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La quarta rivoluzione industriale è già in atto

La Quarta Rivoluzione Industriale è già in atto ed il mutamento è davanti a noi. Essa travolge modelli, sistemi economici e visioni del mondo. I prodromi erano stati già evidenziati in una serie di pregevoli contributi come il saggio futuristico di Jeremy Rifkin “La fine del lavoro” o in quello demografico e sociologico di Massimo Gaggi e Edoardo Narduzzi su “La fine del ceto medio”. In sintesi quella robotica mille volte vagheggiata dalla fantascienza e sin qui relegata a mere fasi produttive governate dalla meccanica, oggi s’invola sposandosi all’elettronica e alla cibernetica e generando un nuovo profondo mutamento della civiltà umana.

Uno studio Ubs ripreso dal Sole 24 Ore in un interessante servizio di Guido Plutino sulla competitività del febbraio 2016, rivela che “dopo l’invenzione della catena di montaggio, dell’energia elettrica e dell’elettronica, il suo driver è un rapido massivo sviluppo dell’intelligenza artificiale.” Ritengo che oltre all’analisi sullo sviluppo occorra piuttosto valutarne in primis l’applicazione nella pratica corrente.

Quei software dapprima sperimentali poi riservati alle sfere decisionali dei sistemi e poi via via diffusi alle industrie di maggiori dimensioni o di speciale categoria, oggi si distribuiscono all’intera organizzazione globale provocando effetti di eccezionale rilevanza.

Secondo lo studio Ubs gli effetti riporteranno il mondo sviluppato al centro del sistema in quanto le economie “emergenti” (prima della attuale crisi) hanno manodopera meno qualificata e meno strumenti di flessibilità per poterla incrementare.

Plutino sintetizza sul Sole 24 Ore in modo efficace: “La quarta rivoluzione industriale sposterà sempre più l’accento dalla quantità alla qualità demografica”. Si sentono in lontananza gli interrogativi del filosofo di “Essere e Tempo” in relazione a quale sistema politico possa rispecchiare in modo adeguato l’età della tecnica” o la visione storicistica di Croce sulla storia come eterno attuale e non come spoglia morta e inerte del passato. Temi ritagliati dalla visione straordinaria di Gadamer nel suo celebrato ed utilissimo studio sull’ermeneutica del 1960 (Verità e Metodo).

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Dunque davanti a noi si spalanca l’enorme crepaccio che disintegra le comunità rappresentato da quella che definisco iper-automazione integrata alla AI, quella intelligenza artificiale che guida ed è a tratti essa stessa governata dagli algoritmi.

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Questo potente impulso di innovazione andrà a scaraventarsi sui lavori a basso contenuto di specializzazione e ad alto tasso di ripetitività oggi contrassegnato in Italia persino dalla modalità di pagamento in voucher, piuttosto che ancorarsi a umanissimi contratti. La persona del lavoratore è già burocraticamente ridotto a elemento impersonale, a pezzo di ricambio, a mattone fungibile di una costruzione di cui egli non è né progettista né proprietario e neppure fruitore che civilisticamente goda del possesso o dei benefici diretti; limitandosi passivamente egli consumatore a ricevere una moneta, incapsulata in una sorta di non assegno cartaceo, che non è né misura di valore, né equivalente del lavoro e neppure strumento di conto; bensì mera dotazione saltuaria e degradante di sussistenza, utile quasi esclusivamente a riportare alle grandi catene di distribuzione di merci la stessa dotazione ottenuta; senza altra possibilità che prolungare in avanti la propria aspettativa di sopravvivenza. Galleggiare senza rotta e senza propulsione autonoma in un mondo altrui di luci, colori e ricchezze; televisivamente celebrate sopra un cumulo di macerie reali in cui si dibatte l’essere umano oramai sciolto da ogni legame comunitario (come preferisce l’ordinamento finanziario) e disancorato dalla corrente della storia; o meglio elemento inerte di essa trascinato senza sosta e senza requie dalla vorticosa perigliosità di un flusso di mutevolezza che non è più il fiume libero e giocondo, vitale e ricco di possibilità di Eraclito; ma quello neutrale e negativo della società liquida immaginata e narrata da Bauman e che somiglia purtroppo alla contemporanea articolazione della società.

Un compito essenziale della Nuova Politica è a mio avviso quello di riumanizzare la tecnica, pur essendo aristotelicamente essa stessa tecnica delle tecniche; dunque la Politica intesa come applicazione della dottrina alla società, e come governo del reale della Polis, va rimessa al ponte di comando utilizzando la tecnica e la finanza solo come strumenti ancillari dell’esercizio della socialità.

Quel che oggi fa capolino coi risponditori automatici o nei call center con voci sconosciute, anonime o peggio repliche vocali digitali ottenute elettronicamente con messaggio o algoritmo pre-programmato, e da selezionare in remoto optando per le informazioni richieste, diventerà entro vent’anni veicolo senza conducente, stampante in 3 d che produce sulla base di informazione memorizzata di un disegno del pezzo da replicare, inviato magari via internet da un altro luogo lontanissimo del pianeta. Poche unità di lavoro realizzeranno volumi di produzione elevatissime. Mi dicono che già oggi macchine automatizzate e connesse ad elaboratori possono produrre una tale quantità di lattine, bottiglie, scatole di prodotti di largo consumo che piuttosto la forza lavoro è destinata in prevalenza alla catena della distribuzione.

