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L’appello da Ischia: «Per battere la mafia, nuova cultura e impegno quotidiano»

Venticinque anni dopo, la lezione di Giovanni Falcone è ancora più attuale che mai. Il convegno organizzato presso l’hotel Regina Isabella dall’assessore alla cultura del comune di Lacco Ameno, l’avvocato Cecilia Prota, ha trasformato quella che poteva essere un’ordinaria commemorazione in una entusiasmante giornata sulla più autentica cultura della legalità. Si è così riusciti ad evitare il rischio che la figura del magistrato, ucciso a Capaci il 23 maggio 1992 insieme alla moglie e agli uomini della scorta, diventasse soltanto un’astratta icona di un passato sbiadito, rendendolo invece vivo e ben radicato nella nostra epoca, che del suo esempio ha tuttora bisogno. Un meeting con relatori d’eccezione, che hanno illustrato agli oltre cento studenti provenienti da varie scuole isolane il passato, il presente e il possibile futuro della lotta contro la criminalità organizzata, che oggi più che mai va condotta, come insegnava Falcone, cercando di togliere alle mafie il vero ossigeno che le tiene in vita: il denaro e il suo riciclaggio all’interno dell’economia legale.

Moderato da Paolo Chiariello, giornalista di Skytg24, l’incontro è cominciato verso le ore 11 nella Sala azzurra dell’hotel messa a disposizione dall’ingegner Carriero, col saluto del sindaco Giacomo Pascale, che dopo aver ringraziato i vari ospiti ha letto un messaggio dell’avvocato Gennaro Tortora, presidente dell’Osservatorio per la legalità in Campania, assente per motivi di lavoro. È stata poi la volta del dottor Alberto Capuano, giudice della sezione penale presso la sede ischitana del Tribunale: «Ricordo il mio primo processo – ha raccontato il magistrato – nel quale mi trovai a dover giudicare un killer della camorra, che in gioventù era stato mio compagno di scuola a Napoli. Fu una circostanza che mi insegnò come la lotta alla criminalità organizzata sia una vera e propria scelta di vita. E ai giovani ragazzi in sala voglio ricordare che, anche se la malavita sembra un fenomeno lontano dalla quotidianità ischitana, in realtà non è affatto così: essa si annida nell’economia arrivando ovunque». Il giudice Capuano ha poi spiegato l’importanza della denuncia dei crimini: «Falcone e Borsellino ci hanno indicato la via con la famosa frase “Chi ha paura muore tutti i giorni, chi non ha paura muore una sola volta”, perché non bisogna temere di denunciare i camorristi: la denuncia è necessaria, perché la paura fortifica la mafia. Non dimenticate che la strage di Capaci fu un atto di guerra, compiuto con modalità di guerra. La mafia va quindi combattuta in ogni modo, a partire dal coraggio della denuncia». Il possibile arrivo dell’economia criminale a Ischia, ha spiegato  il magistrato, è testimoniato anche da quei reati, come ad esempio la ricettazione, che possono essere indici collaterali ma rivelatori di quell’economia di riciclaggio del denaro sporco praticata dalla malavita.

Al microfono è poi intervenuto il dottor Cesare Sirignano: «La mafia non è il crimine di strada – ha dichiarato il sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia – non è soltanto la violenza e la prepotenza sociale. Oggi la criminalità è un fenomeno enormemente complesso, che si insinua nell’economia legale e nelle istituzioni». Alcuni imprenditori svolgono il ruolo di anello di congiunzione tra il crimine e le istituzioni. Questa figura intermedia, ha spiegato Sirignano, consente alla mafia di agire nel mercato dell’economia legale: «Non basta  arrestare 5mila estorsori né condannare i vari boss: dobbiamo colpire anche tali gangli vitali che tengono in piedi l’organizzazione criminale». La mafia non colpisce o sottrae solo i beni materiali, ma è quella che ci ruba la libertà e soprattutto ruba il futuro delle prossime generazioni, manomettendo e deformando la democrazia del mercato. «A Caserta non si spara più da nove anni – ha continuato il sostituto procuratore  – ma gli appalti sono sempre in mano ai casalesi, quindi la camorra non è affatto debellata. E anche per quanto riguarda certi imprenditori del nord Italia, è ora di smetterla di parlare di “zona grigia” tra legalità e illegalità: o si con la mafia o si è contro la mafia, non esistono zone intermedie. È necessario un radicale cambiamento dell’approccio culturale».

