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L’autismo raccontato da due madri isolane

Di Isabella Puca

Ischia  – Annalisa e Simona sono due giovani mamme di due splendidi ragazzi, Domenico e Maya, alunni  della scuola media Scotti. Verso i due anni, Domenico e Maja, hanno presentato i primi campanelli di allarme dell’autismo e oggi, le loro mamme, sono unite per dar loro un futuro migliore. I casi di autismo, negli ultimi anni, sembrano essere aumentati; negli istituti scolastici presenti sul territorio c’è almeno un caso per scuola eppure non ci sono strutture pronti ad accoglierli una volta adulti, presentando loro progetti e attività che vadano a fare di quella persona un valore aggiunto alla società e non un peso. «Domenico ha 12 anni. Già verso i due anni – ci racconta Annalisa, sua mamma – c’è stato il primo campanello d’allarme, un ritardo del linguaggio. Mi sono accorta che non socializzava e che giocava in maniera inadeguata; ad esempio capovolgeva la macchinina facendola diventare una trottola.  Per prima cosa fu sottoposto a un esame audiometrico per capire se era sordo, ma sentiva perfettamente. Allora abbiamo fatto le prime analisi di routine in ospedale, nel reparto di neuropsichiatria infantile; una degenza di una settimana per avere la prima diagnosi: da lì  è scattato un iter con la ASL che lo ha inquadrato in un contesto terapeutico di neuro psicomotricità e logopedia». Annalisa, presa dalla disperazione, iniziò a informarsi su internet sulle varie terapie che avrebbe potuto adottare suo figlio; del resto i genitori sono quelli che trascorrono più tempo con i loro figli e sua intenzione era capire come interagire nel migliore dei modi con il suo bambino, <<ti trovi un alieno in casa con atteggiamenti non naturali, senza alcuna autonomia. Mi venne detto di fare la mamma, ma io volevo capire come interagire con lui che, se doveva bere, mi prendeva la mano e mi portava verso l’acqua>>. Ad oggi, con un bravo pediatra, è possibile avere anche una diagnosi precoce, e quindi verso i 18 mesi, così da indirizzare la famiglia verso un centro adeguato. Inserendo il ragazzo in un iter giusto per lui è possibile avere un’ottima ripresa. «Dallo sgomento iniziale, – continua a raccontarci Annalisa – sono passata allo smarrimento, parliamo di 10 anni fa e non se ne sentiva parlare come adesso. Ci siamo sentiti smarriti non sapevamo a chi rivolgerci e siamo andati a tentoni chiedendo alla materna infantile, al pediatra; non avere un punto di ascolto per avere informazioni è stata la prima mancanza che abbiamo trovato qui a Ischia. Ho passato tante nottate su internet  e ho iniziato a costruirmi degli strumenti comprando anche giocattoli per interagire con lui; ogni 15 giorni eravamo a Napoli da una dottoressa che ancora benedico e che ci ha aiutato davvero tanto». Dal momento in cui un genitore viene a sapere che il suo bambino è autistico inizia per l’intera famiglia un percorso faticosissimo, ma non impossibile. «Il primo problema si ha alla scuola dell’infanzia dove non c’è la possibilità di avere l’insegnante di sostegno unico per tutti gli anni. È un calvario per il bambino che ogni anno deve conoscere un insegnante diverso e alle volte non hanno gli strumenti adeguati. Con gli altri ragazzi è un altro grande problema; loro non giocano con gli altri bambini, devono essere coinvolti in qualche maniera. Per fortuna Domenico è stato accolto e voluto bene, ma in generale ci sono grandi problematiche d’inserimento e per evitarle, bisognerebbe fare un iter d’inserimento per i professori e gli alunni». Manca qui a Ischia un’aula dedicata dove l’insegnante di sostegno possa lavorare all’integrazione usufruendo di strumenti creati ad hoc, «la figura dell’educatore è fondamentale, ma l’assistente specialistico quest’anno è entrato ad aprile, una presa in giro. I comuni devono aiutarci in questo, l’assistente specialistico deve stare in compresenza con l’insegnante di sostegno, i ragazzi hanno il diritto di avere il totale delle ore a loro assegnate. L’insegnante, poi, deve essere sempre presente e sempre attivo, i soggetti autistici possono farsi del male o scappare, è importante tenerli sempre attivi e uno specialista può creare del materiale per farli lavorare, che può essere passato di anno in anno. L’ idea è quella di creare  un archivio per la scuola anche in questo senso». Molti genitori hanno la forza d’informarsi e reagire così come hanno fatto Annalisa e Simona, qualche