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L’amarezza di Molinaro: «Le ruspe? La politica ormai è supina alla magistratura»

L’incubo demolizioni e come riuscire quantomeno a limitare gli effetti di una serie di sentenze con la sanzione accessoria dell’abbattimento: microfono al noto avvocato isolano, che fa anche una serie di significative riflessioni

Sono tornate a far capolino le ruspe e l’impressione è che l’abbattimento patito da Domenico De Siano a Forio, in via Calosirto, pare essere servito a risvegliare le coscienze. Insomma, l’episodio sembra aver suscitato una reazione diversa rispetto al passato.

«La cosa che maggiormente ha lasciato sconcertati gli osservatori esterni è stata la cosiddetta “vandalizzazione” degli ambienti. Parliamo di un’attività ricompresa nella demolizione, propedeutica alla stessa, rientra nella rimozione delle opere realizzate senza titolo. Ma il fatto che nel caso di specie sia stata eseguita, da quanto ho letto, da un solo operaio e non dalla ditta incaricata ha lasciato la sensazione di voler compiere l’attività demolitoria in tutta fretta, quasi si potesse temere l’arrivo di qualche provvedimento di segno antitetico calato dall’alto».

Ha parlato di qualcosa di calato dall’alto, il sospetto è che non arriva qualcosa del genere non ce ne usciamo. E quello che preoccupa, a riguardo, è che la politica sembra avere abdicato a quello che è il suo ruolo, o sbaglio?

«Assolutamente no, io stesso ho parlato di sovranismo e gigantismo giudiziario. Oramai è noto a tutti che in Italia la politica ha ceduto le armi diventando supina e addirittura subalterna rispetto alla magistratura. Quando all’Università abbiamo studiato i principi del nostro ordinamento costituzionale, ricordo che si diceva che il giudice parla il diritto, non lo crea, questo è un compito che spetta al legislatore e dunque alle due Camere. La verità è che tutto quello che si fa nel nostro paese viene caratterizzato da un’interpretazione decisamente restrittiva da parte della magistratura che spesso ingaggia vere e proprie lotte anche con le corti internazionali: non a caso spesso, soprattutto per quanto riguarda i diritti umani, la Cassazione non ha voluto adeguarsi a sentenze della Corte Europea».

«Siamo davanti a un sovranismo e gigantismo giudiziario. In Italia la politica ha ceduto le armi diventando subalterna rispetto alla magistratura. Quello che si fa viene caratterizzato da un’interpretazione restrittiva dei giudici che spesso ingaggiano lotte anche con le corti internazionali: non a caso spesso la Cassazione non ha voluto adeguarsi a sentenze della Corte Europea»

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Parliamo a un professionista di lungo corso al quale faccio una domanda “minata”. Ma negli anni passati voler chiudere ogni processo col patteggiamento, ignorando la sanzione accessoria della demolizione, non è stato forse un azzardo o un eccesso di superficialità? Insomma, in buona sostanza, c’è da rimpiangere quelle scelte?

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«Parliamo di un falso problema. Innanzitutto non è vero che si eseguono soltanto sentenze patteggiamento ma anche di condanna. Non c’è dubbio che tanti anni fa spesso l’avvocatura faceva ricorso a questo strumento di deflazione del contenzioso che è il patteggiamento, ma ho sempre ribadito e lo faccio ancora che al difensore può essere rimproverata una pessima scelta processuale solo quando il reato era prossimo alla prescrizione. E ti posso garantire che le Procure negli anni passati erano velocissime nel decretare il rinvio a giudizio dei contravventori e dunque raramente si configurava questa ipotesi. Ma ti dirò di più…».

Prego.

«L’avvocato che ha patteggiato è anche un professionista che è andato nella direzione di favorire il cliente sotto altri aspetti, perché con quella sentenza di patteggiamento il processo di primo grado si chiude subito mentre con il rito ordinario procede e bisogna ricorrere in Appello e magari in Cassazione. Insomma, chi optava per patteggiare è stato anche onesto, perché ha voluto evitare al suo assistito lungaggini giudiziarie ed anche un aggravio di spese. Tra l’altro, fammi ricordare anche che spesso era lo stesso cliente che chiedeva il patteggiamento, perché questo portava conseguenzialmente al dissequestro dell’immobile il che consentiva di capitalizzarne l’utilizzo».

I sindaci sono stati a colloqui con De Luca, l’impressione però è che il governatore sulla tematica delle demolizioni non voglia forzare la mano più di tanto.

