CRONACAPRIMO PIANO

La pagina nera di Serrara Fontana

Mazzata esemplare da parte del Tribunale di Napoli che condanna tutti gli attori protagonisti del fallimento della società partecipata “La Torre”: Angelo De Dato, Nicola Pascale, Pasquale Colicchio, Giuseppe Mattera e il Comune di Serrara Fontana dovranno risarcire oltre 5.5 milioni. I soldi sottratti alle casse per le polizze vita e lo scoop de Il Golfo che scoperchiò il vaso di Pandora

Il fallimento di una partecipata rischia di costare caro, carissimo, a causa di una malagestio che anni fa questo giornale prima di tutti portò alla luce raccontando della sottrazione di una somma di 100.000 euro che venne addirittura trasferita in Lussemburgo e che adesso una sentenza della magistratura contabile evidenzia ancor più essere stata una pagina nera della storia isolana. Figlia anche di chi ha evidentemente inteso che a gestire un’azienda così importante fosse chi non si faceva scrupolo di mettere in atto condotte che per tenere il freno a mano tirato ci limitiamo a definire poco ortodosse.

Dopo lunghissime ed articolate (oltre che estremamente tecniche) motivazioni Il Tribunale di Napoli, Il Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in Materia d’Impresa, definitivamente si è definitivamente pronunciate sulle domande proposte da FALLIMENTO DE LA TORRE S.R.L. nei confronti di DE DATO ANGELO, MATTERA GIUSEPPE, COLICCHIO PASQUALE, PASCALE NICOLA, COMUNE DI SERRARA FONTANA, MAZZI SILVIA, CUOMO CARMEN e CUOMO MIRIAM, con l’intervento dei ASSICURATORI DEI LLOYD’S S.P.A. E ARAG SE – RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA, disattesa ogni altra istanza, difesa o eccezione così provvedeendo: “Accoglie parzialmente la domanda e per l’effetto: a) condanna in solido tra loro nei limiti della concorrenza delle somme: DE DATO ANGELO al pagamento in favore della curatela fallimentare della somma complessiva di € 1.701.348,79, oltre rivalutazione monetaria dal 06/03/2015 e interessi legali al tasso ex art. 1284 comma 1 c.c. calcolati sulla somma via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, ed al tasso ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale al deposito della sentenza; COLICCHIO PASQUALE e PASCALE NICOLA al pagamento in favore della curatela fallimentare della somma di € 2.151.050,53, oltre rivalutazione monetaria dal 06/03/2015 e interessi legali al tasso ex art. 1284 comma 1 c.c. calcolati sulla somma via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, ed al tasso ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale al deposito della sentenza; COMUNE DI SERRARA FONTANA al pagamento in favore della curatela fallimentare della somma di € 1.180.323,41, oltre rivalutazione monetaria dal 06/03/2015 e interessi legali al tasso ex art. 1284 comma 1 c.c. calcolati sulla somma via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, ed al tasso ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale al deposito della sentenza; b) condanna MATTERA GIUSEPPE, in solido con il comune ed i convenuti COLICCHIO PASQUALE e PASCALE NICOLA, nei limiti della concorrenza delle somme, al pagamento in favore della curatela fallimentare della somma di € € 472.151,74, oltre rivalutazione monetaria dal 06/03/2015 e interessi legali al tasso ex art. 1284 comma 1 c.c. calcolati sulla somma via via rivalutata anno per anno, il tutto secondo gli indici Istat, ed al tasso ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda giudiziale al deposito della sentenza; c) rigetta la domanda di MATTERA GIUSEPPE nei confronti della chiamata in causa”. Il provvedimento in questione, firmato dal giudice Adriano Del Bene, ha ovviamente effetti devastanti non soltanto per i soggetti che ne sono stati raggiunti ma anche per lo stesso Comune montano che si vedrà costretto ad un esborso che rischia di minarne la sopravvivenza e potrebbe cagionare un autentico default finanziario. Ma prima di ogni altra cosa, questa sentenza manifesta una volta di più un modo assolutamente dissennato di gestire un bene pubblico, per quanto operante in regime di diritto privato.

