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L’accusa di Abete: «Il sisma di Ischia sacrificato sull’altare del turismo»

ISCHIA. A sei mesi dal sisma, la troupe della trasmissione “Striscia la Notizia” ha visitato i luoghi più colpiti quella drammatica sera del 21 agosto. Quali sono state le prime impressioni nel vedere da vicino gli effetti del terremoto e nell’ascoltare la gente del posto?

«Molto spesso, in Italia,  la parola “terremotati” fa rima con “dimenticati”. La situazione di Ischia è tuttavia anomala rispetto alle altre verificatesi negli anni scorsi in altre  zone d’Italia. La tendenza, che si fece strada all’indomani del terremoto, di minimizzare l’accaduto per non spaventare i turisti, secondo me ha provocato una serie di danni, che certo non assolvono le istituzioni che dovevano intervenire magari in maniera più decisa, ma che comunque non hanno creato quella attenzione su una situazione di rilevante gravità, della quale in sostanza non si è parlato quasi per nulla. Questa è la cosa più assurda. La percezione “esterna” è che il terremoto d’Ischia non sia mai successo, o al massimo che si sia trattato di qualcosa di poco conto: eppure due persone sono morte, tante altre sono rimaste senza casa, diverse attività produttive sono rimaste bloccate. Ritengo che tutto ciò sia molto grave. Nella zona rossa ci sono ancora auto seppellite sotto le macerie, palazzi che posso crollare da un momento all’altro, quasi che sia passato un solo giorno, e non sei mesi. Ci sono anche persone che riescono a introdursi abitualmente nella zona interdetta, perché non ci sono controlli ma soprattutto perché questa gente dopo sei mesi non ha ancora capito cosa succederà in futuro perché manca ancora qualsiasi prospettiva di ricostruzione. Nessuno può muovere una pietra perché mancano ancora le regole per tale fase, anche prescindendo dagli stanziamenti per la ricostruzione. Non è possibile procedere nemmeno con investimenti personali, perché si rischia poi di aver eseguito le opere in violazione delle regole che verranno deliberate».

Molta gente è delusa ed esasperata, mentre dal canto loro le amministrazioni sostengono di aver rispettato tutte le procedure previste, ma che esistono delle tempistiche incomprimibili.

«Io non sono un tecnico, e se le amministrazioni dicono questo,  non posso fare altro che crederci. Anzi, se le istituzioni, quelle locali e quelle centrali, hanno fatto tutto quello che bisognava fare con le corrette tempistiche e seguendo le regole, allora secondo me le tempistiche delle dinamiche italiane sono evidentemente sbagliate. Le persone colpite dal sisma non possono continuare ad andare avanti così».

Avete visitato anche alcuni degli edifici scolastici.

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«I ragazzi devono veder garantito il loro diritto allo studio: non è ammissibile che trascorrano un intero anno scolastico – perché alla fine così sarà – arrangiandosi coi doppi turni, senza che chi di dovere abbia mosso ancora un dito. I disagi sono pesanti, sia per i bambini dell’asilo sia per gli studenti delle scuole primarie e secondarie, e ovviamente per le rispettive famiglie. Uno dei plessi aveva beneficiato recentemente  di un intervento antisismico, eppure nemmeno quell’edificio è rimasto indenne».

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Tornerete a Ischia per mantenere l’attenzione mediatica sulle conseguenze del sisma?

«Noi abbiamo un filo conduttore costante con le persone, non soltanto di Ischia ma di tutta Italia, che vivono le emergenze. Quindi laddove ci sono – purtroppo – situazioni di emergenza,  noi siamo sempre attivi, pronti ad ascoltare e a dare voce a chi ce lo chiede, e dunque non esiteremo a tornare. Fra l’altro noi non ci siamo catapultati a Ischia il giorno dopo il sisma; per mesi non ne abbiamo parlato, ma proprio ora che nessuno ne parla più e il circo mediatico sembra essersi dimenticato, con gente rimasta senza casa e ragazzi senza scuola, con imprenditori rimasti senza le proprie attività produttive, dunque senza possibilità di sfamare sé stessi e di dare ancora lavoro ai propri dipendenti (che da quel lavoro traevano il sostentamento per le loro famiglie), allora è opportuno venire a Ischia. E torneremo, se le persone che subiscono questa situazione dovessero avere ancora bisogno di noi, per essere ascoltate ma anche per continuare a tenere accesi i riflettori su questa realtà».

 

Francesco Ferrandino

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