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Piscina e Palazzetto non collaudabili, le verità del tecnico

ISCHIA – Avevamo evitato di citarlo, perché abbiamo ritenuto che il suo nome, tutto sommato, fosse un dettaglio nell’ambito della vicenda che si stava consumando. Fatti gravi, decisamente gravi, che come al solito parte dell’opinione pubblica ha addirittura cercato ignominiosamente di mascherare o di sminuire, lasciando intendere che dietro si nascondessero chissà quali beghe politiche. E invece, no, il diretto interessato è uscito allo scoperto ed ha spiegato che sulla storiaccia relativa al mancato collaudo della piscina comunale “Pietro Ferrandino” e del Palazzetto dello Sport “Federica Taglialatela” c’è davvero la volontà di fare il proprio dovere, punto e basta, senza alcun retropensiero recondito. Il che, quando c’è di mezzo l’incolumità della gente ed in particolare dei bambini, dovrebbe essere soltanto oggetto di applausi ed attestati di solidarietà e non di fango vomitato addosso così, giusto perché magari si indossa un’altra maglietta…

E così eccolo il collaudatore, uscire finalmente allo scoperto, dove essersi visto gettare una colata di fango addosso soltanto perché si è reso artefice del reato di lesa maestà, cioè dire “no” all’amministrazione guidata dal sindaco Giosi Ferrandino, che magari pretendesse firmasse un collaudo anche se a suo avviso non ne sussistevano i presupposti. Lui ha un nome e un cognome, si chiama Arnaldo Surolli e nella giornata di ieri ha inteso sfogarsi sui socual network dopo essere stato oggetto di una vergognosa e premeditata (e ci fermiamo qui…) campagna denigratoria messa in atto dalla solita macchina del fango, che è vero che ormai spara sempre più a salve ma può comunque turbare chi si sveglia al mattino per fare il proprio dovere onestamente. Come fa Arnaldo Surolli che entra a gamba tesa e su Facebook scrive: “Il ‘famigerato’ ed ‘infame’ collaudatore sono io. Sono ‘offeso’: tutti ne parlano ma nessuno ha il coraggio di pronunciare il mio nome e cognome, come chi sa che scorrettezza o nefasta azione avrei commesso. Sono un professionista che mette davanti ad ogni cosa l’onesta e la deontologia professionale. Posso anche aver sbagliato, ma sono sempre chiaro ed onesto con tutti. Purtroppo, ho anche il vizio di esternare tutto quello che penso, non preoccupandomi di niente e di nessuno. Del mio modo di operare ne faccio una ragione di vita. Sul lavoro sono drastico ed inflessibile con me stesso e gli altri2.
Il professionista entra poi nel merito dei fatti che lo hanno indotto a rassegnare le dimissioni dall’incarico di collaudatore della piscina e del palazzetto: “Per me è stata dura rinunciare ad un incarico ‘piovuto dal cielo’ (mi è stato proposto e non ne ho mai capito la ragione), ma per le opere di cui tanto si discute, a mio giudizio, sono non collaudabili per un’infinità di motivi, a meno di rischiare penalmente. Non capisco la tua provocazione (scrive rivolgendosi all’immancabile detrattore), ma mai, come tecnico e cittadino, mi sarei sognato di far parte di un gioco politico a discapito dei cittadini. Un’ultima cosa: quando ho visionato le opere realizzate, mi sono sentito male ed offeso, oltre che come tecnico, anche come cittadino. Purtroppo Ischia ha perso un’opportunità: il finanziamento era cospicuo, ma come sempre, si lascia carta bianca all’Impresa di turno che cerca di ricavare quanto più utili possibili”. Parole pesantissime, quelle di Surolli, che aprono squarci ed ombre inquietanti su cui le autorità competenti farebbero bene ad indagare a fare chiarezza, visto che nello specifico si gioca sulla pelle dei cittadini.

Lo sfogo di Arnaldo Surolli prosegue, ormai è un autentico fiume in piena e così aggiunge anche altre significative considerazioni come quelle che riportiamo integralmente: “Non posso e non voglio parlare di quanto prodotto per il mese in cui ho ricoperto il ruolo di collaudatore ‘tecnico amminstratvo’, ma penso di aver provato a dare un contributo positivo nel verso giusto, anche se bersagliato soprattutto da ‘fuoco amico’. Un non collaudo voleva dire bloccare i finanziamenti ed entrare in un contenzioso infinito con l’impresa. Sarò stato anche vigliacco, ma le ragioni delle mie dimissioni sono state descritte nella lettera di dimissioni anche con il dissenso di tutti gli interessati, in quanto resta agli atti.. Penso alla frase che si continua a ripetere: ‘Gioco politico’: si vede che qualcuno non mi conosce  bene”. E poi aggiunge anche un messaggio in codice, chiaro soltanto al destinatario: “Lo so chi mi ha venduto e gli ho raccontato tutto, anche nei dettagli, non per ‘ruffiatagine’ come fanno tutti gli altri, ma per far succedere un pò di caciara. così i giornalisti hanno cosa scrivere”. C’è poi un particolare significativo, che ci riguarda da vicino, quello nel quale il professionista afferma candidamente: “Dimenticavo, vedi che ho spifferato tutto anche a un giornalista”. Chi fa il nostro lavoro non rivela mai le proprie fonti, ma stavolta l’ha fatto l’interessato ed allora sta tutto a posto. Che qualcuno poi possa interrogarsi del perché una soffiata non sia arrivata a lui, beh questo certamente non può essere un problema nostro ed inoltre crediamo interessi anche poco al lettore. Al quale, molto probabilmente, interesserà molto di più sapere che si premeva per far collaudare certe opere non collaudabili, almeno secondo Surolli. Il quale chiude in maniera criptica ma chiara: “Far ricadere le colpe della mancata apertura sul mio non collaudo, per me è inaudito. Ci sono tanti tecnici in giro senza far niente!! Perchè non hanno provveduto a trovarne un altro velocemente. Le mie dimissioni sono state spedite tramite pec il 18 settembre e da allora non è successo nulla…”. E come fare a dargli torto?

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