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La Cantina di Tommasone, sulle vie del vino

Gianluca Castagna  Lacco Ameno – «Sono nata e cresciuta a Colonia, in Germania, figlia di un padre ischitano e una madre tedesca. Mio padre Antonio gestisce il suo ristorante a Colonia dal 1987, quindi da ragazzina non immaginavo assolutamente un domani di fare il vino. Anche perché a Colonia non ci sono né vigneti, né cantine». Eppure oggi Lucia Monti è una delle tante giovani protagoniste dell’onda rosa che traina l’agricoltura nel Mezzogiorno, così come fotografata dai recenti dati Istat. La campagna offre prospettive di lavoro e realizzazione sia per chi vuole fare impresa con idee innovative, sia per chi vuole trovare occupazione. Un ritorno alla terra che segna un punto di svolta insieme all’impegno di un lavoro agricolo di qualità al passo coi tempi. Ovviamente, non è stato tutto così semplice e repentino. Ma a un certo punto, questa giovane donna ha capito che dal vino poteva nascere qualcosa di speciale. Ed è cominciata l’avventura de “La Pietra di Tommasone”.
«Mio padre – racconta la Monti – ha ereditato la cantina dal suo papà, mio nonno Tommaso, al quale è stato dedicato il nome dell’azienda. Alla fine degli anni ‘90 ha deciso di ristrutturare cantina e vigneti per iniziare il nostro progetto: produrre il vino, cosa che da generazioni si faceva nella nostra famiglia. Spinta dalla curiosità e da mio padre, ho seguito uno stage di quasi 1 anno in Friuli, presso l’azienda vinicola La Tunella nei Colli Orientali. Lì mi sono innamorata del vino e del lavoro di vignaiolo, sono tornata in Germania a studiare tre anni, tanta gavetta ed esperienza presso i migliori produttori tedeschi di vino, infine la decisione di trasferirmi per sempre a Ischia e seguire personalmente tutte le fasi di produzione, vinificazione e commercializzazione dei nostri prodotti».
Oggi l’azienda si estende su circa dieci ettari coltivati a vigneto e dislocati tutti sull’isola d’Ischia. Sono condotti a gujot francese con una densità media di 5.000 viti a ettaro e una resa di 75/90 quintali a ettaro. La sede principale è a Lacco Ameno, in località Fango, un mare di verde e architetture di vigne che deliziano lo sguardo. Le varietà coltivate sono Biancolella, Forastera e Fiano per i Bianchi, Aglianico e Montepulciano per i Rossi. La filosofia dell’azienda è “fare poco per fare meglio”: tecniche colturali avanzate, bassa produzione di uva per ceppo, perfetta simbiosi tra tipo di terreno e vitigno.

Tommasone (foto secondaria)

Quanto è stato difficile realizzare questo progetto?
«Produrre il vino come azienda giovane oggi sicuramente non porta grande ricchezze, costa tanto lavoro e tanti sacrifici, sia economici, sia di tempo libero. Le soddisfazioni però sono tante, visto che la nostra cantina è in crescita e per me è un po’ come un bambino, un figlio che faccio crescere con tanto amore, ma soprattutto con tanta passione, impegno e pazienza. Non è stato facile per una donna con l’accento fortemente tedesco trasferirsi dalla Germania a Ischia per gestire un’azienda. Guadagnarsi il rispetto di tutte le persone con cui si lavora ha richiesto tempo e anche tanti cambiamenti all’interno dell’azienda, ma alla fine ci sono riuscita. Seguendo e condividendo l’insegnamento principale di mio padre: “Il buon vino si fa in vigna!”».
Da quanto tempo è terminata la vostra vendemmia? Che influenza ha avuto il caldo dei mesi passati sulle uve?
«La vendemmia è durata un mese circa, quindi nelle norma. Abbiamo terminato il 7 Ottobre con la raccolta del nostro Montepulciano per la Riserva “il Pignanera”. Più che il caldo, che ha anticipato i tempi di circa una settimana, a favorirci è stata la pochissima pioggia da maggio a luglio, per cui le uve si trovavano in un stato di ottima salute. La pioggia di agosto ci ha “salvati” perché il troppo caldo può comportare uno stress idrico alle piante. Specialmente i Bianchi hanno bisogno delle piogge e di un po’ di sbalzi termici tra giorno e notte per sviluppare bene i loro aromi. Ogni annata è diversa dall’altra, per noi vignaioli una nuova sfida, perché lavorare con un prodotto della natura comporta tanti rischi. Per questo dico sempre che l’annata si vince o si perde nel lavoro svolto durante il periodo vegetativo. Come vendemmia, posso dire che il 2015 è stata la migliore annata dal 2010. I bianchi promettono buona struttura, grande aromaticità ed eleganza; mentre i rossi si adattano benissimo per l’invecchiamento nelle botti di rovere grazie ad un ottimo stato di salute e a un grande potenziale di struttura».
Da un punto di vista quantitativo, invece, che annata è stata? Paragonata, ad esempio, alle passate stagioni
«Abbiamo un incremento del 15% in più sui bianchi, considerando però che l’anno scorso, per motivi climatici, avevamo deciso di raccogliere proprio poco, ma buono. I rossi, volutamente con un massimo di produzione di 3-4 grappoli per pianta, sono nella nostra norma con 50hl ad ettaro».
Secondo Lei, come si misura la qualità di un’annata?
«Anzitutto da quando arrivano le uve in cantina. Tutte le previsioni fatte solitamente nei mesi di luglio ed agosto diventano inutili se, ad esempio, veniamo colpiti da un settembre molto piovoso. L’uva è la materia prima, se si trova in ottimo stato di salute e maturazione in cantina ci si può soltanto rovinare. L’ enologo non può fare miracoli. Poi bisogna seguire bene la vinificazione, preservare quello che ci regala la natura e cercare di sviluppare al meglio gli aromi tipici, la struttura, il colore. Una volta ottenuti i vini giovani, si può veramente dare una valutazione definitiva».
Quali sono le caratteristiche dell’uva ischitana? Quali invece le problematiche che accomunano i produttori di vino isolani?
«Qui a Ischia le nostre uve sono sicuramente caratterizzate dal mare e dalla terra vulcanica. Elementi che si rispecchiano nei vini, molto minerali, salmastri e profumati. Per i produttori di vino isolano le problematiche sono più che altro legate ai costi molto elevati per la gestione dei vigneti. Nel nostro caso, lavoriamo soltanto con uve provenienti da vigneti di nostra gestione e con i nostri operai agricoli. Abbiamo 10,5 ettari di superficie vitata sparsi per l’Isola tra Lacco Ameno, Sant’ Angelo ed in diverse località di Forio, con progetti definitivi di realizzare altri impianti nei prossimi anni. I vigneti sono locati in microparticelle fino ad una altezza di 400 mt s.l.m., in piccoli terrazzamenti dov’è inevitabile compiere la maggior parte dei lavori necessari manualmente. Questo comporta, ad esempio, il triplo delle ore lavorative rispetto alla terraferma».


