CRONACAPRIMO PIANO

La DIA sentenzia, Ischia immune delle mafie

Il rapporto semestrale della direzione investigativa antimafia evidenzia come la nostra isola sia ancora lontana da fenomeni di infiltrazione malavitosa e da presenza di clan, che non raggiungono nemmeno le gemelle Procida e Capri. Ma la preoccupazione adesso è un’altra…

Qualcuno potrebbe darlo per scontato, ma di questi tempi meglio non fidarsi di niente e di nessuno. La bella notizia è che la nostra isola resta immune e lontana da fenomeni legati alla criminalità organizzata e alla malavita. Lo evidenzia la relazione relativa al secondo semestre dell’anno solare 2019 trasmessa al Ministero dell’Interno sull’attività e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel periodo che intercorre tra luglio e dicembre.

Lo si evidenzia chiaramente dal paragrafo del rapporto contenuto nella sezione in cui si parla della Campania e nello specifico della Città di Napoli, che è dedicato a Pozzuoli, Bacoli, Quarto, Fusaro, Monte di Procida, Miseno e Isole del Golfo. E nel quale si legge testualmente: “Nell’area flegrea, che include i comuni di Pozzuoli e di Quarto, il sodalizio Beneduce-Longobardi, sebbene registri la detenzione degli elementi apicali e di un nutrito numero di affiliati, tuttavia mostra ancora vitalità attraverso l’azione di alcuni esponenti di spicco che continuano a gestire le attività illecite nel territorio, con tentativi di riorganizzazione promossi da nuove leve.

La liquidità a disposizione della delinquenza, si legge nel rapporto degli investigatori, potrebbe indurre soggetti malintenzionati nel periodo di crisi post Covid-19 a immettere denaro fresco su territori “appetibili” con investimenti che finirebbero per inquinare il tessuto

Quest’ultima ipotesi ha trovato conferma in un’indagine dei Carabinieri, che il 3 dicembre 2019 hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di due pregiudicati, affiliati al clan Longobardi-Beneduce, attivi in una serie di estorsioni realizzate avvalendosi, ovviamente, delle modalità mafiose. Nello stesso contesto, un evento che ha destato un forte clamore mediatico è rappresentato dai festeggiamenti con fuochi d’artificio organizzati a Monteruscello, il 31 ottobre 2019, per la scarcerazione di due affiliati ai citati Longobardi-Beneduce, che hanno visto un’ampia partecipazione popolare, attratta anche dall’esibizione di un cantante neomelodico. Tale episodio fa emergere ancora una volta quelle ambiguità relazionali che da alcuni decenni intercorrono tra la criminalità organizzata e il genere cd. neomelodico, troppo spesso (e non solo in territorio campano) facile cassa di risonanza dei disvalori sociali tipici della camorra, dove la musica diventa un potente strumento di comunicazione che accompagna l’omaggio reverenziale al boss detenuto o appena tornato in libertà o al latitante. Una sorta di applicazione, in chiave moderna, della locuzione latina panem et circenses: è l’evidente e inconfutabile dimostrazione che parte della comunità risulta sottomessa alla presenza criminale, in particolare verso soggetti che, seppur detenuti (anche da lunghi anni ed in regime differenziato) detengono ancora saldamente potere all’esterno, esteriorizzato con strategie demagogiche. A Bacoli e Monte di Procida risulta attiva l’organizzazione criminale PARIANTE, che fa capo al figlio del capostipite e a suo zio paterno, dedita ad attività estorsive e allo spaccio di stupefacenti”.

Insomma, infiltrazioni ovunque tranne che nella nostra isola. Lo ripetiamo, potevamo darlo per scontato, ma è in ogni caso un dato da accogliere con favore e, aggiungiamo noi, da esibire con fierezza. Oltre che una “verginità” da conservare ad ogni costo, senza abbassare mai la guardia. Ma a leggere con attenzione la relazione semestrale della Dia c’è oggettivamente un capitolo che deve far riflettere e tenere gli occhi bene aperti ed è quello denominato “Speciale Covid”, che racconta possibili strategie delle mafie che per ovvi motivi potrebbero interessare anche realtà turisticamente evolute come la nostra isola.

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“Le mafie, infatti – si legge – nella loro versione affaristico-imprenditoriale immettono assai rilevanti risorse finanziarie, frutto di molteplici attività illecite, nei circuiti legali, infiltrandoli in maniera sensibile. La loro più marcata propensione è quella di intellegere tempestivamente ogni variazione dell’ordine economico e di trarne il massimo beneficio. Ovviamente, sarà così anche per l’emergenza COVID-19. Tutto ciò, non solo a causa del periodo di lockdown che ha interessato la gran parte delle attività produttive, ma anche perché lo shock del coronavirus è andato ad impattare su un sistema economico nazionale già in difficoltà; un sistema che nel 2019 aveva segnato un marcato rallentamento, con un PIL cresciuto di soli 0,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente e ben distante dal picco raggiunto nel 2008”. Gli investigatori sostengono che bisogna fare i conti con “un andamento che, impattando sull’economia reale, ha finito per accrescere, specie nelle regioni del sud Italia, le sacche di povertà e di disagio sociale già esistenti. Ecco allora che l’ancor più ridotta possibilità di disporre di liquidità finanziaria potrà finire per compromettere l’azione di contenimento sociale che lo Stato, attraverso i propri presidi di assistenza, prevenzione e repressione ha finora, anche se con fatica, garantito.

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Alla fascia di una popolazione tendenzialmente indigente secondo i parametri ISTAT, se ne va ad aggiungere un’altra, che inizia a percepire lo stato di povertà cui sta andando incontro. Un focolaio che finisce per meglio attecchire soprattutto nelle regioni di elezione delle mafie, dove una Questione meridionale non solo mai risolta, ma per decenni nemmeno seriamente affrontata, offre alle organizzazioni criminali da un lato la possibilità di esacerbare gli animi, dall’altro di porsi come welfare alternativo, come valido ed utile mezzo di sostentamento e punto di riferimento sociale. C’è poi l’aspetto della paralisi economica, che in questo caso ha assunto dimensioni macro, e che può aprire alle mafie prospettive di espansione e arricchimento paragonabili ai ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico”. Insomma, anche dalle nostre parti in tanti potrebbero aver bisogno di vendere, ad esempio immobili, strutture ricettive o attività commerciali di pregio. Ed è facile cedere alle lusinghe di chi non avrebbe problemi a mettere mano alla tasca. Portarsi un “cancro” dentro casa, insomma, è davvero questione di un attimo. Ecco perché la guardia non va assolutamente abbassata.

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