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La comunicazione come punto d’incontro tra le persone

Viviamo indubbiamente in un periodo in cui siamo sempre più distanti l’uno dall’altro e comunicare è diventato difficile perché le sollecitazioni provenienti dalle realtà virtuali sono sempre più forti. In una situazione così sconfortante diventa fondamentale parlare, guardarsi negli occhi e dialogare con maggiore frequenza. Al Museo Civico del Torrione con il convegno “Comunicare in famiglia. La relazione educativa” si è voluto intavolare una discussione che ha messo al centro dell’attenzione la comunicazione, ed in particolare quella in famiglia che è forse la più importante. L’evento, iniziato alle ore 15,00 con la registrazione dei partecipanti per il rilascio dell’attestato di riconoscimento del M.I.U.R., si è snodato attraverso gli interventi di importanti relatori comei pedagogisti Maria Verde, Debora di Jorio, (direttore scientifico del Centro OIDA), Marianna Marsilio,Flora Paduano e Anna Maria Beneduce. Tra gli altri relatori ricordiamo la psicologa e psicoterapeuta Anna Molinaro e l’avvocato Annamaria Miragliuolo. Tutti gli interventi, mirati a stimolare la nutrita platea, hanno messo a nudo diversi aspetti di una società ormai divenuta arida e sempre più composta da persone che si ripiegano in se stesse. C’è una grave incomunicabilità di fondo che attanaglia il nucleo familiare. Porre rimedio a questa piaga sociale non sempre è semplice, ma iniziare a costruire un rapporto basato sul dialogo diretto tra i vari componenti della famiglia deve essere il terreno su cui lavorare con costanza e impegno.

È importante, a detta di tutti, partire dai bambini, vero fulcro della famiglia e l’educazione dei piccoli spetta ai genitori che devono assumersi le proprie responsabilità dando il buon esempio. Quando la comunicazione tra figli e genitori è efficace, i figli si sentono valorizzati e si sentono sempre più gratificati perché sono consapevoli di avere sempre qualcuno con cui confidarsi. Quando invece la comunicazione in famiglia non è efficace, o in alcuni casi addirittura inesistente, i figli si sentiranno messi da parte e inascoltati. La questione è abbastanza spinosa, ma è necessario affrontarla perché il rischio è quello di arrivare ad una società fatta di automi. La comunicazione va costruita giorno dopo giorno, con molta pazienza e volontà da entrambe le parti. Il dibattito, svoltosi in un clima di assoluta compostezza, è poi continuato con Davide Scarpa che in Veneto gestisce il Museo delle Case di Tolleranza. Scarpa ha illustrato in particolare di cosa si occupa: «Tempo fa lavoravo come impiegato in un grande consorzio edile e durante dei lavori di ristrutturazione è comparso un piccolo tesoro che mi sono affrettato ad acquistare dai legittimi eredi. Si tratta di reperti storici-documentari riguardanti la vita che si conduceva nelle case di tolleranza in Veneto durante il ventennio fascista. Ho creato un museo dove sono esposte queste preziose testimonianze e per avere maggiore visibilità ho anche aperto una pagina Facebook dove è possibile prendere coscienza di tutto il materiale esposto».

Il convegno si è concluso con il prezioso intervento dell’andrologo e sessuologo Maurizio Bossi che ha focalizzato la sua attenzione sul tema della scienza dell’amore. Se è impossibile descrivere a parole ciò che accade nel nostro animo quando ci innamoriamo, è possibile studiare il comportamento del nostro corpo quando siamo eccitati e quando proviamo desiderio sessuale nei confronti di una persona. Il professore Bossi attraverso studi e teorie scientifiche ha spiegato con grande serietà la chimica che si innesca durante l’innamoramento puntando l’attenzione sulle aree cerebrali della passione. Il convegno alla fine della serata ha riscosso un grande successo e la cosa più importante dell’incontro è stata sicuramente la partecipazione attiva del pubblico, intervenuto in più occasioni ponendo domande ai relatori e, in modo particolare, al professore Bossi. Un plauso va fatto Maria Verde, curatrice del convegno e all’Associazione Culturale Radici per l’impegno profuso nell’organizzazione dell’evento e per la grande sensibilità dimostrata nell’affrontare il tema della comunicazione.

