CULTURA & SOCIETA'

La pianta che non conosci, la commelina

Paesaggi&persone:fondo d’oglio , racconto di un’escursione naturalistica con il geologo aniello di iorio e una studentessa austriaca

Pronto, è l’agronomo Mattera ? “

Si, prego, mi dica !”

Buonasera , sono il geologo Aniello Di Iorio … ! “

Inizia così la storia che sto per raccontarvi, miei cari amici lettori. Un prologo ci fu qualche anno orsono presso la Biblioteca Antoniana di Ischia, dove Aniello Di Iorio- una vita trascorsa in Germania dove si è laureato in Geologia , ed un nonno originario dello Schiappone,in quel di Barano, quindi con comuni radici con mia madre – tenne una sua conferenza geologica sotto l’egida del Centro Studi di Ischia. In quell’occasione ci scambiammo i nostri numeri telefonici e le nostre mail. Poi qualche messaggio e niente più. Io in verità ho sempre seguito con una certa curiosità la sua attività di guida escursionistica specializzata su due fronti : il primo di natura tematica, in quanto rivolta principalmente alla geologia della nostra terra di Ischia; il secondo che riguarda il pubblico cui è rivolto, dato prevalentemente da escursionisti e turisti di lingua tedesca, provenienti quindi da Germania, Austria e Svizzera tedesca. Nella sua telefonata, avvenuta a distanza di almeno tre anni, mi confessa :“ Mi sono ricordato di una tua mail …., l’ho ritrovata e con essa il tuo numero di telefono . Avrei bisogno di un tuo aiuto e di una tua collaborazione. Mi farebbe piacere incontrarti! “

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Nel salotto buono di Ischia- il bar Calise del cavaliere Emiddio – mi chiede delle orchidee spontaneeche crescono nei boschi ischitani, se le conosco, se posso dargli informazioni su di esse, se è possibile farne un argomento interessante per gli escursionisti sia stranieri che italiani. Mi mostra un volumetto che riconosco subito:è la traduzione dal latino de “ LE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE E COLTIVATE NELL’ISOLA D’INARIME” di Giovanni Gussone , curata da Raffaele Monti ed edita da LA RASSEGNA DI ISCHIA nel 2013 , e nella cui appendice sono riportati alcuni contributi recenti di autori ischitani, tra cui il mio dal titolo “ “ELEMENTI VEGETAZIONALI E FITOSOCIOLOGICI CHE CARATTERIZZANO IL TERRITORIO DI FORIO” . Conversiamo per una buona mezzora su argomenti di comune interesse, incentrati ovviamente sugli aspetti naturalistici della nostra terra di Ischia. Al momento di accomiatarci mi chiede se mi va l’idea di dare una mano ad una studentessa austriaca della facoltà di Geografia di Viennache sta compiendo uno stage di geologia ad Ischia sotto la sua direzione. Deve, mi dice, eseguire un rilievo di una zona naturalistica di Ischia, mettendo in evidenza anche i vari microclimi e gli aspetti fitosociologici più interessanti.

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Ad una prima esitazione dovuta unicamente al fatto che la ragazza non conosce l’italiano, e io, per converso non conosco affatto il tedesco, segue subito dopo l’adesione alla proposta : Aniello farà da interprete ! Per me non è un’esperienza completamente nuova, in quanto nel passato anche piuttosto recente mi è capitato di aiutare studenti di varie discipline nei loro studi e per lo più nella delicata fase di elaborazione di tesi di laurea. La novità è tutta legata alla nazionalità straniera della studentessa. L’appuntamento è per le ore nove della domenica successiva, con destinazione il Fondo D’Oglio nel comune di Casamicciola Terme. Un infortunio alla mano sinistra mi impedisce di guidare, per cui è Aniello a farlo dopo avermi prelevato presso la mia abitazione di Ischia. Giungiamo sul posto alle ore 9, 20 circa. La ragazza è già li che ci aspetta. La giornata è bellissima. L’aria tiepida ricorda più la primavera che l’autunno inoltrato. Solo le foglie copiosamente sparse al suolo e la colorazione rossa o gialla delle chiome di alcuni alberi, come l’orniello e la roverella, riporta subito il pensiero alla stagione corrente. Dopo una rapidissima presentazione, ci avviamo verso l’amplissimo spiazzo libero da vegetazione che fa da avanguardia al sottostante cratere di Fondo D’Oglio. Ma prima compiamo una tappa sulla parte sinistra della strada di accesso, connotata da un arbusteto basso e rado di macchia mediterranea. Laddove, tra gli anfratti pietrosi, è possibile intercettare il caldo vapore acqueo delle fumarole sparse tutt’intorno. Cerchiamo e troviamo il papiro delle fumarole, il famosissimo CyperuspolistachiusRott.

