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Lacco Ameno, l’IC “V. Mennella” ricorda la tragedia della Shoah

Gianluca Castagna | Lacco Ameno – Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. Sono le parole di Primo Levi, sopravvissuto alla Shoah eppure mai guarito dalle ferite dell’anima che quella tragedia gli aveva procurato, a segnare la Giornata della Memoria celebrata all’IC “Vincenzo Mennella” di Lacco Ameno.
Sabato 27 gennaio, nel primo pomeriggio, il monito dell’autore di “Se questo è un uomo” si è fatto sentire forte nel grande ingresso del plesso scolastico alla Fundera, sede di buona parte della scuola elementare e di tutte le classi della scuola media.
Centinaia di studenti, affiancati dai loro insegnati e alla presenza di tanti genitori, hanno dimostrato di essere sempre più consapevoli, malgrado la giovane età, dell’orrore e della violenza di cui l’uomo può essere capace quando cade prigioniero di se stesso in un delirio di onnipotenza che può diventare contagioso e assumere una dimensione tragicamente collettiva come quella dell’Olocausto e dei genocidi che, ancora oggi, insanguinano tanti popoli del mondo.

La Giornata della Memoria, approvata e istituzionalizzata all’unanimità dal Parlamento italiano nel 1999, non serve solo a commemorare milioni di persone uccise crudelmente quasi 80 anni fa senza nessuna pietà o ragione che la mente umana possa comprendere. Serve a ricordare che ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi. Serve a ricordarci che verso queste discriminazioni non alziamo abbastanza la voce e che spesso, per comodità e opportunismo, ci nascondiamo in quella che gli storici chiamano la ‘zona grigia’.
Purtroppo in questi decenni la scuola italiana non ha brillato per elaborazione culturale ed educativa sui grandi, drammatici eventi della storia del Novecento. Solo negli ultimi anni si è registrato un significativo risveglio intorno ai vari olocausti e genocidi del secolo scorso. Certo, la portata dell’evento “Shoah” è complessa, brutale, idonea a elaborare interpretazioni solo a lunga scadenza e attraverso un lavoro graduale di ascolto delle testimonianze e di una lunga, faticosa raccolta del materiale. Eppure è un impegno che bisogna assumersi.
Soprattutto, come sottolineato dalla preside Assunta Barbieri, nella scuola pubblica. «Ogni giorno in classe li invitiamo a fuggire il pregiudizio e il ragionamento per stereotipi, insegnando loro l’importanza della libertà, della democrazia e del rispetto delle differenze».

La Giornata della Memoria celebrata sabato all’IC V. Mennella di Lacco Ameno è stata l’occasione per riflettere su un grande libro della memoria come la Shoah e commemorare le vittime degli abissi di cui è stato capace l’uomo nel cuore più vivo e progredito dell’Europa. Se è ragionevole pensare che per un’autentica consapevolezza della Shoah (anche tra le giovani generazioni) occorrano tempo e preparazione educativa, è ugualmente vero che la memoria va resa attuale da un’attenzione altrettanto forte ai problemi del presente. Dalla tragedia dei migranti nel Mediterraneo a una cultura della vita negata nei paesi dove ancora vige l’orrore della pena di morte.
Ecco perché, gli studenti del V. Mennella hanno consegnato all’avv. Cecilia Prota, assessore al comune di Lacco Ameno, una petizione per aderire all’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio “Città per la vita” e sostenere l’abolizione della pena capitale.
«E’ una giornata importante – commenta l’assessore – perché ricordare significa capire il presente, non solo il passato. Significa difendersi dal bombardamento di notizie che non corrispondono alla realtà e che possono generare sentimenti di ostilità, di odio. Il compito delle famiglie è fondamentale, ma lo è soprattutto quello della scuola, degli insegnanti che aiutano a ricordare episodi che non vanno dimenticati. Anche in queste settimane, abbiamo assistito ad attacchi espliciti verso questa memoria della Shoah, a dichiarazioni contro cui si è schierato il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non dobbiamo mai abbassare la guardia e l’invito che faccio a voi ragazzi è che facciate attenzione che non vi sia, dentro e fuori la scuola, nessuna forma di razzismo e discriminazione. Né per il colore della pelle, né per le idee, né per la religione. La Repubblica italiana ha risposto a questo maldestro tentativo di ignorare l’Olocausto con la nomina di senatrice a vita di Liliana Segre, che a 13 anni si ritrovò improvvisamente ad affrontare la deportazione nel lager di Auschwitz, dove rimase per circa un anno prima di essere liberata».

Era una bambina, Liliana, quando sentì dalla voce del padre che a ottobre non sarebbe potuta tornare a scuola. Agli ebrei da quel momento fu vietato. Era il 1938, l’anno della promulgazione delle leggi razziali.
La storia della Segre, come quelle di tanti deportati, sono state rievocate durante la celebrazione da tanti giovani studenti guidati dal prof. Michele Costagliola D’Abele e dai suoi colleghi. Poesie, estratti dal “Diario di Anna Frank” o dalle testimonianze di ebrei sopravvissuti (come Levi e Piero Terracina), disegni e manifesti che raccontano non solo l’orrore dei campi di concentramento, ma la vita prima delle persecuzioni, la solitudine dei ghetti, le tradizioni e la cultura del popolo ebraico. Particolarmente toccanti le storie evocate da Luigi Amore, figlio di una famiglia ebrea napoletana perseguitata dall’antisemitismo. Amore, che oggi vive a Lacco Ameno, ha ricordato, senza riuscire a trattenere la commozione, lo choc che provarono i soldati russi e americani quando entrarono nei lager. Erano uomini abituati alle efferatezze della battaglia, ma crollarono di fronte a ciò che trovarono dentro i campi.

