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‘Le particelle elementari’, incontro con Antonio Ereditato

Gianluca Castagna – « La fisica italiana è più romantica delle altre. E’ una fisica di scoperta, non di misura». Antonio Ereditato, fisico delle particelle elementari fra i più autorevoli del panorama internazionale, ha raccontato in un appassionante incontro organizzato dal giornalista scientifico Pietro Greco e dal Circolo G. Sadoul di Ischia, l’affascinante cammino che ci ha portato dapprima a ipotizzare, quindi a scoprire e infine a interrogare quella vertiginosa trama di molecole, atomi, elettroni, fotoni e quark che costituisce il tessuto ultimo delle cose. Un’occasione per presentare il suo ultimo libro, “Le particelle elementari” (edito da “Il Saggiatore”), e chiarire, con semplicità e arguzia, il significato e l’importanza della ricerca pura all’interno della nostra società.
Le cercano e su di loro si interrogano da secoli filosofi, scienziati, uomini di cultura e perfino qualche buon umorista. Particelle elementari, ma capitali. Per spiegarci chi siamo e perché esistiamo.
Negli ultimi secoli, su intuizioni perfino più antiche, abbiamo capito che la realtà può essere ricondotta a un numero finito di piccole entità microscopiche. Atomi, particelle elementari, chiamiamole come vogliamo: la storia della fisica è costellata da queste entità. La realtà è dunque scomponibile. Conoscere le particelle, come si assemblano, interagiscono, vivono, significa capire come siamo fatto noi e l’universo.
Ora che cominciano a conoscerle, sappiamo da dove vengono? Siamo figli delle stelle o no?
Le particelle si sono formate una frazione infinitesima di tempo dopo il Big Bang, l’esplosione che ha generato tutto. L’energia si è trasformata in materia, le particelle sono nate in quell’epoca remota, circa 14 miliardi di anni fa. Siamo figli delle stelle perché tutti gli elementi che abbiamo, idrogeno, elio, metalli più pesanti, vengono dalle stelle. Ma anche dalle supernove.
Quali ricadute ha lo studio della fisica delle particelle nella vita quotidiana?
Innumerevoli da sempre. Non il giorno dopo la scoperta. Magari passa qualche mese o solo dopo molti anni. Quando andiamo in ospedale a farci una PET o una risonanza magnetica dovremmo sapere che rappresentano il risultato di una ricerca che abbiamo fatto venti, trenta o cinquanta anni prima.
Sistema formativo italiano, pregi e difetti.
La formazione è ottima. La scuola primaria eccellente. Anche l’Università forma dei giovani futuri scienziati che si vendono benissimo nel mercato internazionale della ricerca. I veri problemi subentrano dopo. La scuola italiana forma ricercatori molto competenti e competitivi, ma la carenza di fondi impedisce di farli rientrare in Italia dopo esperienze all’estero. O di attrarre ricercatori stranieri in Italia. Perché anche questo dovrebbe essere un compito del nostro Paese.
Questo incontro è giocato un po’ in coppia con un noto giallista, Maurizio De Giovanni. Anche nella ricerca scientifica c’è spazio per libertà e sentimento come nelle detection poliziesche?
Senza libertà non c’è ricerca scientifica. Libertà di scegliere cosa ricercare, di adottare metodi o meccanismi diversi. L’emotività e altri aspetti impalpabili non ci sono completamente estranei. Spesso le scelte sono dettate dal cuore, oltre che dal cervello.
I soldi condizionano il vostro lavoro?
Mai, nella mia vita, mi hanno detto quello che dovevo fare. Né il potere economico, nè quello politico, che poco capisce quello che studiamo. Di certo non ci sono pressioni per l’astrofisica, la cosmologia, la genetica molecolare. Su settori applicativi delle scienze come la ricerca farmaceutica, penso all’Aids o al cancro, i finanziamenti, privati o pubblici, sono determinanti. Questo però non incide sulla qualità del lavoro. Il denaro non è sporco, viene usato nella scienza sempre alla stessa maniera. Devi essere bravo e aver studiato tanto. Non ci sono raccomandati, né alternative o scorciatoie.
In campo scientifico ogni risposta produce nuove domande. Arriverà un tempo in cui sapremo tutto?No. Ci avvicineremo sempre, ma la conoscenza totale è una chimera. La Natura ha creato un bellissimo affresco. Abbiamo i pezzi del puzzle, ma non riusciremo mai a comporlo tutto. Conosciamo solo il 4% di tutto l’universo e delle sue regole. Il 96% è ignoto. Abbiamo sempre detto di voler fare di più, non di arrivare a conoscere tutto.
La scienza cerca anche Dio o vi mantenete a debita distanza?
Sono due sfere distinte. Il metodo scientifico non può basarsi sulla fede, ma sul dubbio, ciò che guida l’attività cognitiva dello scienziato. Sono il bianco e nero, difficilmente conciliabili.
Esiste ancora l’Inquisizione?
Certo. Dobbiamo stare sempre attenti a coloro che, per qualche motivo, ci dicono che questo non lo devi fare, che è sbagliato o è contro un principio. E’ solo una delle Inquisizione. Le altre, più recenti, sono le bufale del web, di cui siamo tutti vittime. Scie chimiche, microchip sotto pelle, l’uomo che non è mai stato sulla luna. Eppure il modulo lunare possiamo vederlo tutti anche da qui. La libertà della ricerca va preservata anche se non c’è democrazia nel processo cognitivo.
E’ l’arroganza della scienza.
L’uso delle scoperte scientifiche non dipende dalla scienza ma dalla società, che deve decidere, ad esempio, se costruire una bomba atomica sia giusto o sbagliato. Poi è vero: non dobbiamo salire in cattedra e dire “si fa così”. Penso alla questione “vaccini”. La soluzione? Porci come esempio senza dirlo.
Un libro a tema scientifico da leggere sotto l’ombrellone.
‘Il gene egoista’ del biologo inglese Richard Dawkins.
Perché?
E’ un libro semplicemente bellissimo.

Antonio Ereditato è professore di Fisica delle particelle elementari presso l’Università di Berna e direttore del Laboratory for High Energy Physics e dell’Albert Einstein Centre for Fundamental Physics sempre a Berna. Svolge attività di ricerca al cern di Ginevra, al Fermilab di Chicago e al J-PARC di Tokai, in Giappone, dove partecipa ai più importanti esperimenti internazionali sulla fisica delle particelle.

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