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Iniziamo con la giovane studentessa – che prende appunti in maniera tradizionale su un piccolo block notes, un fitto dialogo contrappuntato, alternativamente, dalle traduzioni di Aniello. Mostra, la ragazza, molto interesse per una sommaria analisi floristica del luogo, dove è esplicitato il ruolo delle fumarole nel determinare la composizione delconsorzio vegetale e le sue caratteristiche fenotipiche ( forma, dimensione, aspetto esteriore e sviluppo, delle singole specie). Non manca qualche riferimento all’influenza dell’uomo nel contesto floristico generale: lo spunto è dato sia dalla presenza di alcuni cespugli di leccio (Quercus ilex L.) che costeggiano lateralmente la strada di accesso, e piantati a filare, sia e soprattutto a quella di alcuni esemplari arborei isolati di Ligustrum vulgare, specie assolutamente estranea alla vegetazioneautoctona del luogo e della intera isola. È una presenza casuale ed accidentale, forse legata agli sversamenti di resti di potatura proveniente da giardini o alberature stradali! La discussione si fa via via più interessante e spazia su concetti di successione floristica, dei sere ( singoli stadi di una successione f.ca), del livello climax che caratterizza le fitocenosi mature e stabili, di come l’uomo, a volte anche involontariamente e pesantemente , può influenzare gli equilibri faticosamente raggiunti in lunghissimi anni di evoluzione da un consorzio vegetale.

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Ci affacciamo finalmente dalla ringhiera in legno che delimita lo spiazzo. Sotto si nota il tappeto verde delle chiome di leccio che degrada dolcemente verso il centro del cratere. Sui bordi il verde cupo delle lucigne,così gli ischitani chiamano i lecci, è spezzato nella sua continuità da macchie di un colore diverso. Registriamo il dato e rimandiamo la spiegazione ad un momento successivo. Ci avviamo nel sentiero posto sul lato sud del piazzale. L’umidità elevatissima fa il paio con il quoziente di ombra che diviene via via più importante per la copertura trabordante della fustaia che si eleva dal pendio del bordo del cratere. L’edera (Hederaelix ), il pungitopo ( Ruscusacutifolius ), la stracciabrache( Smilaxaspera L.)ed alcune felci nane , trovano l’ambiente ideale per il loro sviluppo. Appuntiamo, con la ragazza, la diversità di abito che assumono le stesse piante al mutare delle condizioni di luminosità. La presenza di alcuni giovani virgulti di orniello (Fraxinusornus L.) che stentano ad affermarsi in quel contesto per la severa competizione svolta da alberi adulti molto fitti, ci fa chiedere su come si propaga questa oleacea: “ Per seme ! “, è la risposta immediata. Cerchiamo il presunto genitore di tanta prole, lo individuiamo subito incuneato tra alcuni lecci al limite alto del sentiero. Altro appunto notevole: il rinvenimento di alcuni funghi lignicoli su ceppaie morte di alberi: tra essi il raro Ganodermalucidum , il fungo venerato dagli orientali, ed oggi anche dagli occidentali, per le sue vere o presunte virtù salutistiche. Giungiamo finalmente al punto che ci permette di disvelare l’enigma della colorazione diversa che dall’alto avevamo vista inserita in quella della lecceta: Cisono alberi altissimi dalla corteccia bruna, corrugatalongitudinalmente, ma in modo non grossolano, le foglie sono ellittiche e seghettate ai margini , leggere, non lucide, già, a questo punto di questa stagione, viranti al giallo.

