CRONACA

Processo Pegaso, parla il teste chiave

Ieri la deposizione del professor Bocchini, liquidatore della società che gestiva la nettezza urbana a Forio

Ieri dinanzi al collegio C della settima sezione penale del Tribunale di Napoli, presieduto dal giudice Di Stefano, è iniziato l’esame dei testimoni nell’ambito del processo per il fallimento della Pegaso. Quest’ultima era la società che gestiva il servizio di gestione rifiuti a Forio fino al 2007, per poi essere dichiarata fallita quattro anni dopo:  il primo teste chiamato a deporre è stato il professor Roberto Bocchini, liquidatore della stessa. Più volte procrastinato, l’esame  si è dilatato fino a occupare per diverse ore l’udienza, nella quale si è cercato di dipanare la lunga vicenda della società, costituita ventotto anni fa.

La deposizione del teste si è basata in gran parte sulle relazioni semestrali redatte all’epoca, alle quali egli si è spesso richiamato durante il controesame condotto dalle difese, sostenute dagli avvocati Michele Calise, Giancarlo Di Meglio e Ilaria Zarrelli. Si è così delineata la genesi della società, i rapporti con il Comune di Forio, fino alla dichiarazione di fallimento nel 2011. Vent’anni prima, la Pegaso era stata costituita per gestire il servizio di raccolta dei rifiuti, ma anche i trasporti pubblici e i servizi cimiteriali. La società, inizialmente costituita con un capitale coperto al 51% dal Comune e per il restante da operatori privati, evidenziò tuttavia sin dai primi anni pesanti difficoltà economiche e finanziarie, con un’esposizione debitoria in progressiva crescita, rendendo necessaria già dopo pochi anni una ricapitalizzazione per fronteggiare le perdite, ed estendendo la quota di partecipazione pubblica al 71%. Misure che tuttavia non frenarono l’aumento dei debiti e che secondo il teste ascoltato ieri resero evidente sin dal 2001 la totale inadeguatezza di tali manovre. Nondimeno, l’anno successivo l’ente comunale rinnovò il contratto con la Pegaso. Secondo il professor Bocchini, i bilanci continuavano ad evidenziare diverse opacità, a cominciare dalle incomplete voci di costo, spingendo l’azienda sul piano inclinato verso la voragine di  perdite e debiti. Il teste ha sottolineato l’impossibilità di fronteggiare i costi del servizio per mezzo di un canone manifestamente insufficiente e affermando che la situazione era chiarissima sin dalla fine degli anni ’90. Secondo Bocchini, l’ultimo amministratore della società avrebbe la responsabilità di non aver posto tempestivamente  fine allo stillicidio, contribuendo quindi al pesante aggravamento della situazione debitoria. Il “core business” dell’azienda, cioè la raccolta rifiuti solidi urbani (insieme ai servizi cimiteriali), venne ceduta alla nuova società, Torre Saracena, costituita nel 2007. Questo è il punto focale del processo, ma non è l’unico frangente intorno al quale si perimetra la ricostruzione accusatoria, che invece durante l’udienza e  viste le domande del pubblico ministero si spinge a contestare anche le condotte degli anni immediatamente precedenti, almeno fino al 2004 (la Pegaso, o meglio quel che ne restava, si trascinò per un altro paio d’anni, fino a essere messa in liquidazione volontaria al termine del 2009, e due anni dopo sopravvenne il fallimento finale, decretato dal Tribunale).

L’avvocato Michele Calise ha cercato di evidenziare la circostanza secondo cui Salvatore Serpico era stato nominato amministratore quando era già stato ceduto il ramo d’azienda della nettezza urbana, dunque quando i vari debiti in questione erano già stati contratti. Secondo la difesa, le condotte contestate non sono state tenute dall’avvocato Serpico, che anzi a differenza dei suoi predecessori procedette al pagamento degli oneri previdenziali.

L’avvocato Giancarlo Di Meglio, difensore di Franco Monti, presidente del consiglio d’amministrazione nel momento della cessione del ramo d’azienda alla Torre Saracena, ha più volte respinto l’impianto accusatorio, anch’egli affermando che l’agire di Monti era tale da smentire le accuse di omissioni tali da aver provocato la bancarotta: infatti l’ex sindaco  predispose una tabella di rateizzi per il versamento dei contributi previdenziali.

Un processo dunque altamente “tecnico”, nato su contestazioni che chiamano in causa la capacità valutativa degli amministratori e dunque su un piano estremamente scivoloso, al punto che, in sede di udienza preliminare, quasi tutti gli imputati (tra cui i componenti del collegio dei revisori) vennero prosciolti perché secondo il magistrato il collegio decadde dalla carica prima della creazione della nuova società (Torre Saracena) che poi si accollò la raccolta dei rifiuti, mentre i nuovi amministratori  espressero il loro consenso al “passaggio” di tale servizio al nuovo soggetto giuridico. Una decisione che avrebbe comportato la necessità, secondo il gup, di un approfondimento dibattimentale. Prossima udienza il 22 ottobre.

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