LA “CACCIA” AI RESPONSABILI DEL FALLIMENTO DELL’AZIENDA

Questo lungo contenzioso ha avuto inizio quando “con atto di citazione ritualmente notificato in data 28.11.2017 (ai convenuti Colicchio Pasquale, Cuomo Carlo, Giuseppe Mattera ed al Comune di Serrara Fontana) ed in data 29.11.2017 (ai convenuti De Dato Angelo e Pascale Nicola) la curatela del fallimento de ‘La Torre s.r.l. in liquidazione’ evocava in giudizio i suddetti convenuti al fine di sentire accertare le loro responsabilità, nella rispettiva qualità assunta nell’ambito della fallita, nella causazione dei danni al patrimonio sociale e quindi per ottenere la condanna al risarcimento dei danni causati al patrimonio sociale ed ai creditori sociali della fallita”. Nel riassumere i fatti e motivare la decisione, il Tribunale ricorda che “con sentenza del 06.03.2015, aveva dichiarato il fallimento de La Torre s.r.l. in liquidazione, costituita in data 10.05.2002, con capitale sociale pari ad euro 118.085.80 ed operante nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, disinfestazione, servizi di igiene urbana, nonché gestione imposte, gestione parcheggi, pubblica illuminazione, servizi cimiteriali, offendo tali servizi in favore del socio unico, il Comune di Serrara Fontana; nonché a far data dall’anno 2005, anche in ordine all’accertamento ed alla riscossione dei tributi per i rifiuti urbani, rispetto ai quali la fallita intraprendeva nell’ottobre 2008 contatti con la Equitalia Polis S.p.a., con cui nel 2009 sottoscriveva anche una convenzione relativamente all’incasso dei crediti, e con la Seriel S.r.l. per il biennio 2010/2011”.

PERDITE DA PAURA E MANCATA APPROVAZIONE DEI BILANCI

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Non solo, poi si aggiunge che “la fallita aveva espletato attività affidata dal Comune di Serrara Fontana ricavando compensi del tutto antieconomici, operando, tuttavia, sino alla dichiarazione di fallimento, in perdita e senza che l’ente comunale partecipante coprisse le perdite così accumulate; l’organizzazione sociale era così strutturata: dott. Angelo De Dato, il quale aveva ricoperto la carica di amministratore dalla costituzione della società sino alla messa in liquidazione avvenuta nel 06.12.2012, il collegio sindacale rappresentato dai dott.ri Carlo Cuomo, nella veste di Presidente, Nicola Pascale e Pasquale Colicchio, mentre con la messa in liquidazione della società aveva assunto la carica di liquidatore, l’avv. Giuseppe Mattera; l’ultimo bilancio approvato risaliva all’esercizio 2010, che già evidenziava una perdita pari ad € 132.568.21 ed un patrimonio netto pari ad euro 3.314.00, e che il bilancio successivo, da approvarsi nell’assemblea convocata in data 29.06.2011, presentava una situazione di palese crisi, tale per cui il socio unico dichiarava di impegnarsi a ripianare la perdita, ricostituendo l’eroso capitale sociale, non dando, tuttavia, seguito a siffatta determinazione; nella assemblea sociale del 06.12.2012, si era deliberato la messa in liquidazione della società con individuazione in veste di liquidatore, dell’avv. Mattera Giuseppe, il quale, nella successiva assemblea, del 30.12.2014, a fronte dell’incarico espletato, evidenziava le anomalie causate dalla gestione amministrativa, costituite – nello specifico – dalla mancata approvazione dei bilanci di liquidazione degli anni 2012 e 2013 in virtù della carenza di rendicontazione dei pagamenti dell’utenza confluiti sul conto corrente intrattenuto con Poste Italiane S.p.a. nonché degli incassi dei crediti per l’attività di riscossione demandata alla Seriel s.r.l.; la società, pur non approvando i bilanci relativi agli esercizi 2011-2012-2013, aveva proseguito l’attività sociale, incrementando notevolmente le perdite”.