Molti inoccupati, moltissimi sottoccupati, popolazione anziana, lavoro non qualificato e “importato” come raccomandato dalle stesse organizzazioni finanziarie quale leva eventuale di incremento del prodotto, nel quale per inciso finiscono ormai contabilizzate persino le provvidenze del crimine o del sommerso stimato: questo lo scenario sociodemografico di domani.

L’uomo se ne sta lì nella radura del nichilismo, disperso a se stesso in uno stato di anomia interiore che lo decentra e lo ingloba in una impossibilità che sarà la costante individuale per una intera esistenza, tranne le fasi obbligate e reiterate di consumo e acquisto e lampi assai ridotti e decrescenti di partecipazione economica e sociale.

In questa finta prossimità all’altro sta la novità di un Insieme postcomunitario, in cui tutti possono fare tutto purchè ordinatamente si pongano due volte al giorno in coda alle casse che riprendono quanto equivale a ciò che si ha, in una interminabile spirale che impedisce avanzamento e spostamento sociale effettivo, ma realizza un vorticare su se stesso dell’individuo, schiacciato nella condizione di consumer.

Questa vicinanza non diventa mai incontro e anzi è allontanamento progressivo e sfaldamento di ogni comunione familiare, scolastica, religiosa, politica e sociale. Individuo come Atomo che diviene molecola solo in eventi spettacolari a pagamento e nelle riunioni elettorali dove deve scegliere i campioni selezionati o ammessi in quanto compatibili e sostituibili o meglio amovibili in quanto vulnerabili…

Ma con questo tipo di prossimità vengono in mente le parole di Heidegger quando afferma che “Con la vicinanza viene a mancare anche la lontananza. Tutto è livellato nel senza-distacco” anche perché “La vicinanza non è la brevità della distanza, la lontananza non è la sua lunghezza”.

Dunque il presente si degrada ad apparenza, l’esistere sembra unidimensionale citando Marcuse e attiene alla mera funzione del consumo dopo adeguata preparazione. Cioè l’individuo viene formato e addestrato ad operare come ad esempio oggi si fa “iniziando” il risparmiatore a fare trading sui mercati.  In questo senza-distacco che è per certi versi somigliante alla omologazione pasoliniana “la sua costanza (Standigkeit) si aggira nell’inquietante riguardo di ciò che è ovunque equi-valente.”

Più chiaramente Heidegger aggiunge che “(il senza-distacco) sta, nella misura in cui tutto ciò che è presente è risorsa (Bestand)…La risorsa sussiste (der Bestand besteht), e sussiste in quanto è posta in vista di un ordinare (bestellen). Convertita nell’ordinare, essa è posta nell’impiegare. L’impiegare pone in anticipo ogni cosa in modo tale che ciò che è posto insegua ciò che consegue (dem folgt, was erfolgt). Posto a questo modo, tutto è “in conseguenza di” (in Folge von). La conseguenza (Folge) è però ordinata in anticipo come risultato (Erfolg).”

Ecco l’Uomo Funzionale che non è più Homo Sapiens, né Homo Habilis, né Homo Faber né infine Homo Oeconomicus se non in una accezione passiva di soggetto a cui si destina un carnet di risorse per la sopravvivenza da restituire alla Banca, al Soggetto Pubblico o al Supermercato !

Se questa è l’attualità preconizzata nelle “Conferenze di Brema e Friburgo” circa mezzo secolo fa, oggi la Quarta Rivoluzione Industriale mostra una tendenza ancora più preoccupante: ovvero l’allargamento delle differenze tra chi detiene le ricchezze e una sterminata platea di egualizzati schiacciati nelle funzioni di consumo e sussistenza con nulla mobilità sociale e sciolti (diluiti) in uno stato anomico individuale disagevole e conturbante, per combattere il quale l’individuo consuma integratori, stimolanti, farmaci e droghe cercando nella dipendenza la indipendenza dalla sua misera condizione di alienazione.

Tuttavia mentre come si dice cresce il “tempo libero” in realtà “il tempo del vuoto” diminuisce il tempo proprio a vantaggio di una delegazione di tempo all’Impianto che è quella configurazione di potere automatico che lega macchine, regole e robot al servizio di una concertazione non concertata.  Essa  squaglia le identità nazionali e le storie e le ricicla dopo averle “pastorizzate” come pluralità di valori condivisi senza specificità solo ciò che è standard e compatibile; e se possibile privo di ogni quid pluris bastando la materia, la calcolabilità, il costo, l’utilità.

Insomma dice l’articolista del Sole 24 Ore “L’Economia 4.0 darà una spinta alla grande distribuzione (profilazione della clientela) e alle utilities (efficientamenti)” e chi saprà costruire software in grado di segmentare e interpretare l’oceano vastissimo dei dati informatici avrà il potere reale.

Occorre allora una Politica che sappia conservare e tutelare l’Uomo reale non attribuendo promesse di diritti solo nominali ma restituendogli centralità e sovranità nella vita associata e impiegando la tecnica a fini sociali.

 

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