Dopo la proiezione del magnifico ed emozionante cortometraggio di Duccio Giordano, “Senso di marcia”, è toccato al dottor Catello Maresca, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale antimafia, parlare all’attento uditorio: «Dobbiamo chiederci perché oggi siamo qui riuniti. La mafia è un fenomeno certamente longevo, nato due secoli fa e che per lungo tempo ha prosperato, ma è soprattutto uno stato mentale, un modo di affrontare le cose. Bisogna invertire quella tendenza culturale, radicata in tante località, secondo cui è conveniente soggiacere al dominio del mafioso anziché rispettare le regole dello Stato. Sono tali regole quelle che ci rendono “civili”, e ovviamente ci vuole impegno per rovesciare questa mentalità». Ecco, Maresca ha più volte sottolineato l’importanza della perseveranza quotidiana per far sì che il rispetto delle regole si diffonda: «L’impegno civile è necessario a tutti i livelli, oggi si parla di cittadinanza “attiva” o comunque si aggiungono vari aggettivi a questa parola, segno che forse finora si è sottovalutato tale impegno. Oggi tutti dobbiamo metterci la faccia, è impossibile rimanere fuori dalla mischia, così come è profondamente sbagliato reagire  alla notizia di una sparatoria dicendo: “fin quando si ammazzano tra loro non è un mio problema”, perché in realtà stanno uccidendo la nostra libertà pezzo dopo pezzo».

Il magistrato, noto al grande pubblico per aver guidato le indagini che hanno portato a stanare numerosi boss della Camorra, il più famoso dei quali è Michele Zagaria, ha concluso il suo intervento con un invito che allo stesso tempo è un monito: «La fine della mafia sarà raggiunta dall’impegno che ciascuno di noi dovrà profondere quotidianamente, e non solo nel proprio lavoro», e poi rivolgendosi ai giovani: «Ragazzi, fate attenzione nel vostro cammino: noi possiamo fornirvi alcuni strumenti, come la nostra esperienza diretta, ma poi il percorso futuro dovrete tracciarlo voi stessi». Nel finale della mattinata c’è stato spazio per le domande degli studenti, una delle quali ha permesso al dottor Sirignano di gettare uno sguardo sulla nostra legislazione antimafia, ritenuta una delle migliori in Europa, ma che paradossalmente è ancora carente su un punto fondamentale: la corruzione. «È necessaria una seria ed efficace normativa – ha continuato Sirignano  – altrimenti il “sistema” mafioso si radicherà in ogni snodo dell’economia e allora sarà troppo tardi. La corruzione è un cancro che impedisce all’Italia ogni crescita economica ma anche tecnologica. Eppure, quando si tratta di affrontare l’argomento in Parlamento, la cosa viene rimandata sine die. È vero, esiste l’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione guidata dal collega Cantone, che coi mezzi a disposizione fa tutto il possibile, ma tale organismo funziona più che altro in ottica di prevenzione. Serve una legge che mandi realmente in galera i corrotti e i corruttori. Se non si colpisce la corruzione non si eliminerà la mafia, perché essa può agire soltanto corrompendo pezzi delle istituzioni e della società civile ai vari livelli».

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All’incontro ha assistito anche il capitano Centrella, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Ischia, e il Tenente di Vascello Alessio De Angelis, comandante del Circomare di Ischia. Durante il convegno è emersa un’importante iniziativa in itinere, i cui particolari saranno prossimamente specificati: l’istituzione di alcune borse di studio sul tema della legalità, idea lanciata dall’Osservatorio presieduto dall’avvocato Tortora, che ha già ricevuto il concreto supporto dell’Ascom Ischia, tramite il presidente Marco Bottiglieri. Non è mancata la voce di Egidio Ferrante, del presidio locale di “Libera”, l’associazione contro le mafie che si batte per l’affermazione della legalità. L’intervento che ha chiuso il convegno è toccato al giudice Capuano, che ha citato le parole di Peppino Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978, il quale disse: “La mafia è una montagna di merda, dobbiamo ribellarci prima che sia troppo tardi”.

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Francesco Ferrandino

fotoservizio di Franco Trani

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