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I SOLDI SOTTRATTI DA DE DATO PER LE POLIZZE VITA

Nella sentenza viene evidenziata anche la vicenda che fu raccontata in esclusiva da Il Golfo e che inizialmente fu ritenuta una “boutade” da qualche amministratore che poi dovette correre in consiglio comunale ad ammettere i fatti facendo un imbarazzante dietrofront. Scrive infatti il Tribunale: ”Ciò premesso in fatto, la curatela procedeva all’individuazione degli addebiti e delle condotte di mala gestio ascrivibili agli organi sociali, da porre a fondamento dell’instaurata azione di responsabilità. Innanzitutto, la curatela lamentava una sottrazione di liquidità, assumendo che, con riferimento al conto corrente n. 10340187 tenuto dalla società presso l’istituto di credito Unicredit spa, fossero emerse delle discrasie tra l’estratto conto bancario e le rilevazioni contabili trasmesse alla società dall’amministratore, dott. De Dato. Nello specifico, l’attrice faceva riferimento ad un bonifico in uscita del 05.01.2012, in favore della Gem Europe Invest ed ad una serie di prelievi dal conto societario impiegati per il pagamento di polizze sulla vita di carattere personale, rispetto alle quali, in sede di interrogatorio fallimentare, il De Dato non riusciva a fornire alcuna giustificazione ed anzi negava di aver effettuato prelievi dal conto corrente della società per far fronte al pagamento di polizze sulla vita personali, che, tuttavia, risultavano dagli estratti conto. La Curatela sosteneva, dunque, che tanto le anomalie risultanti dal conto corrente societario e tanto le incongruenti operazioni effettuate con la società svizzera insieme alle inesatte liquidazioni periodiche delle competenze bancarie avevano l’unico scopo di ridurne l’ammontare in sede di liquidazione. Si quantificava, stante tale ricostruzione, un ammanco a carico dell’amministratore pari ad euro 90.000.00”.

LE COLPE DEL COMUNE: OCCULTATE LE PERDITE

Numerose sono le responsabilità ascritte al Comune di Serrara Fontana, che noi cerchiamo di sintetizzare in un passaggio: “In qualità di socio unico, l’ente comunale aveva approvato i bilanci fino all’ultimo relativo all’esercizio 2010 occultando le perdite risalenti che avrebbero imposto la necessaria ricapitalizzazione della società. La mancata appostazione delle ingenti sanzioni ed interessi per i debiti fiscali non onorati dal 2004 non veniva rilevata dall’ente comunale, sebbene la circostanza veniva denunciata anche dalla opposizione politica in seno al consiglio comunale. Dal 2010 in poi, nonostante l’accumularsi di perdite per il prosieguo dell’attività caratteristica della controllata, l’ente pubblico non procedeva all’approvazione dei bilanci, né sollecitava all’organo gestorio della controllata la presentazione dei relativi progetti di bilancio. Secondo la curatela, infine, la condotta del comune consacrata nelle delibere di approvazione di bilanci infedeli e nella tardiva messa in liquidazione della società configurerebbe anche profili di responsabilità del socio unico ai sensi dell’art. 2476 comma VII c.c. per il proseguimento illecito dell’attività d’impresa con ritardo della dichiarazione di fallimento.