Non sono pochi, anzi sono abbastanza numerosi e, giudico a vista, molto annosi, forse tanto quanto lo sono i lecci più anziani della zona: sono CARPINI NERI ( Ostryacarpinifolia )!È la stazione più numerosa che abbia mai osservato sulla nostra isola. Certamente non è una presenza accidentale, né frutto di un inserimento dell’uomo, almeno non lo è di recente. Più probabile si tratti di un elemento vegetazionale di origine antica conservatosi sul posto grazie a circostanze fortunate. La sua propagazione nell’intorno è significativa e rassicura sul destino e sul futuro della specie sul posto. Infatti, notiamo una miriade di giovani piante pronte a prendere il posto dei genitori anziani. Avanziamo ancora un pochino sul crinale registrando leggere modificazioni nella luminosità , ora un tantino più accentuata, e nel tasso di umidità, che producono effetti sia sulla composizione che sull’abito delle piante. Guardando verso il basso, negli spazi liberi lasciati dai tronchi di alcuni alberi caduti spontaneamente al suolo, intravediamo in lontananza, verso il fondo del cratere del ROTARO I(così designato da Alfred Rittmann nella sua GEOLOGIA dell’isola d’Ischia !) alcuni alberi già completamente defogliati ma copiosamente avviluppati dal tronco fino alle terminazioni dei rami da formazioni licheniche di tipo foglioso. Riesco a riconoscere a distanza che sono degli ailanti, che noi ad Ischia chiamiamo BUNCAZZONI. Dovreste ricordare, cari amici lettori, che dedicai a questa specie uno dei miei primi servizi su Il Golfo. La presenza di quegli alberi in un bioma maturo, suscita qualche perplessità nella giovane studentessa austriaca. Gli spiego che trattandosi di una specie pioniera che si insedia in siti per qualche motivo, non necessariamente legato all’agire dell’uomo, sconvolti dal punto di vista fisico e/o pedologico, quindi sostanzialmente retro degradati, non è innaturale la presenza di specie pioniere opportunistiche, quale appunto l’Ailanthusglandulosa.

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Anche in questa circostanza ci ripromettiamo un’analisi più puntuale quando arriveremo sul posto. Percorriamo un altro settore del crinale, verso est, e qui la dominanza della lecceta diventa assoluta. Ma più in alto si intravedono diversi esemplari di erica ( Ericaarborea L.) , quantunque sparuti e spogli di foglie nelle parti basse per difetto di luce. La giovane studentessa ci fa soffermare su un piccolo problema:il calcolo, sul posto, di quello che lei chiama indice di piantumazione. Intuisco che vuole intendere l’indice di densità vegetazionale, in quanto il primo termine è quello usato normalmente in fase di progettazione del verde per raggiungere una determinata densità di specie vegetali (alberi, arbusti, erbaceeperenni, ecc.) in un’area priva di vegetazione. Chiarito l’equivoco, dovuto anche alla difficoltà di tradurre perfettamente dal tedesco all’italiano, risolviamo agevolmente il problema con piccoli accenni di simulazione di calcolo. Ma rimane, nella ragazza, qualche dubbio interpretativo, che poi avremmo sciolto più tardi, per cui vi chiedo, amici lettori, di pazientare ancora un poco.Ma intanto siamo giunti sul fondo del cratere! E’ un area pianeggiante di forma grosso modo circolare – Eh, direte voi, che forma può avere un cratere! – nella cui parte centrale, manco a dirlo, è piazzato un bellissimo ed anziano esemplare di Carpino nero dal tronco scolpito fino all’ampia ceppaia da innumerevoli contorsioni che ricordano tanto i fasci muscolari di atleti prestanti e nerboruti! Ma tutt’intorno le cose cambiano: ritroviamo sul margine meridionale gli ailanti ricoperti dai licheni, mentre nella radura occidentale, più distaccata dal bosco rispetto a quella orientale, fitolacche, liane di vitalba e tamaro, ma anche rovi ed un tappeto di felci aquiline.