altro, invece, elabora la notizia come un vero e proprio lutto. Anche dinanzi a questa problematica, il singolo non ha voce e l’idea è quella di unirsi per scambiarsi esperienze comuni e provare a sensibilizzare sempre di più il nostro territorio cosicché, l’autistico, diventi un elemento che possa contribuire alla società. Le storie dei ragazzi autistici si somigliano molto e quella di Simona con Maya non è diversa da quanto raccontato da Annalisa, «Maja a un anno parlava, – ci ha raccontato Simona – diceva qualche parolina. Poi ha smesso per poi riprendere verso i 4 anni. Verso i due anni, però, la chiamavo e lei non si girava, era molto indipendente quando giocava anche se autonoma dal punto di vista motorio. Le amichette facevano giochi di finzione, come ad esempio fare la spesa, lei invece no. Era una bambina allegra, rideva, ballava, ma intorno ai due anni abbiamo notato questa  problematica: disturbo pervasivo dello sviluppo. Abbiamo subito iniziato con la  psicomotricità e con la logopedia, è il percorso che fanno un po’ tutti». Tuttavia, il genitore dinanzi  al neuropsichiatra tende a sentirsi solo; da lui non hanno infatti delle risposte, né delle strategie che potrebbe fornire un analista comportamentale. «Da bambino la disabilità non la senti. Io ho iniziato a sentire quella di Maya qualche anno fa. Mia figlia ha 14 anni è un’ adolescente, ha pensieri, emozioni. Capisco quando ha fame, me lo dice, va in bagno autonomamente, ma i pensieri più profondi, i sentimenti… io non li conosco e in questo, nessuno può aiutarti. Quando l’ho avuta ero molto giovane, avevo 24 anni e quando mi diedero questa notizia fu un pugno al cuore, ma sei giovane vai avanti e reagisci. Ho provato di tutto, alcuni siti proclamano miracoli dopo aver dato loro integratori o fatto diete prive di zuccheri, di glutine o di lattosio; si millantava la guarigione. In realtà, non se ne esce però  si può migliorare  e le piccole autonomie, come potersi tagliare la carne da soli o lavarsi i denti, sono grandi traguardi». È chiaro che, per questi ragazzi, ci vogliono persone preparate da quando iniziano il percorso scolastico, non possono essere affidati al primo che capita. «Spesso – ha continuato Simona – non sai come gestire certe situazioni che ti portano stanchezza. Ora se ne parla di più, ma se non ti capita un figlio autistico non sai neanche cos’è e per strada pensano che la ragazza è maleducata perché magari ha urlato all’improvviso o ha preso il pane da un altro tavolo;  per un genitore non è facile dover spiegare ogni volta.  E allora tendi a evitare le cene familiari, uscire e stare in piazza o portarlo con te al supermercato e quindi, a isolarti». C’è un progetto al quale Simona e Maya aderiscono da un paio di anni, “Vacanza per tutti” e permette loro di trascorrere dei giorni di relax grazie alla presenza di un educatore; il tutto in un luogo creato ad hoc. Sarebbe bello che anche Ischia potesse dotarsi di queste iniziative così da regalare delle esperienze rilassanti alle famiglie che hanno con sé un soggetto autistico. «Il problema più grande per loro  arriverà quando saranno adulti. Noi genitori cerchiamo di non pensarci e proviamo a  fare qualcosa per prepararci a  quel momento. Ad oggi  non c’è un centro per questi ragazzi, un dopo di noi,  una situazione ambientale accogliente, dove il tempo di questi ragazzi è strutturato. I ragazzi potrebbero uscire la mattina, come se andassero a lavoro, e una volta lì adottare dei progetti personalizzati, imparare a usare il pc, suonare uno strumento. Creare una realtà adeguata ai loro talenti per far sì che i genitori riescano ad avere una vita normale e loro essere impegnati con dei professionisti in un contesto vicino alla loro famiglia. Non possiamo dire che non c’è niente e non ci sarà mai niente». Domani Simona e Annalisa parteciperanno a Napoli a una 24h no stop per raccogliere i fondi, un piccolo passo, per fare rete e cercare di creare, anche qui a Ischia, un’associazione che accolga i genitori dei ragazzi autistici e non solo. «In Italia sono tante le cooperative che raccolgono fondi e creano progetti, ma i nostri ragazzi devono essere circondati da persone che non lo facciano solo per un mero guadagno. Per noi significherà lavorare tanto, ma ci auguriamo, di riuscire a credere ancora nelle persone. Non gira tutto intorno ai soldi, il fattore umano è la risorsa più importante».

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