CULTURA & SOCIETA'

Le sette allegrezze della Madonna tra fede, storia e devozione a Lacco Ameno

di Danilo Tuccillo

Sin dagli albori della sua devozione alla Vergine Assunta il popolo di Lacco Ameno ha sempre tributato onore alla Madonna commemorandone, con il canto in dialetto napoletano, le Sette Allegrezze. Cantate al termine della Santa Messa celebrata di buon mattino, alle 6, lungo tutto il corso della Quindicina, le Sette Allegrezze erano tramandate oralmente e, solo nella prima metà degli anni ’60, furono trascritte da Don Pasquale Mattera, cappellano della Congrega dell’Assunta, e così preservate dall’oblio del tempo. La devozione alle Allegrezze della Madonna, nata già attorno all’anno mille e diffusasi soprattutto in ambito francescano oltre che in tutta la cristianità, ripercorre la vita della Beata Vergine soffermandosi particolarmente su alcuni gioiosi e lieti eventi: l’Annunciazione, la Visitazione a Santa Elisabetta, la Natività, la Resurrezione, l’Ascensione, la Pentecoste e l’Assunzione al cielo. A questo schema classico la devozione lacchese volle sostituire la Visitazione con l’Adorazione dei Magi: il momento in cui Cristo, tra le braccia della sua madre, si manifesta a tutte le genti ricevendo i Santi Magi. A tal proposito è bene ricordare uno studio del Prof. Giovanni Castagna che confrontò il canto delle Sette Allegrezze di Lacco Ameno con una sequenza mariana tedesca, reperita in traduzione francese.

Anche il canto tedesco, come quello lacchese, stravolge lo schema più diffuso e sostituisce l’Epifania alla Visitazione. Tale scelta sembra richiamare le sante virtù cristiane, come ricorda Don Pietro Monti: “O Madre dell’accoglienza… sul gesto dei magi, riempi i nostri cuori dell’oro della sapienza, della mirra mortificante le nostre bassezze e dell’incenso profumato delle virtù cristiane.” Queste parole sono tratte dal commento spirituale e teologico che proprio Don Pietro compose delle Sette Allegrezze nel 1998 e che ebbe l’onore di essere poi pubblicato sull’Osservatore Romano. Don Pietro aveva, però, avuto già modo di parlare di questa antica lauda in un’altra occasione: al ritorno della statua lignea della Madonna Assunta dal secondo restauro, il 30 luglio 1997. Nella sua indimenticabile omelia raccontò una storia particolare e, per certi versi, commovente. Nell’agosto del 1875, infatti, soggiornò presso Villa Zavota, ora Villa Parodi, alla Sentinella (famosa per avere già ospitato nel 1864 Giuseppe Garibaldi) il filosofo e pensatore parigino Ernest Renan, autore della conosciutissima Vie de Jésus (Vita di Gesù) in cui difendeva l’esistenza storica di Cristo ma ne negava fermamente la divinità. Ebbene, ci racconta Don Pietro che Renan, durante il suo soggiorno, alle prime luci dell’alba, sentiva in lontananza il canto delle Sette Allegrezze. Dobbiamo considerare che a quel tempo erano innumerevoli i fedeli che innalzavano quell’antica lauda e non era presente alcun tipo di rumore artificiale che avrebbe potuto impedire al canto di giungere fino alla Sentinella. La fede di quelle donne che ogni mattino all’alba andavano ad onorare la Madonna, il profondo significato teologico nascosto nelle sembianze di una semplice canzoncina popolare quasi lo commosse “ma – ci ricorda Don Pietro – rimase impentito”. Questa storia ci dimostra l’intensa spiritualità di questo canto popolare e ce lo presenta, oggi come allora, come grande veicolo di fede. Le sue parole più belle sono certamente contenute nell’ultima strofa che, nella trascrittura, fu definita “ardente e devota implorazione finale”. In essa “la serva Vost” a Maria chiede di non dimenticarsi di lei, chiede il dono prezioso della perseveranza finale con una fede profonda fino all’ultimo respiro e la presenza di un sacerdote e, quindi, dei Santi Sacramenti al momento ultimo della vita; ma soprattutto chiede alla Madonna di non dimenticarsi di quella sedia che ha promesso di prepararle in paradiso. È bello pensare a quanti nei secoli hanno innalzato il canto delle Sette Allegrezze e vederli tutti lì, ad occupare quel posto preparato da colei che Lacco Ameno canta “d’ vit eterna scal, chiav e port”.

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