La riscoperta del “prenderci cura”
DI ANTONIO D’AMORE“Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I CARE”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori: “me ne importa, mi sta a cuore””
Sono le parole con cui Don Lorenzo Milani spiegava come educava i propri allievi alla cura degli altri, all’attenzione verso il prossimo. Sono parole che ciascuno di noi che lavora in sanità dovrebbe fare sue ricordandosi ogni giorno che le proprie scelte, le proprie parole, le proprie azioni hanno una finalità grandissima: prendersi cura degli altri.
Fin dal primo giorno in cui mi sono insediato alla Direzione dell’ASL Napoli 2 Nord ho agito nel nome di quell’”I CARE” di cui parlava Don Milani, incrociando sulla mia rotta amministratori, medici, infermieri, funzionari che, nonostante gli ostacoli e le mancanze, avevano fatto proprio quel modo di agire. È in nome di questo principio che due anni e mezzo fa spinsi l’allora Commissario Joseph Polimeni a venire ad Ischia per capire di persona perché fosse irragionevole sopprimere il servizio UTIC dall’ospedale Rizzoli; perché quel braccio di mare che divide le isole con la terraferma non debba essere sottovalutato. È stato necessario attendere il nuovo Commissario Vincenzo De Luca perché quell’”I Care” diventasse pratica in un nuovo piano ospedaliero più adatto alle esigenze peculiari di Ischia e Procida, reintroducendo l’UTIC e raddrizzando delle macroscopiche storture. Quello è stato un passo importante, ma non basta.
Da quell’ormai lontano 2016 ad oggi ad Ischia sono cambiate tante cose nella gestione dei servizi sanitari. Per garantire ad Ischia del personale motivato, preparato e in grado di assicurare il buon funzionamento dei servizi, abbiamo avviato reclutamenti di “mobilità extraregionale” dedicati alla sola isola, così da vincolare i nuovi arrivati a svolgere attività nelle nostre strutture isolane. Con tutte le limitazioni proprie di una struttura ormai datata, il Rizzoli è stato oggetto di ristrutturazioni, di ammodernamenti, di aggiornamenti tecnologici, di potenziamenti di personale, di introduzione di nuovi servizi. Si tratta di piccole e quotidiane misure mirate a far diventare l’ospedale di Ischia una struttura tarata sulle esigenze dei cittadiniche abitano l’isola per una vita intera o che la visitano solo per qualche giorno di vacanza. La chirurgia, la medicina, il Pronto Soccorso, le sale operatorie sono state riorganizzate, ripulite, rifunzionalizzate. Un esempio significativo di questo modo di lavorare credo sia rappresentato dal servizio di microchirurgia oculistica avviato al Rizzoli: da maggio scorso i cittadini di Ischia non devono più recarsi sulla terraferma per un’operazione che dura pochi minuti, possono fare l’intervento sull’isola grazie a un’equipe che viene da Pozzuoli, grazie al personale che sta imparando rapidamente nuove tecniche e nuove pratiche, grazie agli specialisti ambulatoriali del territorio che reclutano i pazienti e li valutano. È con lo stesso spirito che abbiamo rinnovato il presidio San Giovan Giuseppe, ripulendolo e riorganizzandolo. Anche in questo caso abbiamo usato il cuore non potendo usare la cazzuola; abbiamo ripensato gli spazi in funzione delle persone, senza intervenire più di tanto su una struttura difficile da ristrutturare.
A Procida, invece, stiamo cercando di realizzare una maggiore integrazione tra i servizi dell’ospedale e quelli del territorio, ben sapendo che in un’isola come questa non è possibile adottare un modello assistenziale paragonabile a quello della terraferma.
Chi mi conosce lo sa. Avrei voluto che tutto questo fosse accaduto in sei mesi e, invece, abbiamo avuto necessità di aspettare due anni a causa di meccanismi complessi, di ritardi gestionali accumulati dalle precedenti Amministrazioni, di difficoltà proprie della gestione della sanità sulle isole. Quanto fatto deve essere solo una base di partenza più solida per rilanciare la sanità del futuro.
Abbiamo fatto tanto, usando il cuore, ma sta per arrivare il momento in cui la passione non basta più da sola. È necessario, infatti, che il progetto del nuovo Rizzoli venga finanziato dal Ministero per poter ampliare la vecchia struttura; dobbiamo rilanciare insieme ai medici di famiglia i percorsi di screening oncologico; abbiamo necessità di costruire alleanze più forti con i territori affinché la nostra gente si riappropri della sanità pubblica come di una ricchezza della propria comunità. Dobbiamo in altre parole trasformare quell’”I Care”, ovvero “io mi prendo cura” in un “we care”, ovvero “noi ci prendiamo cura”. Abbiamo iniziato una buona strada, dobbiamo continuare a farla, percorrendola tutti insieme.
* DIRETTORE GENERALE ASL NA 2 NORD