L’accusa di Lagnese: «Ischia terra egoista, di falso benessere ed illegalità diffusa»
ISCHIA. No, non è stata un’omelia come tutte le altre. E, soprattutto, sono state parole che avrebbero fatto drizzare le orecchie anche ai non credenti. Perché l’intervento del vescovo d’Ischia, mons. Pietro Lagnese, pronunciato in occasione della Santa Messa celebrata nella Chiesa Cattedrale di Ischia Ponte per l’apertura dell’anno pastorale diocesano, non possono proprio passare inosservato. Anzi, rappresentano un monito, una sorta di “anatema”. C’è stato un passaggio che è risuonato forte, fortissimo e i cui contenuti sono inequivocabili e suonano quasi come una condanna inappellabile. Lagnese a un certo punto ha pronunciato queste parole: “Pensiamo anche alla nostra bella Isola, dove pure cresce la povertà e il disagio sociale e ancora albergano situazioni di ingiustizia e di sperequazione, di illegalità diffusa, di indifferenza e di disaffezione ai valori del bene comune e del territorio, ma che, soprattutto, si mostra sempre più divisa, ingessata nella ricerca egoistica del proprio particulare, con il triste primato di terra tra le più litigiose d‘Italia. E tutto ciò anche a causa dell’idolatria del denaro e del mito di un falso benessere. Sì: l’idolatria uccide, rende chiusi e insensibili all’altro, incapaci di condividere, indifferenti a chi ci è accanto. E noi cristiani, in un mondo sempre più ammalato della piaga dell’egoismo e dell’indifferenza e sempre più schiavo dell’idolatria del denaro, che ruolo giochiamo? Qual è la parte che dobbiamo fare?”.
Un j’accuse, quello di Lagnese, assolutamente condivisibile ed in parte già noto ma destinato a far rumore perché arriva da un contesto istituzionale ed ufficiale come quello del pulpito. Il pastore della Diocesi isolana non parla soltanto dell’egoismo che attanaglia sempre più la nostra comunità, ma anche di un benessere che ormai è soltanto ostentato vista la crisi economica che colpisce un numero sempre maggiore di uomini, donne e famiglie. Ma attenzione soprattutto a quelle due parole, “illegalità diffusa”, che certamente non possono essere archiviate con leggerezza e che probabilmente appena venti anni fa mai avrebbero potuto essere abbinate al nome di Ischia. Lagnese mostra nel suo intervento una lucidità e un’onestà intellettuale davvero straordinaria, al punto da mettere in discussione finanche l’operato della Chiesa locale e lo si evince in maniera chiara da un passaggio del suo intervento: “E così per le nostre parrocchie, le comunità religiose o le aggregazioni ecclesiali presenti sull’Isola – ha detto il vescovo – Signore, quali sono le malattie della comunità parrocchiale di cui faccio parte, di cui sono membro attivo, di cui sono ministro, di cui sono parroco, amministratore, vicario parrocchiale? Quali sono quelle malattie della nostra parrocchia, che le impediscono di dare il meglio di sé, di essere ciò che dovrebbe essere, tenda di Dio tra le case degli uomini? Signore, facci vedere quali sono le miserie della nostra comunità religiosa, della nostra congregazione. Quali sono le malattie del movimento, dell’associazione, dell’aggregazione ecclesiale di tua appartenenza?”. Anche questi interrogativi tutti degni e meritevoli di riflessione.
Lagnese, nel corso della sua omelia, non ha voluto perdere in ogni caso la speranza ed ha lanciato una lunga esortazione ai presenti che si trovavano in Chiesa: “Carissimi, chiediamo al Signore che anche la nostra Chiesa sia come Matteo Libera, in cammino, missionaria. Libera: cioè non attaccata alle cose, e non desiderosa che le persone si attacchino a noi; libera e perciò non ammalata di potere e di possedere. Mai prona davanti ai potenti del mondo, ma sempre in ginocchio davanti a Gesù, nella consapevolezza che solo chi sa porsi in ginocchio dinanzi a Lui, può rimanere in piedi. In cammino: e cioè mai ferma e mai arrivata; sempre alla sequela di Gesù e sempre itinerante sapendo che non abbiamo una patria quaggiù; Chiesa discente benché maestra, anzi maestra proprio perché discente. Missionaria: alla ricerca degli uomini, malati e persi, contagiata dalla stessa passione di Gesù. Desiderosa che tanti facciano l’incontro con Gesù. E perciò Chiesa dalle porte aperte, come quella di Matteo, anzi Chiesa in strada per chi è incapace di entrare. Una Chiesa così è una Chiesa che vuole somigliare a Maria: Lei, Donna libera, in cammino, missionaria. Così ci è presentata nell’icona della Visitazione sulla quale vi ho invitato a meditare con la Lettera Pastorale “e ti vengo a cercare” in occasione della Visita Pastorale che riprende nei prossimi giorni proprio dalla città di Ischia. Lei, Donna in piedi, anche sotto la Croce è la Vera immagine della Chiesa, Chiediamo al Signore la grazia di diventare come Lei: Chiesa libera, in cammino, missionaria. E chiediamolo anche a Lei. Preghiamo perché la nostra Chiesa diventi sempre più così. Preghiamo per la Visita Pastorale. Preghiamo per i giovani e per il prossimo Sinodo dei vescovi sul tema: ‘giovani, fede e discernimento vocazionale’”.
Gaetano Ferrandino