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La Chiesa di Sant’Antonio e quei lavori “infiniti”

di Isabella Puca

ischia – «La chiesa manca, è un riferimento per i residenti di questa zona. I pescatori, in antichità, guardavano la croce illuminata e capivano che con la loro barca si stavano avvicinando alla terra. Prima dell’inizio dei lavori erano tanti anche i turisti che passavano di qua per pregare, ora invece non c’è più nessuno». Parla così Padre Mario Lauro, padre guardiano del convento dei Frati Minori di Sant’Antonio, della chiesa che, chiusa per i lavori dal novembre del 2013, fatica ancora a vedere la nuova apertura. «I lavori – ci spiega – sono iniziati il 29 gennaio del 2014, noi abbiamo chiuso la chiesa due mesi prima e ci siamo trasferiti in una sala interna al convento. É il terzo Natale che celebriamo lì. La chiesa sarebbe dovuta essere pronta ad agosto 2014, mi dissero che ci volevano 8- 9 mesi, ma non ci credevo». La ditta aggiudicatrice dell’appalto è quella dei Fratelli Russo di Casoria e,  da ben tre mesi, hanno smesso di lavorare; pare infatti che siano in attesa di altri fondi stanziati dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, provveditorato interregionale per le Opere Pubbliche. «Il grosso – ci dice ancora Padre Mario – è stato fatto.  Certo, è stato un lavoro complesso; è stato rifatto tutto ex novo. C’è un nuovo pavimento che appena sarà scoperto svelerà una sorpresa, il riscaldamento a pavimento, l’altare è stato modificato, sono stati ripuliti i marmi, e mandati a restauro l’organo, e alcune delle tele di cui si prenderà cura la Soprintendenza. Manca il portone, un lavoro che si può fare anche a chiesa aperta, le nicchie e la sacrestia. Inoltre, devono essere messi dei macchinari per risolvere uno dei grandi problemi di questa: l’umidità». Molti dei lavori eseguiti, infatti, proprio per colpa dell’umidità sono stati resi vani. Su alcuni muri, interni ed esterni, si presentano già delle crepe e delle grosse  macchie d’umido che, purtroppo, risaltano sul nuovo colore che è stato scelto per le pareti della chiesa. «Se arrivassero questi altri finanziamenti, la chiesa potrebbe presto aprire. Il danno è burocratico, non essendo noi proprietari, non abbiamo voce in capitolo. Purtroppo si, il problema più grande è quello dell’umidità, siamo vicino al mare e sotto al pavimento della chiesa abbiamo scoperto che c’è un vuoto. L’umidità, oltre che dal mare, arriva anche da lì». I tanti fedeli che frequentano la chiesa di Sant’Antonio hanno accettato di buon grado il trasferimento in una sala molto piccola, ma che è stata resa accogliente e quanto più simile a una chiesa, un sacrificio da fare pur di godere di una chiesa restaurata. Eppure, ci si inizia a stancare. «Da quando ci siamo trasferiti nella sala siamo calati molto di numero. Certo, si riempie, ma ci sono comunque meno della metà delle persone che ci starebbero in chiesa. D’estate risolviamo il problema con la messa  all’aperto, ma d’inverno la gente sa che è pieno e deve stare fuori,  magari al freddo. Sono passati 2 anni e la gente inizia a stancarsi, mi chiedono sempre quando finiscono i lavori e non so cosa rispondere. In passato abbiamo organizzato tante cose in chiesa, ma ora  non possiamo più. Abbiamo fatto due feste di Sant’Antonio accampati sotto al sole.  Ora verrà di nuovo Pasqua ma non credo che ce la faranno, mancano 2 mesi, dovrebbero iniziare ora». Molti dei fedeli hanno inoltre partecipato all’acquisto di tanti complementi d’arredo per la nuova chiesa, una testimonianza d’affetto per quella che è prima di tutto la loro chiesa. Purtroppo, tutti quegli oggetti, dalle sedute ai nuovi calici, sono conservati in una stanza del convento dove sotto a un velo di plastica si trova anche uno dei polittici più antichi conservati qui sull’isola che, risalente al ‘500, raffigura Vittoria Colonna; «stiamo aspettando da mesi il permesso della soprintendenza per  poterlo spostare; penso a una pinacoteca interna al convento. Insomma, è tutto pronto ma manca la base dove poter sistemare questo tutto». Sulla strada che dal bar “La Violetta” conduce al convento, c’è un palazzo rifatto dalle fondamenta, lì i lavori sono iniziati successivamente rispetto a quelli in chiesa, eppure l’opera sembra quasi essere completata. Paradossale, ma forse sintomatico di una società nella quale, se ci si affida al pubblico, non basta pregare per vedere esaudita una preghiera. Dopo sei anni, forse, ma non è ancora certo, potrebbe terminare il mandato di Padre Mario Lauro e il suo rammarico sarebbe non riuscire a vedere la chiesa terminata, «penso a concerti, commedie, concerti di musica classica qui in chiesa, penso a un connubio con la Biblioteca Antoniana per organizzare eventi, serate per beneficenza; insomma, le iniziative sarebbero tante ma ci manca la sostanza. É da tempo che sogno la chiesa finita ma sta diventando sempre più un’utopia».

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