LA NEGLIGENZA DEL COLLEGIO SINDACALE E LA DIFESA DI DE DATO

Aggiungono ancora i giudici: “Quanto alla responsabilità ascrivibile al Collegio Sindacale, la curatela lamentava la grave violazione delle funzioni di controllo assegnate ai sensi degli artt. 2403, commi uno e due, 2403 bis e 2409 ter c.c. “Nello specifico, la Curatela rilevava la totale inerzia e negligenza dei sindaci nell’espletamento della funzione di controllo. La curatela fallimentare deduceva che le responsabilità dei sindaci della fallita si erano mostrate nella loro evidenza già a seguito dell’interrogatorio reso dagli stessi al curatore fallimentare, al quale hanno dichiarato di non aver mai operato un confronto diretto sulla lista dei movimenti di cassa per apprendere la difformità dagli originali degli estratti conto bancari, così consentendo all’organo amministrativo di sottrarre l’attivo dalle casse sociali. Né tantomeno il collegio sindacale si era mai attivato per verificare in concreto l’effettiva esigibilità delle poste creditorie o se su di esse fosse maturata la prescrizione a fronte dell’inerzia da parte dell’organo gestorio nel riscuotere i crediti verso l’utenza. Invero, secondo la curatela, l’organo sindacale aveva avallato l’appostazione di fondi per la svalutazione di crediti per un valore esiguo a fronte degli importi milionari dei crediti non incassati nei vari bilanci. E comunque i sindaci non avevano mai rimarcato l’infedele esposizione nei bilanci sociali del peso ingente della debitoria erariale e previdenziale riportata senza calcolare interessi e sanzioni e quindi anche ai sindaci viene imputato il mancato rilievo dello stato di decozione della società”. Dinanzi a questo scenario così cupo si costituiva in giudizio Angelo De Dato nella veste di ex amministratore della società fallita, che impugnava e contestava la ricostruzione operata dalla procedura concorsuale e chiedeva il rigetto delle domande formulate dalla parte attrice poiché inammissibili, improcedibili e comunque infondate. Ecco come De Dato cercava di allontanare da sé ogni responsabilità, come si riporta in sentenza: “Pervero, in ordine alla propria responsabilità, il convenuto deduceva la marginalità della propria condotta nell’economia delle vicende rappresentate dall’attore, considerando, per converso, del tutto significativo il comportamento tenuto dal Comune di Serrara Fontana. Il convenuto, quanto alla pretesa sottrazione di liquidità, ribadiva quanto già esposto in sede di interrogatorio nel procedimento penale correlato, disconoscendo le condotte di mala gestio attribuitegli dall’attore, sostenendo che l’attività gestoria fosse sempre stata informata a scopi di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. Piuttosto, l’ex amministratore convenuto attribuiva le condotte censurate dalla parte attrice alla responsabilità del Comune di Serrara Fontana, che – successivamente alla pubblicazione del bilancio in data 29.07.2011, non dava seguito all’impegno assunto di ripianare le perdite subite, anche in virtù della posizione di socio unico rivestita, che ai sensi dell’art. 2462 c.c. era illimitatamente responsabile con il suo patrimonio per le obbligazioni assunte dalla società, stante lo stato di insolvenza della stessa nonché la violazione delle regole sui conferimenti, che nel caso di specie dovevano ritenersi pienamente sussistenti a causa della condotta omissiva tenuta dal Comune. Il convenuto, ancora, contestava l’addebito relativo alla mancata dichiarazione di fallimento, sostenendo che il proprio comportamento non integrava gli estremi del reato di bancarotta, per cui è necessaria la colpa grave dell’amministratore nell’aggravio del dissesto societario, non essendo sufficiente il mero ritardo nella dichiarazione del fallimento. D’altronde, il convenuto deduceva la propria diligente condotta, avendo egli tentato di scongiurare il fallimento mediante la richiesta al socio unico, il Comune di Serrara Fontana, di ripianare le perdite. Da ultimo, rispetto alla quantificazione del danno ed alla perdita di crediti, il convenuto censurava e contestava la ricostruzione di parte attrice perché infondata e non sufficientemente provata”.

1 – CONTINUA

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