LA MORSA SUI TRASPORTI Il racconto di due imprenditori locali

Un sistema di pressioni silenziose, intimidazioni indirette e controlli sospetti avrebbe condizionato per anni il trasporto dei rifiuti edili dall’isola alla terraferma. A rivelarlo sono le dichiarazioni rese da N.M. e dal figlio Giovanni, titolari di un’impresa locale specializzata nella frantumazione e movimentazione di materiali inerti, ascoltati dagli inquirenti il 3 luglio 2023 nell’ambito dell’indagine sulla compagnia di navigazione TRA.SPE.MAR., riconducibile ad Angelo Marrazzo. Secondo quanto riferito, l’impresa si avvaleva stabilmente dei traghetti gestiti da TRA.SPE.MAR., non per ragioni di efficienza, ma a seguito di una progressiva pressione ambientale che, nel tempo, aveva reso l’utilizzo di altre compagnie rischioso o svantaggioso. La società, spiegano i testimoni, era da anni percepita come dominante nel settore del trasporto rifiuti speciali, grazie al potere esercitato dal suo gestore, Angelo Marrazzo.
M. padre ha dichiarato che, sebbene non si occupasse direttamente della logistica, era a conoscenza della centralità della compagnia di Marrazzo nel settore. Le sue affermazioni ricalcano un’opinione diffusa tra gli operatori: “per quieto vivere” – raccontano – la maggior parte dei trasportatori finiva per affidarsi ai traghetti della TRA.SPE.MAR. A corroborare il quadro sono state le dichiarazioni del figlio G., che ha raccontato episodi risalenti alla prima decade degli anni 2000. In quel periodo, l’impresa si serviva dei traghetti della Medmar, ma fu oggetto di attività di monitoraggio non ufficiale, con fotografie e videoriprese realizzate da soggetti riconducibili alla compagnia di Marrazzo. Una situazione culminata, nel 2012, con un controllo congiunto di Capitaneria di Porto e NOE di Caserta, seguito dal sequestro di un autocarro, poi restituito dopo nove mesi, una volta accertata l’estraneità dell’azienda a qualsiasi illecito. Poco dopo, raccontano i M., sarebbero stati avvicinati direttamente da Angelo Marrazzo, che li avrebbe invitati ad affidarsi alla propria compagnia per evitare ulteriori problemi. Una proposta che, pur non accompagnata da minacce esplicite, appariva come l’unica via per garantire continuità all’attività. Per circa dieci anni, i trasporti avvennero senza intoppi, fino allo stop imposto dalla pandemia e alla momentanea interruzione del servizio da parte della TRA.SPE.MAR. Durante quel periodo, l’azienda tornò ad utilizzare i traghetti della Medmar, salvo poi ritrovarsi nuovamente oggetto di riprese e controlli, culminati con il sequestro di un autocarro a Giugliano il 19 luglio 2021. Da quel momento, i M. decisero di tornare alla compagnia di Marrazzo, cessando ogni problema.
Pur negando di aver subito minacce dirette, padre e figlio parlano di forme di ricatto subdole e pervasive, simili a quanto riferito da altri operatori locali, molti dei quali — secondo quanto emerge da intercettazioni ambientali — si sarebbero detti riluttanti a collaborare con gli investigatori per paura di ritorsioni. Alcuni imprenditori, interrogati dagli inquirenti, avrebbero sostenuto di scegliere la compagnia TRA.SPE.MAR. per ragioni burocratiche: mentre Medmar e Caremar richiedono autorizzazioni complesse, la compagnia di Marrazzo consentiva imbarchi più rapidi tramite semplice prenotazione. Emerge, inoltre, un contesto di omertà diffusa, documentato dalle intercettazioni nella sala d’attesa del commissariato di Ischia. Qui, diversi imprenditori si sarebbero detti incerti sull’opportunità di raccontare la verità, temendo conseguenze per le proprie attività. Alcuni, pur riconoscendo la realtà delle pressioni subite, preferivano attribuire le scelte commerciali a motivazioni formali. N.M., in privato, avrebbe definito Angelo Marrazzo “un delinquente”, accusandolo di essere responsabile del sequestro di uno dei suoi camion. Il figlio G., invece, si è mostrato più determinato, manifestando la volontà di raccontare l’intera vicenda anche a nome del padre.
Non tutti, però, hanno accolto con favore l’iniziativa di parlare. Arciso Amadei, altro imprenditore ascoltato, si sarebbe lamentato del fatto che Raffaele Boccanfuso — autore della denuncia che ha dato avvio all’indagine — non li avesse informati, esponendoli così a possibili rischi.
Il mosaico che emerge dalle testimonianze e dalle intercettazioni conferma l’esistenza di un sistema opaco che, pur senza l’uso esplicito della forza, ha condizionato per anni le dinamiche del trasporto dei rifiuti sull’isola, alimentato dalla paura e dalla rassegnazione di un’intera categoria di operatori.
Cambierà qualcosa ?