«Per la verità ho saputo cose diverse, parlando con più di un sindaco mi è stato riferito che anche il governatore vuole sposare la petizione e la proposta di legge “blocca ruspe” almeno fino a quando non avrà termine la pandemia. Poi se mi dici che la politica in questi casi mantiene un profilo basso anche quando vuole fare cose buone, beh su questo sono d’accordo ma c’è anche una spiegazione: abbiamo a che fare con un manipolo di ambientalisti pronti a sparare a zero ogni qualvolta si propone qualcosa in grado di lenire una serie di effetti come quelli che abbiamo davanti ai nostri occhi. Parliamo di un piccolo coro, ma va detto che anche la stampa gioca il suo ruolo. Funzionari e politici temono di finire sui giornali per provvedimenti impopolari, inutile girarci intorno. D’altronde oggi in Italia chi comanda? I giudici, i giornalisti? In questo momento, ripeto, il potere concreto è della magistratura, che finisce inevitabilmente per condizionare l’attività del potere legislativo. D’altronde, ogni qualvolta sembra che possa essere “partorito” un qualche provvedimento, ecco che come per incanto succede qualcosa e non devo essere certo io a scendere nei dettagli».

«Il patteggiamento? In passato l’avvocatura ci faceva spesso ricorso ma ribadisco che al difensore può essere rimproverata una pessima scelta processuale solo quando il reato era prossimo alla prescrizione. E i rinvii a giudizio della Procura erano repentini. Inoltre, spesso era richiesto dai clienti che volevano tornare in possesso dell’immobile per capitalizzarne l’utilizzo»

C’è da essere ottimisti sul fatto che possa muoversi qualcosa, almeno per quanto riguarda le abitazioni di prima necessità?

«Avrai notato che negli ultimi tempi c’è stata un’azione forte da parte della magistratura riguardante gli ordini di demolizione. Dico che quando si accelera così, qualcosa prima o poi succede, perché fino a quando si registrano singoli episodi è un conto ma quando si comincia a parlare di svariati casi nei quali (soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo) la demolizione mette a repentaglio la tutela di altri beni costituzionalmente garantiti quali il diritto alla salute e a un alloggio alternativo, ecco che a questo modo di procedere deve contrapporsi necessariamente la risposta del sistema».

E quindi?

«Immaginiamo se in un Comune venissero contemporaneamente messe in esecuzione cento demolizioni di case abitate, a mio avviso si scatenerebbe la rivoluzione. Non è un caso che la strategia della Procura sia stata fin qui quella di operare singoli abbattimenti in singole realtà territoriale, in maniera tale da non dover generare un eccessivo allarme sociale. Ma negli ultimi tempi tra Napoli e Provincia ci sono tantissime procedure in atto, c’è stata una evidente accelerazione soprattutto nella zona di Pianura e questo a mio avviso qualcosa provocherà. Anche perché i Comuni ai quali viene chiesto di garantire alloggi alternativi rispondono picche. Insomma, qualcosa dovrà pur accadere, magari nell’immediato si arriverà a un “blocca ruspe” motivato esclusivamente dall’emergenza covid, in futuro bisognerà capire se la politica se la politica vorrà riappropriarsi del proprio ruolo. Adesso mi pare evidente ne svolga uno di supplenza e questo non va bene. A proposito, vorrei mettere in evidenza un altro aspetto di questa complessa problematica».

«Nei giorni scorsi avete illustrato la mia proposta di legge che è chiara in tal senso e vuole far diventare la demolizione pena accessoria: questa cosa se passa non legherebbe affatto le mani ai magistrati, semplicemente imporrebbe loro di eseguire gli abbattimenti in un tempo congruo fissato in cinque anni»

Quale?

«Faccio riferimento alla natura della sanzione. Finora ho registrato un orientamento giurisprudenziale secondo cui la sanzione della demolizione è di natura amministrativa e non penale perché nasce dal presupposto di voler ripristinare lo stato dei luoghi violato dal contravventore. Di fatto, secondo anche quanto sostiene la Cassazione, non si prescrive mai, nemmeno dopo trent’anni o addirittura mezzo secolo. Mentre una pena accessoria se non viene eseguita, come previsto dal codice penale, viene dichiarata prescritta in cinque anni. Eppure anche uno studente universitario sa benissimo che la sanzione amministrativa è un provvedimento che viene irrogato dalla pubblica amministrazione, non dall’autorità giudiziaria che ha un ruolo decisamente diverso e certificato dalla Costituzione. E non è un caso che la Corte Europea ha sancito che quando una sanzione come quella della demolizione interviene dopo numerosi anni dall’accertamento del reato non ha più natura ripristinatoria quanto piuttosto punitiva e dunque va considerata come pena. Parliamo di una sentenza del 2008 ripresa anche in casi successivi, eppure in Italia non viene presa in considerazione. Nei giorni scorsi avete illustrato la mia proposta di legge che è chiara in tal senso e vuole far diventare la demolizione pena accessoria: questa cosa se passa non legherebbe affatto le mani ai magistrati, semplicemente imporrebbe loro di eseguire gli abbattimenti in un tempo congruo fissato in cinque anni. Insomma, si tratterebbe anche per i nostri politici di adeguarsi alle decisioni dell’Europa, non si farebbe nulla di sbagliato. Ho registrato l’interesse di alcuni parlamentari, speriamo si concretizzi».

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