In un alberetto un poco defilato rispetto al carpino,e di discrete dimensioni, riconosco un Sambuco nero ( Sambucusnigra), poco oltre alcuni ornielli ( frass(e) ) frammisti a d altri giovani sambuchi. Questa modificazione così eclatante della vegetazione- spiego ai miei due amici- è del tutto normale in quanto, essendo quella depressione il destino finale delle acque ruscellanti che vi confluiscono da tutte le direzioni, riceve man mano anche detriti terrosi anche in quantità cospicue. È quindi un’area che non trova mai tranquillità, ma continue modificazioni del suolo. È come se quel posto fosse di tanto in tanto rimescolato nel suolo, alla stessa maniera di quanto succede – ad esempio – quando un terreno viene smosso da un mezzo meccanico. Si innescano così i meccanismi propri delle fasi iniziali di una successione floristica. Ecco, il cratere di Fondo D’Oglio, rispetto all’intorno maturo e sostanzialmente stabile, quindi avanti nell’evoluzione della fitocenosi, è attualmente retrogradato ai primi gradini della successione. E le specie che vi rinveniamo sono specie, per così dire, provvisorie. Ma questa provvisorietà può durare anche molto a lungo, e solo l’occhio esperto sa cogliere negli anni anche le più piccole modificazioni che fanno intuire un processo dinamicamente in evoluzione. Forse Fondo d’Oglio, che anticamente era bagnato da un piccolo lago craterico, e quindi con una vegetazione di tipo palustre, ha trovato il suo elemento perturbatore più importante negli anni in cui la zona posta sul suo lato ovest, quindi lo spiazzo da cui siamo partiti, fu utilizzata come discarica di rifiuti. La successiva sistemazione – sospeso lo scellerato utilizzo come discarica- ed il rimboschimento effettuato dal Corpo Forestale dello Stato alcuni decenni orsono, a partire dal muro di contenimento dello spiazzo e fin quasi sull’orlo del fondo del cratere, hanno restituito al luogo una accettabile dignità paesaggistica ed ambientale. Discuto di queste cose con Aniello Di Iorio ed è lui, da esperto geologo e conoscitore della storia geo-morfologica dell’isola d’Ischia, a ragguagliarmi con dovizia di particolari sulla storia dei vulcani che il Rittmann, già dal 1930, identificò con la serie Rotaro I, II, III , e IV. Con questi argomenti di dialogo lasciamo il Fondo D’Oglio e ci avviamo verso lo spiazzo da cui eravamo partiti. Non prima però di essere passati dal rimboschimento di lecci che inizialmente avevamo visto solo dall’alto. Siamo, ora, immersi al suo interno! E’ un impianto fitto fitto! Dall’alto non si percepiva la sua disposizione a file regolari distanti tra di loro circa due metri, e con alberi sulla singola fila distanti circa un metro e cinquanta centimetri. E’ qui che ho la possibilità di spiegare meglio alla giovane austriaca come si calcola, con un esempio pratico, la densità della vegetazione di un luogo, i concetti di stratificazione orizzontale, a partire dalle erbe basse, fino ai soggetti arborei più elevati, passando per arbusti e liane, frutici ed erbe perenni ed annuali, licheni, funghi ed altro ancora. Siamo ora sullo spiazzo, pronti a ritornare alle nostre case per il pranzo domenicale. Incrociamo una famigliola, con bambini in tenera età. Anch’essi giovani virgulti, nel gioco mirabile ed incommensurabile del Creato.

*agronomo e naturalista

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