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LA COSTITUZIONE E IL DISAGIO STRUTTURATO DELLE ISOLE

Come ampiamente riferito dalla stampa locale, mentre l’Istituto Professionale di Stato V.Telese, col qualificato contributo di Lello Montuori, dà lezioni di Costituzione, nel contempo è in corso una raccolta di firme (ne occorrono 50.000) per cambiare l’art. 119 della Costituzione, inserendo al 5^ comma un’affermazione di riconoscimento del disagio e della penalizzazione oggettivi dell’insularità. L’intenzione è ottima, la buona fede di Carmen Criscuolo e del Sindaco Enzo Ferrandino è fuori discussione, ma Ischia non sembra aver affrontato la questione  con i dovuti approfondimenti, mettendosi al traino dell’ANCIM e di altre isole. Perché dico questo? Non per il gusto di criticare, anche quando gli obiettivi sono giusti. Muovo queste critiche, perché temo fortemente che quando si portano avanti battaglie senza i dovuti approfondimenti storici, giuridici, costituzionali, di normative europee, si rischia di sbattere all’improvviso sugli scogli di difficoltà non preventivamente valutate e studiate . Agli occhi dei cittadini, invitati a sottoscrivere, con lo scarno comunicato stampa diffuso, sembra che il problema dell’insularità venga mosso per la prima volta, grazie all’Ancim e ad una serie di isole, stanche di subire i disagi della sanità, dei trasporti, dell’edilizia, della scuola ed altro. Quando invece bisogna precisare i seguenti aspetti:

  • La Costituzione Italiana del 1948, all’art. 119 conteneva già un riferimento alla particolarità delle isole. Il 3^ comma dell’originale articolo recitava: “ Per provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali”. Tale articolo fu modificato nel 2001 con legge costituzionale 3/2001, confermata con referendum confirmatorio del 7/10/2001 , col 64,20% di sì. Il 15/2/2017 le senatrici De Pin e Casaletto, allora esponenti del M5S, successivamente espulse, presentarono una proposta di modifica costituzionale di molti articoli, dal 70 al 120. In particolare, l’art. 119 veniva modificato col ripristino della dicitura che riguardava la specificità del Mezzogiorno e delle isole. Ovviamente, di tale proposta non se n’è fatto niente. Cosa ne pensa oggi il M5S? Ritiene valida quella proposta di ripristino dell’originario art. 119? O la scomunica per le senatrici vale anche per le proposte da esse presentate? Faccio notare che, nella versione originale, l’art. 119 teneva strettamente legate le problematiche del Mezzogiorno con quelle delle isole. Il che prefigura che se tutte le isole sono svantaggiate, quelle che fanno parte di Regioni del Mezzogiorno sono doppiamente svantaggiate. 2) Non basta il livello nazionale e quello costituzionale italiano. La questione delle isole investe pienamente l’Europa. Come è risaputo, l’Europa c’entra sia come organo di controllo transnazionale per evitare “ aiuti di Stato” dei singoli Stati aderenti, sia come organo propositivo e di sviluppo per le Regioni disagiate. Se ci disinteressiamo del livello europeo, rischiamo lo stop a qualsiasi corsia preferenziale. Il Parlamento europeo affrontò la questione delle isole nel 1997 con una risoluzione che così recitava: “ Bisogna creare una politica integrata adeguata alla specificità delle regioni insulari dell’Unione Europea “ E poi, nel 1998, ( Trattato di Amsterdam) si decise che: “ E’ necessario ridurre il divario esistente tra i livelli di sviluppo dei vari territori e colmare il ritardo delle Regioni meno favorite, come le isole “. Si badi bene che, per adesso, l’attenzione dell’Europa si limita alle Regioni cosiddette” ultra periferiche” ( RUP), non già alle singole isole che fanno parte di Regioni con territori di terraferma. Ma questo evidenzia che, ad esempio, Sardegna e Sicilia possono legittimamente bypassare la modifica costituzionale italiana, potendo rivendicare direttamente l’inserimento nell’elenco delle Regioni ultraperiferiche. In Italia, oltre alle due isole-regioni, esistono Regioni con isole, come la Liguria, la Toscana, il Lazio, la Campania e la Puglia. Ma una cosa sono le isole-regioni, un’altra le isole di Regioni del centro-nord e un’altra ancora le isole di Regioni del Mezzogiorno. E’ per ciò che nel sostenere la battaglia per il riconoscimento del disagio strutturato delle isole, bisogna valutare bene tutti gli aspetti. Le situazioni non sono equivalenti e questo potrebbe complicare e compromettere il perseguimento dell’obiettivo. Naturalmente non sto affermando l’inutilità, per una piccola isola come Ischia, di ottenere la modifica, anzi il ripristino costituzionale dell’originario art. 119. Non è inutile perché può risultare decisivo se lo abbiniamo al Trattato di Mastricht, che così recita: “ L’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri”. E ancor più dettagliato è l’art. 174 del Trattato di Lisbona, dove appare evidente che rispettare l’identità nazionale significa rispettarne la Costituzione.

D’altronde, se l’Europa riconosce il disagio strutturato delle Regioni-isole, come può continuare a non riconoscere il disagio strutturato di Regioni con isole piccole, tanto più se il loro territorio insiste in un’area complessivamente disagiata come il Mezzogiorno? Credo, a questo punto,che i lettori possano convenire che parlare di questi argomenti sia un po’ più importante che dilettarsi a discettare di Zizì, come stiamo facendo da giorni.

In particolare mi aspetterei che l’europeo Giosi Ferrandino, dopo aver dato il suo placet alla navetta Zizì, si dedicasse anche a qualche questione di più ampio respiro, come – per l’appunto- l’obiettivo del riconoscimento del disagio strutturato per l’isola d’Ischia.

Franco Borgogna

 

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