Preside Barbieri, perché è importante raccontare la Shoah nelle scuole?
Ogni giorni assistiamo a rigurgiti di violenza, razzismo, antisemitismo, negazionismo. Si torna a parlare di razza bianca, parole che destano più rabbia che orrore quando a farlo sono persone che aspirano a entrare in Parlamento. Non possiamo più permetterci di ritornare a quelle tragedie: orrori che sono ancora sotto gli occhi di tutti e che, se non ci fosse la scuola, questi bambini non conoscerebbero. Il 27 gennaio è una data importante, così come è stato importante istituzionalizzarla perché tutti ricordino cosa è successo.
Da quando è stata istituita la Giornata della Memoria è cambiato qualcosa nella percezione degli italiani su questi fatti così drammatici o il Paese – come alcuni sostengono – non ha mai fatto veramente i conti con l’Olocausto e l’antisemitismo?
Se questa Giornata non ci fosse, molti sarebbero tentati dal far finta di nulla. Non possiamo più accettarlo. Al tentativo di negazione bisogna opporsi con forza, determinazione. Tutto quello che è successo, e in tante parti del mondo ancora succede, deve essere ricordato. La maggior parte degli italiani ha imparato a non ripetere quei terribili errori. Oggi è più consapevole, responsabile e matura proprio grazie al ricordo di quello che è successo.
L’antisemitismo come forma di una discriminazione più ampia che può attecchire nel tessuto scolastico.
La scuola pubblica deve essere una scuola aperta a tutti, che non lascia indietro nessuno. Una scuola che combatte ogni forma di discriminazione, non solo l’antisemitismo. L’IC Vincenzo Mennella realizza l’inclusione nei fatti. Verso gli stranieri, i diversamente abili, bambini che hanno qualche svantaggio di partenza. Siamo molto attenti a questi aspetti.
Pensa che il negazionismo emerso negli ultimi anni sia un prodotto dell’ignoranza o manifestazione di una deliberata intenzione di mentire? Di cosa si nutre l’antisemitismo di questi anni?
Ogni forma di prevaricazione nasce fondamentalmente dall’ignoranza. O dalla mala fede, soprattutto da parte di persone deboli che affermano una presunta superiorità, di razza, religione, lingua, cultura, per coprire anche un proprio disagio. Forse perché non si è riusciti a includerli, quindi la società deve fare autocritica. La scuola è importantissima. Mi accompagna sempre quello che sosteneva il costituzionalista Piero Calamandrei: «Soltanto la scuola può trasformare le persone da sudditi a cittadini». La scuola pubblica ha questo dovere, noi lo perseguiamo con forza.

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Lo conferma anche l’insegnante Giovanna Costagliola
Cosa sanno oggi i bambini degli Ebrei e della Shoah?
Ne sanno abbastanza. Non perché lo affrontiamo nel programma di studio che, nelle elementari, non va oltre la caduta dell’Impero Romano. In occasione delle ricorrenze che riguardano la Storia di questo Paese, però, facciamo comunque un passo indietro nella storia più recente. Linee del tempo, tabelle, soprattutto attraverso letture cerchiamo di trasmettere informazioni su quanto è accaduto.
Come si affronta, da insegnanti, una tragedia che – a detta degli stessi sopravvissuti – non è raccontabile?
Per gradi, naturalmente. Partendo dalla testimonianza di coloro che si sono salvati. La salvezza è rassicurante per i bambini più piccoli. In quinta elementare si fanno discorsi più ampi, complessi, si parla delle grandi tirannie e di figure che conoscono come Hitler o Mussolini. La lettura di certi testi, penso al Diario di Anna Frank, o la visione di certi film, è fondamentale. Sono approcci soft, adatti a bambini della loro età. Ricordargli quel periodo senza metterli di fronte a quegli orrori in maniera così diretta e cruda. Stimoliamo la comprensione e l’empatia evitando una rappresentazione troppo realistica dell’orrore o resoconti troppo dettagliati.
Com’è la risposta dei bambini? Le sono mai sembrati spaventati?
Sono molto interessati, una risposta decisamente motivante per noi docenti. La storia più recente li appassiona, li incuriosisce. Quest’anno ci siamo avvicinati anche a qualche autore più complesso come Primo Levi e alla sua vicenda biografica. Non c’è nessuno che si è spaventato o turbato: dipende da come raccontiamo la Shoah. Anzi, ho dovuto chiedere io che certe immagini o situazioni non venissero ricordate nei loro dettagli più crudi.

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Le celebrazioni della Giornata della Memoria al Mennella sono terminate con due momenti musicali: “Beautiful that way” (La vita è bella), tema principale della colonna sonora del film di Benigni composta dal premio Oscar Nicola Piovani; e “Gam Gam”, canzone scritta da Elie Botbol che riprende il quarto versetto del testo ebraico del Salmo 23 diventata uno degli “inni” più toccanti in memoria dell’Olocausto.

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