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I suggerimenti dell’andrologo e sessuologo

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MAURIZIO BOSSI: «IL SEGRETO PER STARE INSIEME? METTERSI SEMPRE IN GIOCO»

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Qual è il segreto per stare insieme?

«Partiamo dal presupposto che la nostra mente non è sensibile a un suono continuo, ma ad una continua variazione di suoni. Ebbene nella sessualità il nostro cervello ha bisogno di continue variazioni di stimoli e in questo senso la coppia deve continuare a mantenere la curiosità e l’interesse verso nuove esperienze».

Lei sarebbe favorevole all’insegnamento nelle scuole dell’educazione sessuale?

«Sembra utile dire che esistono tre termini importanti per affrontare questa tematica e parliamo di informazione, istruzione ed educazione. Per contestualizzare l’educazione sessuale è necessario che questi tre aspetti, affrontati bene, entrino in contatto tra di loro cercando di rendere consapevoli i ragazzi della propria sessualità. La scuola può fare molto, ma la maggior parte del lavoro spetta alla famiglia che deve essere aperta alle istituzioni e deve dare la prima educazione ai giovani».

Che ruolo gioca il sessuologo nella nostra società? Quando le coppie dovrebbero consultare questa figura?

«Il sessuologo interviene quando ci sono problemi e per questo motivo è meglio che le coppie, prima di consultare questa figura, decidano di risolvere da soli i propri problemi dialogando e confrontandosi apertamente. Comunque il sessuologo, secondo la mia visione, ha una peculiarità unica nel mondo della medicina. Dall’ortopedico, dal ginecologo, dal cardiologo o da qualsiasi altro medico si può andare anche singolarmente, mentre non ha senso andare da soli dal sessuologo perché i problemi e le difficoltà di coppia vanno sempre affrontate insieme».

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Il monito dell’organizzatrice del convegno

MARIA VERDE: «DOBBIAMO IMPARARE A COMUNICARE CON I NOSTRI FIGLI»

Come è nata l’idea di realizzare questo convegno?

«Fin da quando mi sono specializzata in pedagogia clinica sognavo di dare vita ad un convegno in cui si potessero confrontare diversi esperti del settore su tematiche che, a dire il vero, coinvolgono tutti come la comunicazione in famiglia. Devo dire che il pubblico ha risposto bene e sono soddisfatta dell’esito di questo convegno».

Non sempre è facile comunicare in famiglia, ma a suo modo di vedere quali dovrebbero essere i primi temi su cui discutere per avviare un dialogo?

«È importante che il genitore si metta nei panni del figlio. I grandi devono conoscere l’evoluzione del bambino in modo che si possano creare delle naturali sinergie che favoriscono il dialogo e il confronto. Bisogna assolutamente evitare comportamenti che escludono il piccolo perché in questo modo si rischia di chiudere ogni tipo di relazione».

I social network favoriscono o ammazzano la comunicazione?

«Bisogna fare un buon uso dei social che sicuramente sono un mezzo importante per restare in contatto con persone lontane. C’è però da dire che nei bambini la tecnologia può essere molto dannosa dal momento che allontana il piccolo dal mondo dei giochi. In particolare i bimbi dai 0 ai 3 anni non dovrebbero minimamente essere esposti a smartphone o tablet e un ruolo fondamentale nell’educazione lo hanno senza ombra di dubbio i genitori che devono dedicare del tempo ai propri figli per giocare e divertirsi insieme». 

Henry Camilo Bermudez

fotoservizio a cura di Raffaella Elia

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