Le cantine dell'azienda agricola a Lacco Ameno (foto Tommaso Monti)Un’ etichetta di qualità può diventare oggi un polo di attrazione anche turistico. Secondo Lei i produttori vitivinicoli isolani sono pronti a questa rivoluzione? Conoscono davvero le potenzialità del prodotto enogastronomico isolano?
«Nonostante l’isola d’Ischia sia una delle zone vitivinicole più antiche d’Italia, siamo conosciuti all’estero soprattutto per il mare e le terme. Tristemente quasi nessuno è a conoscenza della nostra grandissima tradizione vitivinicola. Per diventare anche una meta eno-gastronomica è necessaria la collaborazione e l’unione delle aziende vitivinicole del posto, soprattutto adoperandosi per il recupero dei terreni. Perché senza il territorio, non potrà mai arrivare il messaggio nel mondo che la piccola Ischia è un’isola di grandi vini e di una grande storia vitivinicola. L’unione delle aziende più importanti serve a realizzare iniziative per promuovere i vini Ischitani, come ad esempio Cantine Aperte, ma si dovrebbe cercare anche di partecipare a fiere importanti, di livello internazionale. L’appello va anche e soprattutto  ai nostri albergatori: l’invito è puntare sui vini isolani. In altre regioni italiane come il Friuli, il Trentino Alto Adige o la Toscana, i turisti trovano un grandissimo amore per il proprio territorio ovunque vadano, e trovano al 99% solo prodotti locali. Qui a Ischia la quota dei vini venduti proveniente da fuori è ormai molto più grande rispetto a quella dei vini isolani. Rispetto ai nostri concorrenti siamo ancora una realtà emergente, ma l’interesse del turista a conoscere i nostri vini è sempre crescente: anno per anno gli ospiti desiderano acquistare i vini direttamente in cantina. Ecco perché è possibile visitare la nostra azienda agricola tutto l’anno, siamo iscritti – unica cantina ischitana – al Movimento Turismo del Vino Italia e crediamo fortemente che Ischia sia molto di più che terme e mare. E ai nostri turisti cerchiamo di dimostrarlo tutto l’anno».
Dove esportate i vostri vini?
«Siamo sempre in cerca di nuovi mercati e non c’è soddisfazione più grande che vedere una parte della nostra tradizione e della nostra Isola in giro per il mondo. Ad oggi esportiamo in sette paesi esteri, tra cui i più importanti sono il Giappone, gli Stati Uniti e la Germania, seguiti dal Belgio, dalla Svizzera, dall’Olanda e da Hong Kong. Attraverso fiere e manifestazioni all’estero cerchiamo continuamente di promuovere i nostri vini e farli conoscere oltre confine. La strada da fare è sicuramente tanta, ma anche la voglia è grande. Con tanta passione e sacrificio, pian piano si raggiungono i risultati sognati».
Quando vedremo sulle nostre tavole il vino delle Cantine Tommasone, frutto dell’ultima vendemmia?
«Le annate nuove usciranno per fine febbraio – inizio marzo, ma soltanto i Bianchi. I Rossi, invece, usciranno non prima del 2017-2018».

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