, e qualche accenno di Hindi e di ungherese, sono invece le lingue parlate da Juliana che non smette mai di studiare. «Le esperienze che lasciano un ricordo più profondo sono sempre quelle che ti coinvolgono anche emotivamente. É bello incontrare, anche solo brevemente, persone che al di là del ruolo che ricoprono incarnano dei valori, restano profondamente umane e, a volte, anche solo per un attimo, si aprono e ti permettono di “guardarle”. Emozionante è stato l’incontro con padre Ibrahim Faltas, custode del Sacro Sepolcro in Terra Santa, o con il Premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi. In quel caso ho tradotto le parole del suo interprete dal farsi, insomma, una “doppia traduzione”». Quello dell’interprete non è un mestiere facile, ma è avvincente seguire le esperienze di Juliana e la spontaneità con la quale si approccia ad ogni personaggio; è forse questo il segreto della sua bravura. «Dopo il liceo classico a Ischia, – ci racconta ancora Juliana – ho studiato alla Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di Trieste, che ti prepara a questa professione nel migliore dei modi. Ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare da subito come freelance, agli inizi alternando quest’attività a corsi di lingue per ragazzi e adulti e alla traduzione di testi scritti, di cui mi occupo tuttora».

Naturalmente, come per tutte le professioni, Juliana ha fatto tanta gavetta, cominciando da piccole manifestazioni e convegni più generici, per poi affrontare linguaggi più specialistici come quelli di un congresso di medicina o di un incontro di politica internazionale. «Occorre una preparazione accurata, tanta curiosità nei confronti di tutti gli ambiti del sapere, la flessibilità di passare da un convegno sulla cantieristica navale a un simposio sulla storia del Medioevo, per fare un esempio, e anche l’umiltà di imparare dai colleghi più esperti». Da bambina Juliana avrebbe voluto, da grande, fare un mestiere che avesse a che fare con l’arte, con la creatività, ma non c’era nella sua idea di futuro un percorso ben definito, «il fatto di conoscere più lingue è sempre stata una dimensione naturale per me, avendo un padre ischitano e una madre tedesca (come spesso accade sull’isola, del resto). A 18 anni avrei voluto studiare archeologia, o medicina, o interpretariato. A far scattare la scintilla forse sono state le conversazioni con una zia tedesca, Claudia, che lavorava al servizio traduzione della Commissione europea a Bruxelles. Ma diciamo che ho trovato la mia “vocazione” man mano. Per poi scoprire che, alla fine, pur nel suo rigore, è un mestiere altamente creativo. Devi essere molto flessibile per riprodurre in tempo reale e a volte davanti a un pubblico motti di spirito, battute. Ovviamente nella traduzione scritta, soprattutto nel caso di testi letterari, la componente creativa è ancora più accentuata».

Per Juliana l’isola non è mai stata un ostacolo se non dal punto di visto logistico in quanto il suo lavoro si svolge soprattutto a Roma, Bologna e Milano, «certo, bisogna spostarsi e viaggiare spesso, e si fa più fatica dei colleghi sul posto. Ma che bello poi, dopo una o più giornate trascorse in contesti istituzionali, tornare a casa (tante volte con l’ultimo traghetto…) e vedere il mare, studiare glossari per il prossimo evento seduti in giardino, a piedi nudi, o, d’estate, godersi una nuotata tra una traduzione e l’altra. Insomma, Ischia è una scelta, e poter vivere la dimensione isolana, più tranquilla e “umana”, è un lusso secondo me. Mi sento fortunata perchè, pur sentendo molto le radici isolane, il mio lavoro mi permette di fare dei soggiorni all’estero anche lunghi, che sono molto importanti per riuscire a fare davvero da tramite tra lingue ma soprattutto culture diverse». Dinanzi alla voglia di fuga dall’isola dei tanti giovani ischitani che credono che l’unico modo per riuscire nella vita preveda l’allontanamento dallo “scoglio”, l’esperienza d’interprete di Juliana ci conferma che, quando c’è la buona volontà e una mentalità aperta, l’isola non è affatto un ostacolo, bensì un trampolino di lancio. «Progetti per il futuro? Continuare a studiare, sempre… e mantenere la passione per quello che faccio, interpretariato e non. Insomma, anche se a volte la stanchezza di trascorrere giornate in una cabina di simultanea si fa sentire, si torna a casa arricchiti dentro».

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