La guerra del pallone: «La prepotenza non ha pagato»
Dopo il fattaccio della mancata disputa di una gara giovanile al Rispoli, con alcuni atleti giunti dalla terraferma che hanno dovuto far ritorno a Napoli senza giocare, ecco le parole di Liberina D’Arco, presidente dell’ASD Ischia Fidelitatis Aeternae. E non mancano le stoccate: «C’è chi pensa di trarre vantaggio da posizioni politiche»
Tiene ancora banco, e non potrebbe essere altrimenti, la vicenda legata all’arrivo della polizia nei giorni scorsi al campo sportivo Rispoli di Ischia per dirimere la questione legata alla “paternità” nella fascia oraria del primo pomeriggio dell’utilizzo del campo. Un braccio di ferro tra Real Academy e ASD Ischia Fidelitatis Aeternae, che si è risolto a favore della seconda scuola calcio, che aveva il diritto di utilizzare la struttura a quell’ora. Il problema, però, sta nel fatto che un gruppo di bambini provenienti dalla terraferma (la Real Anfra) – che avrebbe dovuto sfidare la Real Academy in una partita di recupero fissata alla medesima ora – ha dovuto far ritorno a Napoli senza scendere in campo. A freddo, abbiamo deciso di raccogliere le impressioni di Liberina D’Arco, presidente dell’ASD Ischia Fidelitatis Aeternae, su una vicenda comunque incresciosa…
Partiamo da un dato di fatto, certo il più imbarazzante. Qui ci sono dei ragazzini venuti dalla terraferma per divertirsi tirando quattro calci a un pallone e che hanno fatto ritorno a casa delusi e amareggiati…
«Siamo davvero rammaricati e dispiaciuti di questo episodio, per il quale ci siamo anche scusati con la squadra giunta da Napoli, pur non essendo gli artefici o i responsabili di quanto accaduto. Sarebbe stata sufficiente, come già detto, una semplice telefonata da parte della società Real Academy (che aveva organizzato il recupero di questa partita) per trovare una soluzione che sarebbe stata abbastanza semplice».
Quindi lei conferma che non c’è stato nessun contatto né di natura telefonica né epistolare?
«Assolutamente no. Noi alle 9 del mattino abbiamo visto l’avviso della gara programmata nel nostro orario sui social e ci siamo subito interrogati. Tra l’altro i nuovi orari per l’utilizzo del Rispoli non erano stati comunicati alle società il giorno precedente, come affermato da qualcuno, ma il 17 marzo e quindi sei giorni prima della partita. Abbiamo avvisato il responsabile comunale degli impianti sportivi De Angelis, che però non era a conoscenza di nulla. Lo stesso si premurava di mettersi in contatto con la società Real Academy per trovare una soluzione. Bastava una telefonata, ma non è arrivata perché dall’altra parte della barricata venivano fornite motivazioni non meglio comprese. Hanno preferito agire con piglio supponente e prepotente per giocare a quell’ora, con quello che poi ne è conseguito».
Si è parlato anche del mancato arrivo al Rispoli dei vigili, anche se poi gli stessi non avrebbero potuto fare altro che constatare quanto fatto dalla polizia. Corrisponde al vero?
«Ogni persona intelligente può comprendere da solo che un semplice e singolo agente – per quanto coinvolto direttamente nella vicenda – non abbia la facoltà di bloccare una pattuglia o non farla intervenire a seguito di una telefonata ufficiale. Ma ribadisco una volta di più che anche se la polizia locale fosse intervenuta non avrebbe potuto fare altro che regolarsi come accaduto in presenza degli agenti del commissariato»
Resta però sullo sfondo la percezione di un settore, quale quello delle scuole calcio, che forse incarna più di tanti altri lo specchio dell’indole isolana, eccessivamente litigiosa. In fondo non è la prima volta che succedono fatti del genere…
«In passato se ne sentivano di meno di fatti del genere, negli ultimi tre o quattro anni in effetti in molti si chiedono come mai questi episodi siano in costante aumento, è innegabile. Forse c’è qualche interesse particolare di qualche società che sta acuendo i rapporti tra le associazioni che magari in passato venivano gestiti molto più facilmente. Evidentemente il vento è cambiato, c’è chi non vuole il dialogo ma preferisce muoversi con modi dispotici e poco democratici».
Detta così sembra quasi che qualcuno voglia difendere rendite di posizione acquisite con il tempo. In fondo, al di là della passione, che questo sia pure un business credo sia un fatto innegabile.
«Non c’è dubbio che dall’esterno l’impressione potrebbe essere questa. Noi abbiamo basato il nostro modus agendi in maniera diversa, dando la possibilità di far praticare lo sport anche a bambini appartenenti a famiglie in difficoltà o meno abbienti, in alcuni casi pure a costo zero. E’ il nostro statuto che prevede di operare per favorire l’integrazione attraverso lo sport, per questo con noi sono iscritti anche bambini e ragazzi extra comunitari».
La stretta di mano e la pace magari davanti a una birra, stile terzo tempo, la reputa possibile o in questo momento rappresenta mera utopia?
«Da parte nostra c’è l’esigenza e la volontà di andare avanti e trovare la giusta sintonia con tutti, anche perché condividiamo la stessa struttura. Però non possiamo dimenticare che abbiamo dovuto ricorrere più volte al Tar e questo è un qualcosa che non può essere sottaciuto: vogliamo dare spazio alla legalità e far rispettare il regolamento comunale. Qualcun altro, evidentemente, preferisce agire in maniera diversa avvantaggiandosi magari di alcune posizioni legate alla politica ed ai ruoli di cui sono investiti provando in qualche modo ad influenzare il responsabile degli impianti sportivi. E tutto questo, in qualche modo, a danno dei genitori dei nostri associati e dei bambini i cui diritti devono sempre essere tutelati. E poi…».
E poi?
«In questi giorni i nostri genitori ci hanno fatto riflettere su un aspetto: ci hanno messo i bastoni tra le ruote da quando siamo nati, forse questo è dettato dal fatto che la nostra società ha messo a disposizione della crescita dei loro bambini uno staff altamente qualificato e professionale, con referenze non riscontrabili altrove. Forse questo in prospettiva potrebbe creare problemi a qualcuno…».