CULTURA & SOCIETA'

La veemenza della fiamma e della combustione

Presso l’Hotel Le Querce Therme& Spa di Ischia sono presenti alcune delle opere di Dicò, l’artista del fuoco che si rifà ai modelli della Pop art reinterpretandoli in modo del tutto personale

Il fuoco, ormai da tempi immemori, affascina l’uomo. Forse per la forza che emana e per il calore che fa scaturire in noi sempre nuove emozioni. Dicò, artista romano, classe 1964, cerca con la “fire art”di spiegare proprio il significato del fuoco mediante le sue opere che colpiscono l’immaginario dello spettatore. La formazione di Dicò comincia ai tempi in cui frequenta l’istituto d’arte di Via di Ripetta a Roma ed è qui che entra in contatto con un mondo sempre in evoluzione, come è, in effetti, quello dell’arte contemporanea. Successivamente matura le prime esperienze negli studi e nei laboratori di artisti finché non decide di occuparsi di grafica pubblicitaria. La sua carriera artistica, però, inizia in maniera del tutto inaspettata e casuale quando nel 2012 riscopre la propria creatività dopo un periodo difficile della sua vita. Da allora in poi colleziona un importante numero di esposizioni che vedono un continuo crescere della propria fama, anche a livello internazionale con mostre negli Stati Uniti. Nel corso di questi anni, infatti, ha avuto modo di incontrare personaggi di Hollywood sia nei suoi viaggi negli USA, sia a Roma nella sua galleria. Alla base della sua concezione artistica c’è indubbiamente la Pop art per i personaggi raffigurati, ma accanto ad essa vediamo un richiamo forte alle celebri combustioni plastiche di Alberto Burri anche se quest’ultimo, va detto, si muoveva nell’ambito dell’astratto, mentre qui ci troviamo nel figurativo. Per Dicò il fuoco è l’elemento attorno al quale si costruisce tutto. Le sue opere, realizzate principalmente su tavola, sono un’interessante unione di resine e prodotti industriali. I suoi quadri vengono poi avvolti da uno strato di plexiglas che viene bruciato, corroso, corrugato e, a volte, incenerito attraverso l’utilizzo sapiente dell’accendino. In alcuni dei suoi lavori l’artista introduce anche il neon che serve ad osservare meglio l’effetto provocato dalla fiamma. Dicò sceglie personalmente i soggetti da raffigurare, spesso sono personaggi del cinema (Marilyn Monroe), dello sport (Muhammad Ali) e della musica (David Bowie) cari alla Pop art di Andy Warhol e poi, attraverso quel processo di combustione di cui abbiamo parlato prima, li trasforma dando un nuovo aspetto ai visi noti al grande pubblico. L’artista romano, non di rado, rappresenta anche lo skyline di città che conosce come New York e Miami, mentre altre volte opta per la realizzazione di quadri con icone del proprio tempo come Kate Moss, Steve McQueen e altri. L’esperienza artistica di Dicò ci invita a riflettere sul concetto del fuoco come elemento generatoreche fa innescare un nuovo modo di interpretare temi e soggetti già trattati in passato, ma che a differenza della Pop art non presentano qui quella serialità tipica degli anni ’50 e ’60.C’è poi in Dicò la volontà di rigenerare i miti contemporanei dando loro una nuova interpretazione attraverso una personalissima sensibilità artistica che, come abbiamo visto, ha nel fuoco e nel contorno plastico una propria dimensione. Abbiamo raggiunto Dicò all’hotel Le Querce per avere una testimonianza diretta della sua visione sull’arte contemporanea e per cercare di capire cosa lo spinge a realizzare le sue opere attraverso un processo di combustione:

Qual è la sua formazione artistica?

«Fin da giovane ho sempre avuto una vena creativa avendo lavorato, ad esempio, nel campo della grafica pubblicitaria, ma, a dire il vero, la mia esperienza artistica in sé è iniziata circa otto anni fa in modo del tutto casuale. Un giorno, infatti, ricordo che azionando ripetutamente un accendino su una plastica, si è venuta a formare una bolla di calore che piano piano stava cadendo a terra. Rimasi subito affascinato dalla deformazione della plastica per via della combustione ed è da quel momento che compresi la potenzialità del fuoco in campo artistico».

Come avvengono le combustioni di cui parla e che tecniche adotta?

«Parto da una semplice tavola di legno sulla quale riporto una fotografia, solitamente raffigurante personaggi molto noti al pubblico rifacendomi in questo al mondo della Pop art, dopodiché passo all’elaborazione della foto stessa attraverso prodotti commerciali come ferro, acrilico e vernici. A questo punto pongo sullo scatto, ormai modificato, una particolare resina trasparente che cristallizza l’immagine e alcune volte introduco anche un neon per dare maggior risalto a tutta la procedura. Termino l’opera avvolgendola con uno strato di plastica che, poi, brucio con una fiamma in modo da rendere speciali i miei lavori. Quest’ultimo passaggio è proprio quello che dà un carattere distintivo a tutte le mie realizzazioni».

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Perché proprio il fuoco?

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«Il fuoco è il miracolo della combustione, è la scintilla dalla quale scaturisce un mondo nuovo. Per me ha inoltre una valenza maggiore perché mi ha aiutato in un momento difficile della mia vita. È da quella fiamma casuale di otto anni fa che nasce l’artista Dicò ed è da quel momento che sono ripartito nella mia vita, potendo godere oggi di un grande successo riconosciuto in tutto il mondo, dal nostro paese agli Stati Uniti, passando anche per altri paesi».

Quale messaggio vuole dare all’osservatore attraverso le sue opere?

«Penso che i miei quadri, al di là della loro qualità, debbano semplicemente emozionare chi li guarda. Rappresentano un momento che voglio fermare e catturare in modo da regalarlo all’osservatore. Con la tecnica della combustione cerco di realizzare sempre pezzi nuovi che possano colpire l’immaginario di chi li osserva, creando nelle persone le più varie sensazioni».

Che ruolo ha l’artista nella società di oggi? Secondo lei ha una missione didattica?

«Si, a mio modo di vedere, l’artista ha un compito importante che è quello di dare sempre qualcosa agli altri attraverso la propria creatività. La bellezza di questo ruolo è quello di regalare emozioni per tutta la vita, noi viviamo nelle opere che realizziamo ed esse sono un bene che rimarrà per sempre. Anche quando io non ci sarò più, credo che continuerò a vivere nei mie quadri sparsi per le case e i musei di tutto il mondo. Alla fine uno degli obiettivi di noi artisti è quello di lasciare qualcosa ai posteri».

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