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Lacco Ameno, sentenza “salva tutti”

David Lebro aveva chiesto l’annullamento del bilancio preventivo dell’ente guidato da de Magistris: in caso di accoglimento sarebbero andati persi anche i finanziamenti destinati ad enti locali. E così Pascale & co. hanno tolto le castagne dal fuoco alla Città Metropolitana

Nuova vittoria del Comune di Lacco Ameno sul fronte del contenzioso. E stavolta il verdetto è tanto più importante non soltanto per il pur fondamento aspetto economico, ma anche per alcune singolari circostanze che hanno caratterizzato il processo. Tra l’altro alla luce delle conseguenze positive che avrà la decisione del Tar, si può parlare davvero di una sentenza “salva tutti”, per merito esclusivo del Comune del Fungo. Ma andiamo con ordine. La controversia in questione si era generata dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, a partire da un ricorso inoltrato dal consigliere della Città Metropolitana David Lebro, rivolta contro la stessa ex Provincia. Il consigliere chiedeva l’annullamento della deliberazione del Consiglio Metropolitano di Napoli che aveva definitivamente approvato il Bilancio di previsione e il Documento unico di programmazione, entrambi riferiti al triennio 2019/2021. In essi erano previsti anche finanziamenti per i Comuni, compreso Lacco Ameno. In gergo giuridico, il ricorso denunciava la «violazione del D.Lgs. n. 267/2000, violazione del regolamento di contabilità della Città Metropolitana, violazione dei principi di veridicità, attendibilità e correttezza della documentazione contabile, violazione dei principi in tema di funzioni e competenze delle Città Metropolitane, violazione della L. n. 241/1990, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa; eccesso di potere, sviamento».

GNA TAR,TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE NAPOLI (SUD FOTO)

Eppure, sorprendentemente, contro la pretesa di Lebro, la Città Metropolitana non si era costituita in giudizio. Cosa che invece ha fatto il solo Comune di Lacco Ameno, difeso dall’avvocato Nicola Patalano, contro-deducendo nel merito della questione e chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto se fosse stata accolta la richiesta del consigliere, le conseguenze sarebbero state pesantemente negative per l’ente di Piazza Santa Restituta. Quest’ultimo avrebbe infatti visto sfumare lo stanziamento necessario a ripristinare le strutture della zona portuale gravemente danneggiate dalla tempesta che lo scorso febbraio investì i litorali dell’isola: una calamità che indusse il sindaco Giacomo Pascale a chiedere lo stato di emergenza di rilievo nazionale. I guai più grossi erano stati riportati dal porto turistico: le onde devastarono le scogliere di soprafflutto, alterato la stabilità del pontile principale, sganciato e distrutto i pontili galleggianti, spazzato via tutti gli impianti, oltre ad aver affondato vari natanti ormeggiati.

L’udienza camerale per l’esame della domanda cautelare si è svolta lo scorso 3 luglio presso la Prima Sezione del Tar. Il Collegio si era riservato di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 e 74 del c.p.a., reputandolo maturo per la decisione di merito. Il Tar nei giorni scorsi ha poi pubblicato il verdetto, dichiarando il ricorso in parte inammissibile e per il resto infondato. Inammissibile perché “costituisce principio consolidato quello secondo cui la legittimazione dei consiglieri dissenzienti ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, ed essa è pertanto limitata alle sole ipotesi in cui si lamenti la lesione della propria sfera giuridica, come, per esempio, nel caso di scioglimento dell’organo o di nomina di un commissario ad acta, oppure nei casi in cui i vizi dedotti attengano a profili come le erronee modalità di convocazione dell’organo consiliare, la violazione dell’ordine del giorno, l’inosservanza del deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare, o più in generale, la preclusione, in tutto o in parte, dell’esercizio delle funzioni relative all’incarico rivestito”, mentre nel caso in esame nulla di tutto questo era ravvisabile. Come rilevato dalla difesa del Comune di Lacco Ameno, il ricorrente era stato effettivamente messo nella possibilità di esprimere il proprio voto in ordine alla delibera tant’è che ha rilevato errori ed incongruenze tra DUP e schema di bilancio ed ha potuto esprimere voto contrario, «mostrando così di aver acquisito piena conoscenza in ordine ai profili di criticità delle gravate delibere consiliari, con conseguente esclusione di eventuali lesioni delle proprie prerogative istituzionali; analoghi rilievi possono essere articolati in ordine alla terza censura che riguarda un profilo (l’ammissibilità del finanziamento in favore del Comune di Lacco Ameno e presunta incompetenza della Città Metropolitana a deliberare al riguardo) sul quale il ricorrente ha svolto le proprie argomentazioni in assemblea esprimendo voto contrario». Un altro motivo del ricorso invece riguardava un presunto vizio che può fondare la legittimazione processuale dei consiglieri: era in discussione la presunta violazione del regolamento di contabilità dell’ente, in ragione della tardiva presentazione di una integrazione all’emendamento n. 15 allo schema di bilancio approvato con delibera n. 55 del 27 marzo scorso. Secondo il Tar, tale motivo di ricorso è tuttavia infondato «poiché, ai fini della verifica della tempestività ex art. 12 del regolamento di contabilità dell’ente, occorre avere riguardo all’emendamento in sé considerato e non alla mera integrazione che, a ben vedere, non ha modificato l’oggetto dell’intervento (che è rimasto lo stesso) ma solo la indicazione del finanziamento, profilo sul quale l’istante non ha svolto contestazioni di merito, limitandosi a censurare la mera tardività dell’atto». La sentenza dunque ha “salvato” la delibera della Città Metropolitana, anche i finanziamenti previsti per vari Comuni, che possono a buon diritto ringraziare l’ente di Piazza Santa Restituta per aver resistito al ricorso.

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